01/07/2014, 00.00
IRAQ
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Arcivescovo di Mosul: la presenza dei cristiani in Iraq è “in pericolo, serve l’aiuto di tutti”

Mons. Nona conferma l’occupazione dell’arcivescovado da parte dei miliziani dell’Isis, un “segnale negativo per tutti”. Secondo il prelato non vi sono “novità” sulla sorte delle due suore e dei tre bambini sequestrati. E lancia un appello per il Paese e la comunità cristiana. A Baghdad prima riunione del nuovo Parlamento. Giugno il mese col maggior numero di vittime nel 2014.

Mosul (AsiaNews) - La presenza dei cristiani in Iraq, in particolare nell'area di Mosul, è "in pericolo"; il nuovo appello di Papa Francesco "è importante per la vicinanza e il sostegno mostrati dal Pontefice", ma è anche un segnale "evidente della portata della crisi e del rischio di scomparsa" che incombe sulla minoranza in Iraq. È quanto dice ad AsiaNews mons. Emil Shimoun Nona, arcivescovo caldeo di Mosul, nel nord dell'Iraq, dove circa 500mila persone, cristiani e musulmani, sono fuggite il mese scorso, originando una crisi umanitaria, economica e politica. Il prelato già nel maggio scorso, ben prima della rapida avanzata dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (Isis, formazione sunnita jihadista legata ad al Qaeda), aveva lanciato l'allarme sul "dramma" vissuto dall'Iraq e dal suo popolo. "Noi sapevamo quanto la situazione fosse grave - commenta l'arcivescovo - ma nessuno parlava di questa zona del mondo, nessuno parlava di Mosul, e questi sono i risultati".

Nei giorni scorsi i miliziani dell'Isis hanno occupato la sede dell'arcidiocesi caldea di Mosul, saccheggiandola e distruggendo tutti i simboli della cristianità. Un'azione compiuta nonostante il richiamo al rispetto dei luoghi di culto da parte dell'imam della vicina moschea, e che si è ripetuto anche nei confronti della chiesa di Sant'Efrem, sempre a Mosul, sede dell'arcivescovado siriaco-ortodosso. Fonti locali di Ankawa.com riferiscono che all'appello del leader musulmano, gli islamisti hanno risposto che "non c'è vescovado o chiesa nello Stato islamico". 

"Due giorni fa sono entrati e hanno piantato la bandiera sulla sede dell'arcivescovado", racconta ad AsiaNews mons. Nona, e "adesso l'hanno occupato e la situazione non è cambiata". Non vi sono altre notizie aggiornate, continua, ma "se questo è il loro [dell'Isis, ndr] atteggiamento e il loro comportamento verso le minoranze, verso le altre componenti, è un segnale estremamente negativo per tutti". Se a Qaraqosh e in altri villaggi alcune famiglie hanno potuto fare rientro, diversa la situazione di Mosul sempre sotto il controllo dei miliziani. "La realtà è grave - avverte il prelato - soprattutto per le famiglie che si trovano a sopravvivere con sempre meno risorse, potendo contare sul nulla".

L'arcivescovo di Mosul avverte inoltre che "non vi sono novità" sulla sorte delle due suore e dei tre bambini sequestrati nei giorni scorsi, per i quali "stiamo facendo il possibile, ma non vi sono notizie certe sulla loro sorte". Le religiose e i tre minori, ospiti dell'orfanotrofio, erano in viaggio verso Mosul quando sono finite nelle maglie dei miliziani. "Vorrei lanciare un appello ai politici e a tutta la classe dirigente - conclude il prelato, che ha partecipato al Sinodo dei vescovi caldei della scorsa settimana - perché trovino una via di uscita da questa situazione molto grave, perché possano trovare una via comune di dialogo e salvino il Paese dal pericolo di divisioni. E prego perché i cristiani possano trovare sostegno e aiuto, serve una mano da tutti in questa situazione difficile".   

Intanto a Baghdad si riunisce oggi per la prima volta dalle elezioni di aprile il nuovo Parlamento; l'Assemblea dovrà affrontare la crisi causata dall'avanzata dell'Isis e dar vita a un governo di unità nazionale, per fornire risposte concrete al Paese e ai suoi abitanti. Sul tavolo la nomina del nuovo Primo Ministro, con la conferma del premier uscente Nouri al-Maliki (sciita) sempre più a rischio. Secondo i critici egli sarebbe uno dei responsabili dell'attuale situazione di violenza e di divisioni confessionali in Iraq. Divisioni alimentate dal leader della regione autonoma curda Masoud Barzani, che rilancia i propositi di indipendenza dal resto del Paese, sottolineando che "di fatto" l'Iraq è già spaccato in tre parti; egli conferma l'intenzione di partecipare a pieno titolo al raggiungimento di una soluzione politica della crisi, tuttavia aggiunge anche che l'indipendenza è un "diritto naturale" del popolo curdo. Fonti delle Nazioni Unite Unite confermano infine attraverso i numeri la drammaticità della situazione in Iraq: con 2417 persone uccise, giugno è diventato il mese con il maggior numero di vittime per quest'anno. Si tratta del punto più alto di crisi a partire dal dicembre 2011, quando le truppe statunitensi hanno abbandonato il Paese;  nel computo totale non vi sono i morti della provincia di Anbar, nelle mani dei miliziani sunniti.(DS)

 

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