14/05/2009, 00.00
VATICANO-ISRAELE
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Papa: cristiani e musulmani superino i contrasti, per una cultura di pace

Benedetto XVI incontra a Nazaret i capi delle religioni della Galilea e tenendo per mano un rabbino e un imam, prega per la pace. Di pace ha parlato anche con Netanyahu. Ai cristiani dà il mandato di restare in Terra Santa, per essere riconosciuti come portatori di comunione con Dio. Hamas accusa il Papa di non aver parlato delle sofferenze dei palestinesi e di non aver incontrato le famiglie dei prigionieri. Entrabe cose che egli ha fatto ieri.
Nazaret (AsiaNews) – Le diverse religioni presetni in Terra Santa, ed in particolare cristiani e musulmani superino i contrasti esistenti e promuovano insieme una “cultura della pace”. Il Papa lo dice ai capi religiosi dela Galilea, che incontra a Nazaret, e lo precisa come compito specifico dei cristiani nel corso della celebrazione dei vespri, nella basilica superiore dell’Annunciazione. E il primo incontro si è simbolicamente concluso con una preghiera comune per la pace, in cerchio, con Benedetto XVI che, dando la mano al rabbino David Rosen e a un imam della Galilea, ha pregato con loro mentre un altro rabbino al centro della sala intonava “Salam, Shalom”, pace in arabo ed ebraico.
 
E di come far progredire il processo di pace si è parlato anche nel colloquio tra il Papa e il premier israeliano Benjamin Netanyahu, nel convento dei francescani di Nazaret, durato 15 minuti. Al centro della conversazione, ha riferito il direttore della Sala stampa vaticana padre Federico Lombardi, “soprattutto i temi del processo di pace in Medio oriente e i modi per farlo progredire”. Dopo l’incontro tra Benedetto XVI e il premier israeliano, si sono riunite le due delegazioni, quella israeliana composta da sei persone e quella vaticana guidata dal segretario di Stato Tarcisio Bertone. Nei venti minuti di questo colloquio sono state esaminate questioni legate all’attuazione dell'accordo economico e finanziario tra Israele e Santa Sede, toccando alcuni temi concreti tra cui quello dei visti per i religiosi cattolici in Israele, che proprio oggi il ministero degli interni ha fatto sapere di aver negato a 500 religiosi di nazionalità arabe.
 
Il tema dei rapporti interreligiosi, qui a Nazaret ha un’eco particolare. Qui, infatti, alla fine del secolo scorso, l’imam della moschea Shihab-e-din, Nizam Sakhafa, chiese, ed in primo tempo ottenne, di poter costruire una nuova grande moschea, a ridosso della basilica dell’Annunciazione. La richiesta fu considerata dai cristiani una provocazione, che provocò proteste e tensioni, finite solo nel 2001, quando il governo ha bloccato la richiesta.
 
Vicino ai radicali del Movimento politico islamico, l’imam è colui che nei giorni scorsi ha organizzato volantini e manifesti contro la visita di Benedetto XVI. La polizia, scrive Yedoth Ahronoth, gli ha ordinato di allontanarsi dalla città fino a domani. La sua protesta, comunque, un risultato l’ha ottenuto: è servita ai servizi israeliani per negare al Papa l’uso della papamobile in città. Il che ha sollevato la protesta del sindaco Ramiz Jaraisy. Sempre oggi, il fronte dell’estremismo mostra che, alla fin fine, gli inviti del Papa al dialogo danno fastidio a chi ama altre strade. Oggi, Hamas, per voce di un suo rappresentante al Consiglio legislativo palestinese, Ahmad Bahar, lo ha accusato di aver “ignorato le sofferenze dei palestinesi” e di aver incontrato i genitori del militare israeliano Gilad Shalit – rapito dallo stesso Hamas – e non i genitori dei prigionieri palestinesi. Questo, il giorno dopo che a Betlemme Benedetto XVI ha parlato delle “sofferenze” dei palestinesi e incontrato un gruppo di genitori di prigionieri palestinesi in Israele.
 
Continuando sulla sua via, Benedetto XVI oggi ha detto che “la Galilea, una terra conosciuta per la sua eterogeneità etnica e religiosa, è la patria di un popolo che ben conosce gli sforzi richiesti per vivere in armoniosa coesistenza. Le nostre diverse tradizioni religiose hanno in sé potenzialità notevoli in ordine alla promozione di una cultura della pace, specialmente attraverso l’insegnamento e la predicazione dei valori spirituali più profondi della nostra comune umanità. Plasmando i cuori dei giovani, noi plasmiamo il futuro della stessa umanità. I Cristiani volentieri si uniscono ad Ebrei, Musulmani, Drusi e persone di altre religioni nel desiderio di salvaguardare i bambini dal fanatismo e dalla violenza, mentre li preparano ad essere costruttori di un mondo migliore”.
 
Ciò, ha sostenuto, deriva dal fatto che “lungi dall'essere il risultato di un fato cieco, il mondo è stato voluto da Dio e rivela il suo splendore glorioso. Al cuore di ogni tradizione religiosa c’è la convinzione che la pace stessa è un dono di Dio, anche se non può essere raggiunta senza lo sforzo umano. Una pace durevole proviene dal riconoscimento che il mondo non è ultimamente nostra proprietà, ma piuttosto l'orizzonte entro il quale noi siamo invitati a partecipare all'amore di Dio e a cooperare nel guidare il mondo e la storia sotto la sua ispirazione. non possiamo fare con il mondo tutto quello che ci piace: anzi, siamo chiamati a conformare le nostre scelte alle complesse e tuttavia percettibili leggi scritte dal Creatore nell'universo e a modellare le nostre azioni secondo la bontà divina che pervade il regno del creato”.
 
A conslusione della giornata di Nazaret, ai vescovi, sacerdoti, religiosi e membri del laicato cattolico ha raccomandato non solo di restare in questa terra, ma anche di svolgervi un ruolo di portatori di pace. “Come Maria – ha detto loro - voi avete un ruolo da giocare nel piano divino della salvezza, portando Cristo nel mondo, rendendo a Lui testimonianza e diffondendo il suo messaggio di pace e di unità”. (FP)
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