11/02/2012, 00.00
HONG KONG
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Hong Kong, emergenza occupazione: nel 2018 si troverà senza lavoratori

Uno studio del governo conferma: nel 2018 ci sarà un “buco” di 14mila unità lavorative, se si vuole mantenere la crescita economica ai livelli attuali. Alla base di questa mancanza ci sono le politiche sulla natalità restrittive imposte da Pechino e la decisione di non dare la cittadinanza a chi nasce nel Territorio.
Hong Kong (AsiaNews) - Le restrittive politiche demografiche del governo di Pechino iniziano a farsi sentire anche a Hong Kong: per la prima volta nella sua storia, infatti, l’ex colonia britannica dovrà affrontare una mancanza di circa 14mila lavoratori, necessari per mantenere la crescita economica ai livelli attuali. Lo rivela uno studio condotto dal governo: nel 2018 la mancanza di lavoratori colpirà il Pil locale.

Gli effetti di questa emergenza, dice ancora il testo, saranno avvertiti in maniera graduale man mano che i figli del “baby boom” (ovvero i nati negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso, figli della ripresa economica) inizieranno ad andare in pensione. Circa 14mila posti di lavoro si troveranno senza candidati adatti: soltanto gli stranieri, i laureati nella Cina continentale o i nuovi immigrati potrebbero colmare la lacuna. E’ la prima volta dal 1988 - anno di inizio di questo studio - che il Territorio affronta una mancanza di manodopera.

Alla base del problema c’è il basso tasso di natalità di Hong Kong, che secondo l’esperto di demografia Paul Yip Siu-fai “dovrebbe raddoppiare” per mantenere la crescita economica ai livelli attuali: “Al momento la media è di 1,04 figli per ogni donna del Territorio: dobbiamo arrivare almeno al 2,01 per rispondere alla domanda”. Se però nel conto si includessero anche i bambini nati a Hong Kong da genitori non residenti, il tasso arriverebbe da 1,04 a 1,5.

Al momento attuale, l’esecutivo locale impedisce il riconoscimento automatico della cittadinanza ai neonati a Hong Kong: la decisione - avversata dalla Chiesa cattolica locale - non attua lo ius soli e di fatto discrimina le centinaia di migliaia di lavoratori stranieri (per la maggior parte filippini o indonesiani) che vivono sul posto.

Lo studio rivela un altro lato pericoloso: se la richiesta di lavoratori si limitasse a coloro che hanno un’educazione primaria, infatti, nel 2018 ci sarebbe un surplus pari a 8.500 persone. Ma se nel conto si includono i diplomati e i laureati, il buco arriva a 22mila unità. Un portavoce dell’Ufficio per il welfare e il lavoro ammette: “La mancanza di 14mila unità di lavoro può sembrare non preoccupante: ma dobbiamo stare attenti, perché è la prima volta che abbiamo di fronte un problema del genere”.
 
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