16/12/2019, 10.48
ISRAELE - PALESTINA
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Mons. Pizzaballa: a Gaza una comunità cristiana ‘vivace’, più forte dell’isolamento

Nel fine settimana l’amministratore apostolico ha effettuato una tre giorni “intensa” di visita pastorale. A dispetto della “fatica dell’isolamento”, i fedeli creano nuove famiglie, costruiscono centri e attività lavorative, operano per l’avvenire. Ancora incertezza sui permessi di uscita, una “questione politica”.

Gerusalemme (AsiaNews) - A fronte delle enormi “difficoltà” che vivono gli abitanti della Striscia, e “i cristiani non fanno eccezione” in un contesto caratterizzato da un “clima pesante, ho potuto sperimentare la vivacità di una comunità” che “riesce a sperimentare l’attesa della festa”. È quanto racconta ad AsiaNews l’amministratore apostolico del Patriarcato di Gerusalemme dei latini mons. Pierbattista Pizzaballa, rientrato a Gerusalemme dopo una “tre giorni intensa” di visita pastorale a Gaza. “Quest’anno - sottolinea il prelato - resta l’attesa e l’incertezza sul rilascio dei visti” che rappresentano una delle poche “occasioni per uscire”. Ad oggi i permessi “non sono arrivati”, ma i fedeli non hanno perso la speranza. 

La scelta delle autorità israeliane di non concedere ai cristiani di Gaza i permessi per trascorrere le festività a Gerusalemme, Betlemme o Nazareth conferma la stretta sulla Striscia, controllata da Hamas e teatro di recente di una nuova escalation di violenze. Lo scorso anno le autorità israeliane avevano concesso i permessi a 700 cristiani; ad oggi permane la possibilità di andare all’estero, ma non di recarsi nei luoghi santi. 

Nella tre giorni di visita l’amministratore apostolico ha incontrato i parrocchiani, inaugurato e benedetto nuove strutture, partecipato a rappresentazioni natalizie e amministrato i sacramenti della Comunione e della Cresima. Il momento più importante la celebrazione della messa nella parrocchia della Sacra Famiglia, una anticipazione della solenne funzione per il Natale. “Ho incontrato una comunità vivace, non rassegnata” nonostante le difficoltà. Una realtà con grande spirito di iniziativa, infatti “ogni volta che vado a Gaza devo benedire qualcosa di nuovo. Quest’anno si tratta del centro San Tommaso d’Acquino rivolto ai giovani, poi una nuova scuola”. A dispetto dell’isolamento “non si chiudono in se stessi, ma si impegnano con spirito di iniziativa”. Ciononostante, ammette il prelato, “preoccupa il progressivo assottigliamento”, un problema annoso che contraddistingue diverse realtà cristiane in Medio oriente.

La Striscia di Gaza è stata più volte definita in passato la più grande prigione a cielo aperto al mondo: al suo interno due milioni di persone vivono sotto la soglia della sopravvivenza, disoccupazione al 60%, povertà all’80%. E lo stesso vale per le famiglie cristiane, circa 300 in tutta la Striscia (un migliaio di persone in totale), il 34% delle quali senza fonte di reddito alcuna.

“Questa chiusura pesa indiscutibilmente - prosegue mons. Pizzaballa - ma resta la speranza, alimentata dal senso di appartenenza che crea un contesto di relazioni, che è vitale in queste circostanze: è fondamentale spezzare l’isolamento”. Inoltre, fra i segnali positivi “vi è anche la continua formazione di nuove famiglie, i giovani si sposano e avviano attività lavorative, sperano nei permessi per poter uscire. Certo, qualcuno soffre più di altri il contesto e ammette la fatica”. Riguardo ai permessi negati da Israele, il prelato ammette che “è difficile capire come sia la situazione, perché non abbiamo indicazioni chiare e definite al riguardo”. Vi sono voci secondo cui “ne arriveranno alcuni” e ad oggi “non vi è un rifiuto formale” generalizzato. “Siamo - prosegue - in questa fase di sospensione e si rincorrono voci in un senso o nell’altro”. 

Dietro al mancato rilascio dei permessi, Israele adduce questioni legate alla sicurezza. Interpellato al riguardo, il prelato sottolinea che la comunità cristiana di Gaza “non pone alcun problema in materia di sicurezza”, ma è una “questione politica” che abbraccia tutta la Cisgiordania e investe anche i cristiani. “Non concedono i visti - prosegue - perché altrimenti dovrebbero farlo anche con i musulmani in occasione del Ramadan” e, a questo, si aggiungono casi [isolati] di fedeli che hanno sfruttato l’uscita per trasferirsi in modo stabile fuori dalla Striscia. Nonostante problemi e difficoltà, conclude mons. Pizzaballa, “è importante parlare dei cristiani di Gaza e la stessa questione della Striscia non deve uscire dalle agende internazionali. Serve mantenere alta l’attenzione, vivo il discorso che, in caso contrario, finirebbe nel dimenticatoio”.

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