17/04/2020, 09.46
CINA
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Coronavirus: crolla il Pil cinese. E' la prima volta dal 1976

Negli ultimi 20 anni era cresciuto in media del 9%. Scendono anche le esportazioni, volano dell’economia cinese. Almeno 205 milioni di posti di lavoro persi per la pandemia, ma il calcolo non tiene conto di 122 milioni di lavoratori migranti.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Crollo dell’economia cinese, che registra una crescita del -6,8% nel primo trimestre dell’anno: è la prima volta dalla fine della Rivoluzione culturale nel 1976. La contrazione del prodotto interno lordo nazionale è  dovuta alla quarantena e al blocco delle attività produttive per combattere il coronavirus. Negli ultimi 20 anni, l’incremento medio annuo è stato del 9%.

Le previsioni degli analisti erano di una caduta più contenuta (-6%), mentre il Fondo monetario internazionale aveva calcolato una decrescita dell’8% rispetto allo stesso periodo del 2019. Per l’intero 2020 si stima un rallentamento all’1,2% (nel 2019 il Pil cinese è cresciuto del 6,1%.). Senza una crescita di almeno il 6%, il regime non potrà mantenere la promessa di raddoppiare il Pil entro l’anno rispetto ai livelli del 2010.

I numeri di marzo sono migliori rispetto a quelli dei primi due mesi dell’anno, ma il dilagare della pandemia negli altri Paesi limita le possibilità di un rapido recupero. La Cina, considerata la “fabbrica del mondo”, rimane fortemente dipendente dalle esportazioni all’estero, soprattutto negli Usa e in Europa, che si avviano verso la recessione economica. Nel periodo gennaio-marzo, l’export cinese è calato dell’11,4%; le importazioni hanno segnato un -0,7%.

Il calo degli investimenti fissi (16,1%), della produzione industriale (1,1%) e delle vendite al dettaglio (19%) evidenzia che l’economia del gigante asiatico fatica a riprendersi. E questo nonostante il Trivium National Business Activity Index abbia calcolato che le aziende cinesi stanno lavorando all’82% delle loro capacità.

Secondo un recente studio indipendente, 205 milioni di cinesi non possono o non riescono a tornare al lavoro. A marzo il tasso di disoccupazione è stato del 5,9%, in lieve miglioramento rispetto al record negativo dei due mesi precedenti (6,2%). Queste cifre non tengono conto però dei 122 milioni di lavoratori migranti che non hanno potuto raggiungere il luogo di impiego per le restrizioni alla circolazione. Essi vengono per la maggior parte dalle aree rurali, dove il reddito medio è calato del 4,7%. In tutto il Paese il calo è stato del 3,9%.

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