01/07/2017, 09.15
GIORDANIA - SIRIA
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Amman, bambini cristiani e musulmani cantano per la pace e la convivenza

Al progetto, promosso dalla Caritas locale e dalle suore Salesiane, hanno aderito 40 bambini. Si tratta di 20 cristiani giordani e 20 musulmani siriani, fuggiti dalla guerra. Due le classi, una dedicata al canto e la seconda al flauto. I corsi sono iniziati a giugno, con tre appuntamenti a settimana; da luglio si terranno quattro incontri. L’obiettivo è dare vita a un “coro interconfessionale”.

Amman (AsiaNews) - Riunirsi per imparare l’arte del canto, per apprendere le basi di uno strumento, per diffondere in Medio oriente e nel mondo un messaggio di pace e convivenza attraverso la musica e costruendo al contempo legami di amicizia e solidarietà. È questo il progetto promosso e finanziato da Caritas Giordania, cui hanno aderito 20 bambini cristiani originari del Paese e altri 20 coetanei musulmani, profughi della vicina Siria in fuga dalla guerra.

Da inizio giugno, questi 40 bambini di due nazioni e fedi religiose diverse si riuniscono tre volte la settimana, per prendere lezioni di canto e imparare a suonare il flauto. Un coro che ha mosso da poco i primi passi con l’obiettivo di crescere e “portare la pace”, come spiegano i fondatori, e che per questo ha voluto coinvolgere anche “piccoli profughi siriani di fede musulmana”.

I partecipanti sono divisi in due classi, una delle quali dedicata al canto e l’altra allo studio dello strumento musicale. Sebbene la calura dei mesi estivi renda difficile la concentrazione e lo studio, i bambini si dedicano con passione all’iniziativa proprio per il piacere di imparare.

Gli insegnanti raccontano che gli studenti della classe di flauto muovono i primi passi cercando di apprendere la tecnica dello strumento e a controllare l’emissione del suono, nei suoi diversi toni e intensità. Al contempo, i futuri cantanti si applicano nel gorgheggio e in esercizi di vocalizzazione.

I giovani, futuri artisti stanno muovendo da poco i primi passi ma l’inizio è incoraggiante. Avviata il primo giugno scorso grazie all’impegno della Caritas locale, l’iniziativa è a titolo gratuito ed è destinata a crescere: dal mese di luglio, infatti, si terranno fino a quattro lezione alla settimana.

I bambini, cristiani giordani e musulmani siriani, provengono da ambienti poveri, da famiglie semplici e con poche risorse a disposizione. Imparare l’arte della musica diventa quindi occasione di miglioramento e momento di incontro e integrazione per i profughi e per i loro parenti.

Secondo fonti Onu, in Giordania vi sono almeno 600mila rifugiati; per il governo di Amman la cifra è ancora superiore e pari a 1,4 milioni, circa il 20% del totale della popolazione. Un quinto dei rifugiati vive nei campi profughi di d’Azraq et Zaatari, nel nord, mentre la grande maggioranza è nelle città. Per quanto concerne i profughi cristiani irakeni, giunti nell’estate del 2014 in seguito all’avanzata dello Stato islamico (SI) a Mosul e nella piana di Ninive, vi è proprio la Caritas locale in prima fila nell’opera di assistenza.

Oltre che dalla Caritas, il progetto è sostenuto dalle Suore Figlie di Maria Ausiliatrice (le Salesiane di don Bosco). E come sottolinea suor Rasha, esso intende infondere un messaggio di pace e di armonia fra cristiani e musulmani attraverso “la lingua della musica”, che è sempre “carica di espressioni”. L’obiettivo finale è quello di dar vita a un “coro interconfessionale”, che possa proseguire nella formazione e arrivare un giorno a esibirsi nei teatri o nelle piazze del Paese. Alcuni degli insegnanti appartengono essi stessi al coro “Fontana dell’amore”, noto anche al di fuori dei confini nazionali per le diverse appartenenze religiose dei suoi componenti.

Questa iniziativa mostra una volta di più l’impegno della comunità cristiana e delle stesse autorità politiche e istituzionali all’integrazione e alla convivenza fra i fedeli delle due grandi religioni monoteiste. Del resto, in occasione dell’incontro delle Chiese del Medio oriente, che si è tenuto proprio ad Amman nel settembre scorso, il regno Hascemita è stato citato come esempio in un contesto locale contraddistinto da violenze, guerre ed estremismi.

Tuttavia, pace e stabilità della nazione si fondano su un equilibrio precario che rischia di saltare in ogni momento. Al contempo si fa sempre più marcata la contrapposizione fra chi persegue il modello di Stato laico e quanti auspicano la trasformazione su base religiosa (musulmana) del Paese e il rispetto dei dettami della legge islamica.

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