15/05/2020, 13.56
BANGLADESH
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Primo caso di coronavirus rilevato nel campo profughi Rohingya

di Sumon Corraya

Caritas Bangladesh si occupa di circa 200mila Rohingya di 60mila famiglie. “Rispondiamo ai loro bisogni di base come cibo, alloggio, medicine, istruzione. Ora abbiamo aggiunto un programma di sensibilizzazione in modo che possano essere al sicuro da questo virus". Ai rifugiati si danno sapone, mascherine, volantini in modo che non siano colpiti dal coronavirus.

Cox’s Bazar (AsiaNews) – Un altro dramma minaccia i rifugiati Rohingya. “Due di loro sono stati trovati positivi a COVID-19”. Lo rende noto il dottor Mahbubur Rahman, che aggiunge: “ora la comunità Rohingya nel Cox’s Bazar corre un  rischio enorme. Se il virus si diffondesse tra la numerosa popolazione Rohingya, non sarebbe possibile tenerlo sotto controllo. Il mondo vedrà un’altra catastrofe".

Ieri il Bangladesh ha confermato il primo caso di coronavirus nel campo profughi  Rohingya, nel Cox’s Bazar , nel sud del Paese. Oltre 800mila Rohingya vi sono fuggiti dopo la persecuzione in Myanmar. In precedenza, diverse migliaia di loro vi erano arrivati e ora questa regione ospita 1.150mila rifugiati suddivisi in 34 campi.

Il corrispondente di AsiaNews ha parlato con alcuni rifugiati Rohingya che dicono di vivere nella paura di essere infettati dal COVID-19. “Sebbene i Rohingya vivano all'interno dei campi, di notte alcuni di loro escono e tornano prima dell’alba. È molto rischioso per noi. In qualsiasi momento il coronavirus può diffondersi qui”, afferma Al-Amin, 25 anni, rifugiato Rohingya che lavora come volontario in una scuola materna, in un campo gestito da una ONG. Egli fa sapere che diverse ONG stanno lavorando con abnegazione all'interno dei campi per sensibilizzare i Rohingya su come usare la mascherina, mettere i guanti quando si esce, lavare le mani più volte e mantenere la distanza sociale.

Nel campo Rohingya, Caritas Bangladesh è una dei maggiori organismi: si occupa di circa 200mila Rohingya di 60mila famiglie. Circa 250 dipendenti della Caritas lavorano per loro.

Pintu William Gomes, direttore del Rohingya Response Project di Caritas Bangladesh, racconta ad AsiaNews: “Stiamo aiutando i Rohingya dal 2017, quando sono arrivati ​​in Bangladesh. Rispondiamo ai loro bisogni di base come cibo, alloggio, medicine, istruzione. Ora abbiamo aggiunto un programma di sensibilizzazione in modo che possano essere al sicuro da questo virus". Ai rifugiati si danno sapone, mascherine, volantini in modo che non siano colpiti dal coronavirus.

Secondo Pintu i Rohingya non sono molto a rischio "da quando sono arrivati ​​in Bangladesh vivono in una situazione di lockdown in quanto non possono uscire ufficialmente fuori dei campi”. Aggiunge che è limitato il numero di coloro che escono fuori dal campo e se qualche estraneo volesse entrare dovrebbe essere fermato dalla sicurezza. “Se le agenzie di sicurezza possono garantire che nessuno dei Rohingya possa andare fuori dal campo e che nessun estraneo possa entrare, i  Rohingya saranno protetti da COVID-19. D'altra parte, noi ONG stiamo insegnando loro a mantenere la distanza sociale e ad adottare misure di sicurezza per scampare da questa pandemia”,

Come addetto allo sviluppo, Pintu pensa anche che questo virus potrebbe rimanere permanentemente nella civiltà umana, se non sarà possibile scoprire una cura. “Quindi dovremmo imparare come possiamo far fronte a questo virus nella nostra vita di tutti i giorni e a vivere in sicurezza. Perché non possiamo continuare a mantenere il lockdown per sempre. Il Paese deve riprendere a lavorare. Senza produzione, l'economia non sarà prospera".

Fino a ieri, in Bangladesh sono morte 283 persone e 18.863 sono state infettate dal coronavirus e tra queste 3.361 sono guarite.

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