08/08/2007, 00.00
INDIA - TIBET - CINA
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Oltre 20mila tibetani da tutto il mondo manifestano contro Pechino

di Nirmala Carvalho
Da un mese 14 di loro sono in sciopero della fame “ad oltranza”. Chiedono notizie del Panchen Lama “scomparso” e di poter recarsi in Tibet. Per le Olimpiadi annunciato un anno di manifestazioni pubbliche. L’appello alla comunità internazionale.

New Delhi (AsiaNews) – Nel giorno in cui Pechino inizia il conto alla rovescia per i Giochi Olimpici del prossimo anno, oltre 20mila tibetani provenienti da tutto il mondo si sono riuniti questa mattina davanti al Jantar Mantar di New Delhi in sostegno dei 14 tibetani che da un mese sono in sciopero della fame contro il governo cinese. I dimostranti - da India, Nepal, Bhutan, Svizzera, Stati Uniti, Gran Bretagna e Belgio - rivendicano il diritto di potersi recare nel loro Paese natale per conoscerne la situazione reale. Soprattutto chiedono notizie di Gedhun Choekyi Nyima, 11° Panchen Lama, detenuto in luogo ignoto dal 1995. Da allora manca qualsiasi notizia.

Kalsang Phuntsok Godrukpa, presidente del Tibetan Youth Congress (Tyc), annuncia: "Questa è la nostra prima manifestazione in vista delle Olimpiadi del 2008 a Pechino. Manca un anno e se non otteremo alcun risultato, troveremo un’altra strategia”. “Membri del Tyc – prosegue – il mese scorso hanno iniziato uno sciopero della fame o ora lanceremo una campagna pro-Tibet fondata sul satyagraha [resistenza non violenta, ndr] di Gandhi. Continueremo finché non avremo una risposta dalla Cina e Pechino dovrà ritenersi responsabile per ogni eventuale conseguenza”.

Il Dalai Lama, leader spirituale tibetano in esilio, invece, ha lanciato un appello ai 14 tibetani perché cessino lo sciopero della fame, invitandoli a “non sacrificare vite preziose”, ma a preservare e a trasmettere “di generazione in generazione il loro indomito coraggio e la determinazione”. I dimostranti, però, ribattono di non avere altra scelta. “Non ignoriamo questo  appello – commenta Kalsang – e ne parleremo con chi fa lo sciopero. Chiederemo loro di fermarlo, ma solo dopo avere trovato una strategia migliore e più efficace per ottenere risposte da Pechino”.

Penpa Tsering, direttore esecutivo del "Centro di ricerca politica e parlamentare tibetano", spiega ad AsiaNews di essere al Jantar Mantar con altri 7 politici tibetani non come organizzatore, ma piuttosto “per controllare l'incolumità dei manifestati, dati i problemi che un simile ampio raduno può causare”.

Dhondup Dorjee, segretario informativo del Tyc, racconta ad AsiaNews il suo entusiasmo per questo "storico" incontro di 20mila tibetani da tutto il mondo. "C’è rabbia e frustrazione e si può vedere la loro disperazione - riferisce - ci piacerebbe dire al governo cinese che questa pacifica dimostrazione dimostra che il movimento tibetano è pacifico e non violento. Il nostro messaggio alla comunità internazionale è che il popolo tibetano non ha rinunciato alla speranza”.

Intanto ieri 6 attivisti per il "Tibet libero" sono stati arrestati sulla Grande Muraglia perché hanno esposto striscioni di protesta, mentre 4 giornalisti di Reporter senza frontiere sono stati espulsi dopo essere stati costretti a firmare una dichiarazione nella quale affermano di avere "tramato contro l'ordine pubblico". 

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