02/10/2007, 00.00
VATICANO
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La Santa Sede all’Onu: trovare una rapida soluzione per la crisi in Myanmar

Il dramma iracheno, l’attesa per un concreto intervento in Darfur, l’indipendenza del Libano, la pace tra israeliani e palestinesi tra gli altri temi che mons. Dominique Mamberti ha affrontato nel suo intervento all’assemblea delle Nazioni Unite.
Città del Vaticano (AsiaNews) - L’appello di Benedetto XVI, perchè in Myanmar “attraverso il dialogo, la buona volontà e lo spirito di umanità sia rapidamente trovata una soluzione alla crisi per il bene del Paese e un futuro migliore per tutti i suoi abitanti” è stato ripetuto ieri a New York davanti alla 62masessione dell’Assemblea generale dell’Onu.
 
La crisi in atto nel Paese asiatico, “che preoccupa l’Assemblea generale e l’intera comunità internazionale” è stata infatti uno dei temi dei quali ha parlato mons. Dominique Mamberti, segretario per i rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, intervenuto al Palazzo di vetro. Nel suo lungo discorso, mons. Mamberti ha affrontato, tra l’altro, anche il dramma iracheno, le difficili situazioni della pace tra israeliani e palestinesi, del Darfur, del Libano, oltre a temi come il rispetto della libertà di religione, la tutela della pace, la promozione dei Paesi poveri, i diritti delle donne.
 
Così, l’esponente della Santa Sede ha detto di “aspettare con ansia il giorno nel quale diverranno del tutto operativi gli sforzi di peacekeeping nel Darfur”, ha sottolineato la necessità del coinvolgimento di “tutti i Paesi membri nella pacificazione e ricostruzione dell’Iraq, a lungo sofferente”, e di un “rinnovato impegno nella ricerca, attraverso il dialogo, di una soluzione del confitto tra israeliani e palestinesi, capace di riconoscere e legittime attese di entrambe le parti”.
 
“Un rinnovato impegno – ha aggiunto – è necessario anche per assicurare che il Libano possa continuare ad essere un Paese libero e indipendente, una società democratica, multiculturale e multiconfessionale, equa e rispettosa di tutti e delle diverse tendenze in essa presenti, come casa comune aperta agli altri. Ciò – ha sottolineato – è particolarmente necessario nell’attuale cruciale periodo della elezione del nuovo capo dello Stato”.
 
Il diritto alla libertà di religione, “le cui violazioni sono divenute pretesto per varie altre forme di discriminazione” è stato poi sostenuto con forza da mons. Mamberti, che ha affermato come “il dialogo tra popoli di differenti culture e religioni non è un’opzione, è qualcosa di indispensabile per la pace ed il rinnovamento della vita internazionale”. “Se – ha sottolineato poi – i leader religiosi ed i credenti esigono che gi Stati e le società li rispettino e riconoscano che le loro religioni sono genuini strumenti di pace, essi stessi debbono rispettare la libertà di religione; debbono mostrare di essere impegnati a promuovere la pace e rigettare la violenza; debbono dimostrare che la fede non è e non deve divenire un pretesto per conflitti e debbono dichiarare senza ambiguità che promuovere la violenza o sostenere la guerra in nome della religione è una palese contraddizione”.
 
Due ultime questioni. La prima, la “preoccupazione” della Santa Sede per “l’incapacità dei Paesi ricchi di offrire a quelli poveri, specialmente africani, condizioni finanziarie e commerciali capaci di promuovere un loro sviluppo sostenibile”. Le donne, infine. Se “le legittime richieste di parità hanno raggiunto positivi risultati”, “purtroppo in numerosi luoghi rimangono ineguaglianze nel godimento dei diritti umani fondamentali. Questo conduce alla scomposizione del tessuto sociale ed alla mercificazione e lo sfruttamento delle donne”.
 
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