31/03/2021, 13.32
INDIA
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Sono indiani il 60% dei nuovi poveri causati dalla pandemia

di Nirmala Carvalho

I dati di uno studio del Pew Research Center: 75 milioni di poveri in più nel Paese, con la classe media che ha perso un terzo dei suoi componenti. Il gesuita Irudaya Jothi: "La recessione era già iniziata con la demonetizzazione, la pandemia è stata la campana a morto per l'economia. La fame è tornata a essere diffusa". Il St. Catherine’s Home di Mumbai: "Code di poveri sempre più lunghe alle nostre distribuzioni gratuite di cibo".

Mumbai (AsiaNews) -  Secondo una nuova indagine del Pew Research Center di Washington. nel 2020 l'India ha contribuito per quasi il 60% alla crescita globale della povertà. Il rapporto, pubblicato in questo mese, si basa sulle stime della Banca Mondiale sull'impatto del Covid-19 nella crescita economica. In India il lockdown provocato dalla pandemia - con la chiusura di attività economiche, perdita di occupazione e calo dei redditi - ha fatto precipitare l'economia in una profonda recessione.

“L'India - scrive il Pew Research Center - sembra essere il Paese più colpito dell'Asia Meridionale, sia in termini di contrazione del Prodotto interno lordo sia in quanto a crescita del numero dei poveri. Nel Paese altri 75 milioni di persone sono scese sotto la soglia di povertà e questo dato corrisponde quasi al 60% della crescita globale dei poveri”. In particolare è la classe media indiana (quanti guadagnano al giorno tra 700 e 1500 rupie, cioè fra 10 e i 20 dollari) a essersi fortemente contratta a causa di questa recessione: 32 milioni di persone sono uscite da questo gruppo, con una diminuzione complessiva di un terzo. Al contrario il numero dei poveri (coloro che al giorno guadagnano meno di 150 rupie, cioè 2 dollari) è più che raddoppiato.

Il gesuita padre Irudaya Jothi, noto attivista e responsabile nel West Bengal della Right to Food & Work Campaign spiega ad AsiaNews: “L'annuncio imprevisto del lockdown è stato come la campana a morto su un'economia già malandata. La recessione era cominciata con l'annuncio della demonetizzazione, che non ha portato alcun beneficio ai cittadini ordinari del Paese. La riforma fiscale del Gst, sbandierata come una conquista di libertà, ha condannato la piccola e media industria aggiungendo migliaia di persone nella già affollata schiera dei disoccupati. Così adesso - continua padre Jothi - il Paese viene venduto alle grandi multinazionali, il futuro dei poveri nelle città e nelle campagne è cupo. In quello che la propaganda definiva il Paese dell'abbondanza sperimentiamo già la fame. E se entreranno davvero in vigore alcune leggi approvate a suon di maggioranza, senza considerare le domande della gente, ci troveremo davanti a una grave crisi alimentare con morti per fame su base quotidiana”.

Il Global Hunger Index 2020 colloca già l'India alla posizione numero 94 su 107 Paesi esaminati, inserendola nel gruppo delle nazioni in cui il rischio fame è “serio”. “La povertà crescente – aggiunge ad AsiaNews fratel Joseph Sebastian, il direttore del St. Catherine of Siena’s Home and School for Destitute Children di Bandra a Mumbai - si vede nelle code fuori dalle nostre porte che diventano ogni giorno più lunghe. La fame cresce e i poveri non hanno nessuna fonte di reddito. Al St. Catherine's Home abbiamo distribuito più di 250mila colazioni e pranzi per i poveri dall'inizio del lockdown. Disoccupazione e povertà hanno portato la gente all'indigenza. Da marzo 2020 stiamo distribuendo ogni giorno 600 pasti caldi e nutrienti per i senzatetto alla stazione ferroviaria, alle fermate dell'autobus e sulle strade. I pasti vengono preparati nella nostra cucina. Alcuni indigenti sono talmente assetati che ci chiedono l'acqua ancora più del cibo”.

Fondato nel 1957 il St. Catherine's Home è amministrato dalla Welfare Society for Destitute Children, un'organizzazione creata da padre Anthony Elenjimittam, scomparso nel 2011. Padre Elenjimittam amava chiamare i poveri “gli angeli con gli stracci”. “Per noi - commenta fratel Joseph - è un grande segno e un incoraggiamento il fatto che i volontari che ci aiutano in questa opera caritativa siano i nostri ex studenti”.

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