08/10/2011, 00.00
CINA
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Timori sulla sorte di Chen Guangcheng, l’attivista cieco contro gli aborti forzati

Alcuni dicono che è morto forse di torture e mancanza di cure mediche. A un anno dal suo rilascio dalla prigione, è costretto all’isolamento in casa sua, insieme alla moglie e alla figlia di sei anni, che non può andare a scuola. Chiunque cerca di contattarlo, viene picchiato e arrestato. Le autorità dello Shandong hanno costruito una casa-prigione per lui. Appello e raccolt di firme di Wrwf per avere notizie sulla salute di Chen.
Hong Kong (AsiaNews) – Voci ancora non verificate nello Shandong affermano che l’attivista cieco Chen Guangcheng potrebbe essere morto. I timori sono accresciuti dal fatto che alcuni giorni fa, alcuni attivisti suoi amici che volevano incontrarlo, sono stati arrestati e isolati. Secondo alcune notizie provenienti da Canyu, le autorità avrebbero sparato contro gli attivisti.

Chen Guangcheng sta portando avanti da anni una campagna contro aborti e sterilizzazioni forzati nello Shandong. Dopo la denuncia di 130mila casi di operazioni forzate ad opera delle autorità per il family planning della provincia, Che è stato condannato a quattro anni e tre mesi. Rilasciato a settembre dello scorso anno, da allora le autorità lo hanno costretto all’isolamento totale, insieme alla moglie e alla sua bambina di sei anni, impossibilitata ad andare a scuola. L’altro figlio, di otto anni, vive con i nonni.

Lo scorso febbraio, Chen è riuscito a inviare all’estero un video in cui egli denuncia di essere ancora in stato di arresto, pur avendo scontato la sua pena di quattro anni (10/02/2011 Chen Guangcheng: “In pratica, sono ancora in galera”). Né lui, né sua moglie possono uscire di casa, il loro telefono è tagliato, i loro amici allontanati. Per questo la polizia ha provveduto a picchiare lui e sua moglie minacciandoli.

Come gli attivisti di alcuni giorni fa, alche giornalisti stranieri che hanno tentato di avvicinarsi alla sua casa, sono stati picchiati e il loro materiale è stato sequestrato (17/02/2011 Reporter stranieri picchiati davanti alla casa di Chen Guangcheng).

Alcuni attivisti amici hanno dichiarato al South China Morning Post che le autorità dello Shandong hanno terminato a luglio una casa nel villaggio di Dongshigu (Linyi), dove pensano di rinchiudere Chen e sua moglie. La casa è isolata e circondata da un alto muro e sarà controllata giorno e notte dalla pubblica sicurezza.

Anche ai parenti è proibito andare a visitare Chen.

Preoccupati della sua salute e della sua vita, l’ong Womens’rights without frontiers (Wrwf) ha lanciato una campagna per chiedere notizie sulla sorte di Chen, con una raccolta di firme (v. qui). “Siamo allarmati alla notizia riportata dagli abitanti del villaggio, secondo i quali Chen sarebbe già morto”, ha detto la presidente di Wrwf, Reggie Littlejohn. “Se Chen è morto – ha aggiunto - allora il Partito comunista cinese è responsabile in toto per averlo ucciso sotto tortura, avergli negato cure mediche, averlo fatto morire di fame. Se Chen è vivo, noi chiediamo con urgenza che lui e la sua famiglia siano rilasciati in modo immediato e senza condizioni per farlo visitare da un medico e farlo curare”.
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