23/06/2014, 00.00
UCRAINA
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Arcivescovo di Kiev: Dopo il Sinodo, una catena di digiuno per la pace in Ucraina

di Marta Allevato
In margine all'incontro della Roaco, in Vaticano, in un'intervista ad AsiaNews, mons. Sviatoslav Shevchuk anticipa le conclusioni dell'ultimo Sinodo e fa il punto sulla situazione nel Paese, dove continua il conflitto nell'est tra separatisti ed esercito regolare. "Dal nuovo presidente ci aspettiamo che riporti alla normalità l'est".

Mosca (AsiaNews) - Si apre oggi in Vaticano l'87ma Assemblea plenaria della Roaco (Riunione opere aiuto alle Chiese orientali), che si concluderà giovedì 26 con l'udienza di papa Francesco ai partecipanti. Come previsto, oltre alle crisi in Siria e Iraq, l'incontro rifletterà sulla situazione delle Chiese Greco-Cattoliche in Romania e in Ucraina, individuando le priorità dell'azione di evangelizzazione e gli interventi che ne sostengano le strutture e gli operatori pastorali. I lavori prevedono la presenza, fra gli altri, dell'Arcivescovo Maggiore di Kyiv-Halyc, mons. Sviatoslav Shevchuk. AsiaNews ha parlato con il presule del Sinodo e della situazione in Ucraina. Di seguito il testo dell'intervista.  

Un lungo periodo di preghiera e una catena di digiuno in tutte le 14 diocesi del Paese "fino al ritorno della pace". È quanto verrà annunciato dal documento finale del Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina, svoltosi la settimana scorsa, e ora in fase di definizione. A riferirlo è l'arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, che in un'intervista ad AsiaNews racconta la "preoccupazione" per il protrarsi del conflitto nell'est, ma anche la fiducia che "Dio sta ascoltando le preghiere del popolo ucraino". "Maidan è un grande movimento di rinascita sociale, è un'idea ancora viva e come Chiesa non potevamo rimanere assenti", spiega, commentando anche l'impegno nelle proteste di piazza che è stato fortemente criticato dalla Chiesa ortodossa russa, più vicina alle posizioni del Cremlino.  

Eccellenza, l'aggiornamento della posizione ecumenica della Chiesa greco-cattolica è stata al centro dell'ultimo Sinodo, di cosa si è discusso?

L'ecumenismo non è un tema solo importante, ma anche urgente alla luce degli ultimi attacchi che la nostra Chiesa ha ricevuto da parte di alcuni fratelli. Dobbiamo aggiornare la nostra visione ecumenica, formulata ormai 14 anni fa dal mio predecessore, Lubomyr Husar. Proprio per la centralità del tema, abbiamo fatto precedere il nostro Sinodo da un simposio, dove abbiamo invitato alcuni esperti dell'ecumenismo e in cui, tra l'altro, abbiamo fatto il punto sullo stato attuale dell'ecumenismo, specialmente alla luce degli ultimi contatti della Sede apostolica con il mondo ortodosso, col viaggio del Santo Padre a Gerusalemme e la preghiera per la pace con il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo. 

A che conclusioni siete giunti?

Abbiamo creato una commissione teologica per aggiornare la nostra posizione ecumenica e speriamo di varare presto un documento, approvato canonicamente. Il  Sinodo è, però, anche un momento per condividere dolori e preoccupazioni. Abbiamo così formulato un appello alla preghiera e al digiuno per la pace in Ucraina e che sarà pubblicato tra pochi giorni.

Su cosa verterà questo appello?

Su tre punti: il primo è che sentiamo che il Signore ci sta ascoltando. Nonostante i momenti più difficili, il popolo ucraino è riuscito a rinnovare il sistema di governo, conservando la pace religiosa ed etnica. Abbiamo tenuto elezioni da cui è uscito un presidente al primo turno, cosa mai successa nell'Ucraina libera. Tutte le regioni hanno votato in maggioranza per Petro Poroshenko, dimostrando che l'Ucraina non è divisa. Come credenti interpretiamo questi fatti dal punto di come un miracolo. Il secondo punto è che siamo consapevoli delle sfide che abbiamo ancora davanti. Non possiamo non provare dolore, quando abbiamo decine di migliaia di profughi da accogliere, sentiamo quasi ogni giorno che civili vengono rapiti e torturati, che entrano armi pesanti da oltre confine. Dobbiamo farci operatori di pace e carità. Il terzo punto è, quindi, l'annuncio di un periodo di digiuno e preghiera, secondo un ordine preciso: a turno, una delle nostre 14 diocesi osserva il digiuno e ogni giorno della settimana sarà dedicato a varie intenzioni di preghiera: dal presidente, ai defunti, fino ai nostri avversari. 

Voi siete stati molto criticati dagli ortodossi del Patriarcato di Mosca per il vostro sostegno alle proteste del Maidan di Kiev. Cosa significa oggi Maidan? 

Per interpretare in modo autentico il ruolo delle Chiese in questi eventi, dobbiamo dire che Maidan non è un fenomeno politico, ma era iniziato come una manifestazione della società civile. La gente che è uscita sulle piazze non voleva stare sotto bandiere di partiti, chiedeva un rinnovamento sia del sistema di governo, che del modo di fare politica. Per questo le Chiese si sono sentite parte della società civile, negando però qualsiasi appoggio a determinati partiti politici. Maidan significa un movimento di rinnovazione, che esiste ancora e lo abbiamo visto con l'esito delle elezioni presidenziali, che ha dimostrato come la protesta non era dei radicali. E'  stata una rivoluzione della dignità umana, in cui la gente ha espresso la volontà di essere protagonista dello sviluppo del suo Paese. 

In cosa si traduce oggi concretamente questa volontà?

Oggi Maidan significa un forte desiderio di controllare il potere, che sta governando: dal presidente al parlamento.  Siamo davanti a un risveglio straordinario della società civile. In questo contesto, la nostra posizione è quella di predicare la dottrina sociale delle Chiesa, niente di più. Non potevamo rimanere assenti da questi avvenimenti. Siamo stati predicatori del Vangelo: la Chiesa dice che la dottrina sociale è un mezzo dell'evangelizzazione. Siamo riusciti a mantenere la pace religiosa ed etnica, anche se non a evitare violenze. 

Cosa pensa del presidente Poroshenko?

Diciamo che il fatto stesso che l'Ucraina abbia un presidente legittimamente eletto è un fatto molto positivo. Lui ora deve affrontare delle sfide molto difficili. Ci aspettiamo da lui che riporti il Paese alla pace. Certo non è un dio, che in un giorno può calmare le tensioni, ma tutti ci aspettiamo che trovi il modo di riportare la parte orientale del Paese alla normalità. 

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