01/03/2023, 11.34
COREA DEL SUD-VATICANO
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In un libro la storia e la Corea del card. Lazzaro You Heung-sik

di card. Lazzaro You Heung-sik *

Prefetto del dicastero per il Clero, già vescovo di Daejeon, il primo coreano ai vertici della Curia romana racconta in un volume il suo incontro con il cristianesimo, la missione ma anche le sfide per i sacerdoti di oggi. Nella prefazione papa Francesco scrive: “Abbiamo bisogno di ascoltare la testimonianza audace delle Chiese dell’Oriente".

Milano (AsiaNews) – La scoperta del cristianesimo frequentando una scuola cattolica, il battesimo a 16 anni, l’importanza della figura di sant’Andrea Kim nella propria vita. Ma anche il proprio ministero di sacerdote e vescovo in Corea, la sorpresa per la chiamata di papa Francesco a lavorare nella Curia Romana, le sfide per il sacerdozio e la Chiesa di oggi. Sono i temi che il card. Lazzaro You Heung-sik - 71 anni, prefetto del dicastero per il Clero e primo coreano ai vertici di un organismo vaticano - affronta nel libro “Come la folgore viene da Oriente”, che arriva in queste ore nelle librerie italiane per le Edizioni San Paolo.

Il libro - frutto di un dialogo con don Francesco Cosentino - è introdotto da una prefazione di papa Francesco, che esprime la sua gratitudine al card. You per questo libro e per il suo servizio alla Chiesa. “Con il suo tratto amabile e affabile - scrive Francesco - egli ci permette di cogliere i frutti di una fede seminata nella terra dei martiri e germogliata con semplicità grazie alla testimonianza gioiosa di una Chiesa viva”. “Tutti noi abbiamo bisogno di questa luce che viene da Oriente - continua il papa -. Abbiamo bisogno di ascoltare la testimonianza audace di tante sorelle e fratelli che, con entusiasmo e pur attraversando molte sofferenze, hanno accolto a braccia aperte Gesù come fece il vecchio Simeone, accogliendo la predicazione di Sant’Andrea Kim e di molti missionari che hanno speso la vita per la gioia del Vangelo. Abbiamo bisogno di “decentrarci”, compiendo un viaggio verso Oriente e mettendoci alla scuola di uno stile di vita spirituale ed ecclesiale che può rinvigorire la nostra fede. E abbiamo bisogno di ricordare che, anche nelle fatiche e nelle oscurità, come la folgore il Signore viene. E vuole illuminare la nostra vita”.

Dal libro - ricco di racconti del card. You su episodi della propria vita in Corea - pubblichiamo qui sotto un breve stralcio in cui, ricordando un episodio degli anni della propria formazione, il prefetto del dicastero per il Clero parla del tema della vocazione missionaria di ogni battezzato.   

In Corea, anche chi sceglie la via del sacerdozio è chiamato a fare il militare. Io ho fatto 32 mesi e fui inviato in una zona pericolosa, quasi al confine con la Corea del Nord.

Lì, ovviamente, non c’era la Messa domenicale. Ho iniziato a farmi delle domande sulla mia identità di cristiano e sulla partecipazione alla Messa domenicale; bisognava trovare un modo, ma alla fine ho anche cominciato a pensare: che cosa significa in fondo essere cristiani? Quando sono cristiano? Anzitutto quando vivo il Vangelo del Signore. E allora, con tanto coraggio, sono andato dall’autorità militare superiore per chiedere il permesso che alcuni di noi potessero riunirsi nel giorno di domenica, per fare un incontro sulla Parola di Dio. Ci fu accordato e iniziammo in quattro, in un angolo di refettorio. Non potevamo celebrare la Messa, ma facevamo una liturgia della Parola. E quei quattro divennero cinque, poi dieci. E alla fine, nel Natale di quell’anno, venti persone ricevettero il Battesimo.

Fu per me un altro grande segno della presenza di Gesù nella mia vita; non si era presentato in circostanze speciali o religiose, ma mentre vivevo un’esperienza come quella del servizio militare, in un luogo non molto tranquillo, con poche comodità, senza poter neanche celebrare la Messa domenicale. Eppure, ancora una volta mi era venuto incontro nella Parola e quella liturgia settimanale aveva avvicinato altri alla fede, era stata uno strumento di evangelizzazione.

Forse occorre anche oggi farsi qualche domanda sulle liturgie che celebriamo e se al numero di Messe che mettiamo in programma corrisponde poi un’occasione per conoscere davvero e da vicino il Signore, se sono una via privilegiata per scoprire la fede oppure un’abitudine, se veicolano la Parola viva del Signore che tocca la vita oppure sono ridotte a una ripetizione, giusto per soddisfare un precetto. Il cristianesimo non è soddisfare un obbligo cultuale e morale, è anzitutto lasciarsi raggiungere, interrogare e toccare dalla Parola del Signore.

E anche in questa esperienza, fu importante un segno concreto attraverso cui “vivere la Parola”. Eravamo in marcia per tutta la notte e per molti chilometri, con lo zaino sulle spalle. Vidi che un mio compagno era molto affaticato e mi sono offerto di portare anche il suo fucile, che era abbastanza pesante; poco più tardi, in un momento di pausa, quell’amico mi chiese come mai tutti erano stanchi e abbattuti e io invece fossi contento. Naturalmente ero stanco anche io, ma forse la fede e l’incontro con Gesù mi offrivano la forza di essere interiormente sereno e questo si vedeva anche all’esterno. Parlai di Gesù a quella persona e anche lui ricevette il Battesimo. Quando gli altri vedono la nostra gioia di cristiani, vengono contagiati.

* prefetto del dicastero per il Clero

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