21/01/2006, 00.00
CINA
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La violenza del governo non frena le proteste contadine nel Guangdong

Attivista per i diritti umani: "La vicinanza con Hong Kong è il fattore che stimola la voglia di democrazia nella provincia".

Sanjiao (AsiaNews/Scmp) – La violenza della polizia non frena le proteste sociali in Cina ed il Guangdong continua ad esserne l'epicentro. Gli abitanti di 7 villaggi nei pressi della ricca città di Zhongshan dichiarano infatti che "non importa come il governo risponda, con bugie o con la violenza: noi non abbandonemo la nostra protesta".

L'11 gennaio scorso diverse migliaia di contadini hanno bloccato una parte dell'autostrada Nansan, esasperati dalla requisizione delle loro terre e da 10 anni di mancate risposte del governo, accusato di non voler risarcire in maniera corretta gli agricoltori.

"Abbiamo fatto un sit-in davanti agli uffici del villaggio e della municipalità – dice un abitante – e alcuni di noi sono andati fino all'Ufficio petizioni di Pechino. Le visite sono state del tutto inutili e così abbiamo deciso per il blocco: vogliamo costringere il governo a darci delle risposte". La folla, durante la protesta, è cresciuta: da 400 contadini il primo giorno, sono divenuti fra i 1000 ed i 3000 la notte di sabato scorso, quando è intervenuta la polizia con manganelli elettrici e gas lacrimogeni.

Testimoni oculari sostengono che Feng Meiying, giovane studentessa del luogo, è stata picchiata a morte: per le autorità è morta di un attacco cardiaco. Secondo fonti locali, dopo lo scontro almeno 100 abitanti sono stati ricoverati in ospedali della zona.

Da quel giorno la polizia ha aumentato in maniera radicale la sorveglianza alla zona. "Noi non lasciamo perdere – dice la signora Hu, che vive nel villaggio di Aiguo – e non ci spaventiamo per la violenza del governo".

"Voglio chiedere a Zhang Dejiang [segretario del Partito comunista locale nda] cosa intende per 'tre severe richieste' – dice un altro residente - e come possa la polizia picchiare dei civili che chiedono semplicemente ciò che spetta loro".

L'uomo si riferisce ad un editoriale pubblicato in prima pagina da un quotidiano del Guangdong che riporta un discorso di Zhang. Nel testo si legge che il politico "chiede ai rappresentanti ufficiali della provincia di osservare tre regole quando supervisionano la requisizione delle terre". Una delle regole stabilisce che non si può iniziare a costruire sulle terre requisite se il proprietario originale non è stato ricompensato del tutto per la sua perdita. Ma imprenditori e segretari locali del Partito sfidano le direttive nazionali.

La storia di Sanjiao non è isolata: almeno 3 abitanti del villaggio di Shanwei sono stati uccisi lo scorso mese a colpi di pistola nel corso di una protesta simile.

La terra coltivabile appartiene a tutto il villaggio, che in genere la gestisce tramite delle commissioni. Questo sistema dà ai membri delle commissioni il potere di cedere i terreni, anche se si suppone che debbano prima avere il consenso di coloro che li stanno usando.

Yang Maodong, attivista per i diritti umani meglio conosciuto come Guo Feixiong, sostiene che il Guangdong è oramai il picco del fenomeno della requisizione agricola. "Accadono cose del genere più spesso qui che in altri posti – spiega – perché la terra di questa provincia è la più cara di tutte". Il governo ha adottato questo approccio violento nel gestire le dispute sulla questione perché è a questa provincia che è stata data più autonomia nel corso della liberalizzazione del mercato cinese, negli anni '80.

Un altro fattore determinante "è la vicinanza con Hong Kong". "Gli abitanti del Guangdong hanno dei parenti sul Territorio – conclude – e vedono la televisione di lì. Sanno che la gente, in Hong Kong e nel mondo, protesta quando non è contenta di come vanno le cose".

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