28/06/2004, 00.00
cambogia
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"The Passion, grande strumento per la missione"

di Lorenzo Fazzini

Nelle sofferenze di Gesù i catecumeni cambogiani vedono una speranza per le violenze subite ai tempi di Pol Pot

Roma (AsiaNews) – "Un giorno al mercato ho visto il cd di The Passion. L'ho comprato e l'ho visto da solo. Poi ho pensato che era importante farlo vedere ai catecumeni della mia parrocchia". A parlare è padre Franco Legnani, missionario del PIME da 10 anni in Cambogia. P. Legnani è parroco nella città di Kampong Thum, dove segue 6 comunità cattoliche. "Le persone che ricevevano il battesimo quest'anno erano una trentina. Le ho radunate il Venerdì santo: il giorno dopo sarebbero state battezzate. Grazie a The Passion abbiamo fatto una vera meditazione sulla Passione del Signore, un modo diverso di fare la tradizionale Via crucis".

Come ha introdotto i catecumeni alla visione del film?

Anzitutto ho tradotto in lingua khmer il fotogramma iniziale, il passo del libro di Isaia sul Servo sofferente. Se si toglie quella chiave di lettura – e la scena finale della Resurrezione – non si capisce niente del film.

Cosa hanno compreso i suoi catecumeni di The Passion?

Sembrerà strano, ma la prima cosa che hanno colto è stata la resurrezione di Gesù. Anche se è presentata in modo veloce, tutti l'hanno recepita. Soprattutto le ragazze.

Come se lo spiega?

Tutto il film ricordava ai cambogiani  la sofferenza e il dolore del loro passato, e anche la situazione di oggi, fatta di povertà, disoccupazione e corruzione. Ma nella resurrezione hanno capito che c'è una speranza in tutto questo.

E la sofferenza di Cristo, come è stata accolta?

Erano coinvolti emotivamente in quello che vedevano. Il giorno dopo ricevevano il battesimo, il gesto di salvezza da parte del loro Signore. Ma nel film vedevano proprio questo Signore, che vuole loro bene e al quale loro vogliono bene, soffrire in maniera crudele. E questo ha fatto piangere molti. "È il mio Gesù che soffre!" diceva una ragazza. I catecumeni cristiani in un contesto buddista compiono davvero una rottura con l'ambiente e la società circostante. Veder soffrire la persona per cui ci si è decisi la vita accresce la commozione per colui che soffre. Non è una persona qualsiasi: è Colui che mi ha cambiato la vita.

La cultura cambogiana, di marca buddista, concepisce in maniera diversa la sofferenza …

"Fai il bene, ricevi il bene; fai il male, ricevi il male": il buddismo affronta così il tema del dolore. La tua vita è decisa dal kharma, cioè dalla quantità di bene che tu fai nella tua vita, che viene poi pesata e ricompensata nella reincarnazione.

Il Gesù di The Passion,  allora?

Secondo questo principio, si dovrebbe pensare che il Gesù sofferente abbia agito in maniera malvagia. The Passion presenta proprio lo "scandalo" cristiano: il Santo, anzi il Santissimo che soffre! Questo è possibile perché Cristo rompe lo schema della retribuzione: Gesù soffre per liberarci dal peccato.

Quale il significato religioso che The Passion ha trasmesso ai catecumeni?

Tuti hanno capito – riferisco le loro reazioni – tutto l'amore che Cristo ha per loro, ha fatto loro sentire un Dio molto vicino. E questo, proprio attraverso la sofferenza espressa nel film. "Mi vuole bene così tanto che patisce per me" diceva qualcuno. E l'hanno capito in particolare chi vive situazioni di povertà, di sofferenza in famiglia, di malattia. Una ragazza diceva: "Vorrei essere come Maria, la donna che segue e cammina con Gesù".

Come è stato colto The Passion da chi ha vissuto il genocidio di Pol Pot?

Il film non è stato proiettato nei cinema, perché la religione di stato è il buddismo. A me veniva in mente, mentre lo vedevo, la prigione Tuol Sleng, famosa perché lì avvenivano le torture dei Khmer Rossi. Ancora oggi ci sono le foto dei prigionieri prima e dopo le sevizie. I fotogrammi di The Passion si potevano sovrapporre a quelle violenze contro uomini e donne innocenti.

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