Le minacce di Pyongyang a Seoul “non scuotono troppo la penisola”
Seoul (AsiaNews) - La Corea del Nord ha interrotto le proprie trasmissioni televisive per un annuncio speciale da parte della Commissione militare centrale, che ha "avvertito" Seoul di essere pronta per una "risposta bellica incisiva" alle "provocazioni" del governo di Lee Myung-bak. Diversi analisti sono concordi nel ritenere questo annuncio collegato al terzo test nucleare di Pyongyang dopo quelli del 2006 e del 2009.
Dopo il lancio fallito del missile Unha-3, che avrebbe dovuto coronare i festeggiamenti per il centenario della nascita di Kim Il-sung, il regime stalinista ha fatto sapere di essere pronto per un nuovo esperimento sulla bomba atomica. L'annuncio ha trovato la conferma delle intelligence di Seoul, Mosca e Pechino. Alcuni giorni fa, una delegazione nordcoreana è stata convocata con urgenza in Cina per discutere della faccenda. Il test dovrebbe avvenire entro il primo maggio.
Pyongyang aveva accettato all'inizio di marzo una moratoria sul proprio programma nucleare in cambio della ripresa dell'invio di aiuti umanitari. Circa la metà della popolazione nordcoreana vive con meno di 1 dollaro al giorno e il rischio carestia è sempre presente nel Paese. Questa nuova provocazione potrebbe portare al collasso della nazione.
Nonostante le dichiarazioni di facciata, a Pyongyang è ancora in corsa la lotta per la reale successione al defunto Kim Jong-il. Il suo terzogenito ed erede, Jong-un, non ha l'appoggio dei militari (che rispondono invece a suo zio Jang-Song-thaek) e deve ancora conquistare la fiducia totale del Partito. La propaganda militarista di questi giorni è, con ogni probabilità, un tentativo per affermarsi come unica guida del Paese.
Mons. Lazzaro You Heung-sik, vescovo di Daejeon e presidente della Commissione episcopale per la cura dei migranti, commenta ad AsiaNews: "Le minacce del Nord non ci sconvolgono più di tanto. Non per qualche motivo particolare, ma perché sono decenni che ci conviviamo. Noi dobbiamo lavorare per il dialogo, perché la strada dello scontro non porta mai a cose buone".
Per il presule "la chiave della pace passa attraverso i rifugiati fuggiti dal Nord in cerca di pace e cibo. Noi cattolici, ma in generale tutta la Corea del Sud, vede in queste persone degli ambasciatori di buona volontà. Se il regime non fa altri passi falsi, prima o poi arriveremo a una pacifica riunificazione della penisola coreana".
01/04/2016 08:19