03/10/2025, 12.36
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Anche le sanzioni USA all'Iran mettono in difficoltà l'India e aprono alla Cina

Delhi valuta le conseguenze della revoca dell’esenzione statunitense per il porto iraniano di Chabahar, su cui ha investito centinaia di milioni di dollari come snodo strategico verso l’Asia centrale e contrappeso alla presenza cinese a Gwadar. Le nuove sanzioni rischiano di bloccare il progetto e complicano ulteriormente i rapporti con Washington, già segnati da dazi e nuove restrizioni sui visti. Sul lungo periodo, avvertono gli analisti, la Cina potrebbe essere la vera beneficiaria della crisi.

New Delhi (AsiaNews) - L’India sta valutando come rispondere all’entrata in vigore questa settimana delle sanzioni statunitensi sull’Iran, che colpiscono anche il porto di Chabahar, su cui Delhi, che ha rapporti sempre più difficili con gli Stati Uniti, ha finora investito. La decisione di colpire Teheran non solo minaccia le ambizioni dell’India, ma potrebbe anche finire per favorire la Cina sul lungo periodo. 

Il ministero degli Affari esteri indiano, attraverso il portavoce Randhir Jaiswal, ha confermato che il governo sta “attualmente esaminando le implicazioni che questa revoca ha per l’India”, facendo riferimento a un’esenzione che era in vigore dal 2018 per i progetti legati all’India, e che, annunciata il 16 settembre, è divenuta effettiva il 29 settembre. Le sanzioni potrebbero ora bloccare gli investimenti, ritardare significativamente la costruzione del porto e costringere le aziende coinvolte, inclusa la India Ports Global (IPGL) di proprietà statale, a ritirarsi dal progetto in tempi limitati per evitare potenziali sanzioni secondarie, come il congelamento dei beni negli Stati Uniti e il divieto di transazioni.

Il porto di Chabahar ha un valore strategico importante per Delhi. L’India ne ha assunto la gestione nel dicembre 2018 e si è impegnata a modernizzare le strutture, posizionandolo come un nodo cruciale nel Corridoio Internazionale di Trasporto Nord-Sud (INSTC). L’importanza di Chabahar risiede nella sua capacità di fornire un accesso diretto all’Afghanistan e all’Asia centrale ricca di energia, aggirando così il Pakistan, storico rivale. Gli analisti, infatti, vedono il progetto anche come una contromossa strategica al porto di Gwadar, in Belucistan, fulcro della Belt and Road Initiative cinese, situato a soli 200 chilometri di distanza.

Nonostante i cambiamenti nel panorama geopolitico (in particolare la presa di Kabul da parte dei talebani nel 2021) l’India ha di recente rilanciato il suo impegno nell’infrastruttura portuale. Nel maggio 2024, India e Iran avevano firmato un contratto decennale del valore di 370 milioni di dollari per l’operazione e lo sviluppo del porto. Questo accordo prevedeva un investimento indiano di circa 120 milioni di dollari per l’attrezzatura e un credito di 250 milioni di dollari offerto a Teheran per le infrastrutture correlate.

La decisione di revocare l’esenzione dalle sanzioni è coerente con la rinnovata "campagna di massima pressione" del governo Trump contro l’Iran. Tuttavia, la mossa giunge anche in un momento di crescenti tensioni nelle relazioni tra Stati Uniti e India. La prima revoca del 2018 era stata concessa con l’obiettivo di sostenere la ricostruzione e la stabilità economica dell’Afghanistan. 

Alcuni analisti suggeriscono che Washington stia utilizzando ogni opportunità per esercitare pressioni su New Delhi. Recenti azioni punitive statunitensi hanno incluso l’imposizione di dazi del 50% sulle importazioni indiane e una nuova tassa per i visti H1-B (che beneficiano molti professionisti indiani) che ammonterebbe a 100.000 dollari. Alcuni esperti ritengono che la revoca delle sanzioni di Chabahar rientri quindi tra le strategie dei negoziati commerciali in corso, in cui l’amministrazione Trump starebbe cercando di ottenere il più possibile dall’India, che ora si trova in una posizione difficile. 

Delhi potrebbe adottare un approccio attendista, nella speranza che il governo statunitense capisca l’importanza del mantenimento di una relazione solida in chiave anti-cinese. Durante il primo mandato l’India si era conformata alle sanzioni USA e aveva interrotto l’acquisto di greggio iraniano (oggi Trump chiede a Delhi di interrompere l’acquisto di greggio russo), rendendo la Cina l’unico acquirente del petrolio di Teheran, a prezzo scontato. Oppure l’India potrebbe scegliere di sostenere le sanzioni come parte di uno sforzo più ampio per inserirsi tra le potenze “non occidentali”, come Russia e Cina, che vogliono ridurre la dipendenza dall’economia statunitense e allontanarsi dalle reti finanziarie con a capo gli Stati Uniti. 

Per ora, il commercio indiano con l’Asia centrale è limitato (poco più di 2 miliardi di dollari l’anno), per cui l’impatto del ritorno delle sanzioni all’Iran non sarà immediato. Ma sul lungo periodo sembra inevitabile che sarà Pechino (ancora una volta) a beneficiare della situazione.

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