22/08/2015, 00.00
LIBANO
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Dalle Makassed islamiche una lotta dottrinale contro l’estremismo musulmano

di Fady Noun
L’organismo di riferimento ufficiale dei sunniti del Libano ha approvato un documento intitolato “Dichiarazione di Beirut sulla libertà religiosa”. Ci si chiede se Dar el-Fatwa riuscirà a riprendere progressivamente il controllo dell’insegnamento religioso musulmano nelle moschee del Paese.

Beirut (AsiaNews) – L’estremismo islamico e le atrocità che lo accompagnano hanno mostrato al mondo la crisi intellettuale ed esistenziale che colpisce il mondo musulmano. E’ una crisi che non tocca solo il mondo arabo. In Libano come in Egitto, in Arabia Saudita, a Vienna, ad Atene e altrove si moltiplicano congressi e conferenze per chiarire – e distinguere – ciò che è dell’islam e ciò che non lo è, e diffondere una cultura musulmana “moderata e illuminata”, per riprendere una terminologia riconosciuta. Il compito non è facile.

Un piccolo passo in tale direzione è stato appena compiuto in Libano con la pubblicazione da parte dell’associazione delle “Makassed islamiche”, vicina a Dar el-Fatwa, organismo di riferimento ufficiale dei sunniti del Libano, di un documento di tre pagine intitolato “Dichiarazione di Beirut sulla libertà religiosa” (20 giugno 2015).

Il documento è stato salutato dai circoli intellettuali libanesi cristiani attenti al problema. Un coordinamento permanente è stato creato tra i Makassed, la più antica e la più importante associazione sunnita in Libano e il gruppo cristiano di Saydet el-Jabal, del quale fanno parte gli ex deputati Samir Frangié e Farès Souhaid, allo scopo di consolidare le acquisizioni nella cultura comune e difendere la convivenza resa fragile dagli estremismi religiosi e politici sorti sia tra i musulmani che tra i cristiani.

Questo lavoro è reso tanto più urgente dall’infuriare dell’islamofobia, rafforzata dai musulmani stessi e sfruttato dai social network, soprattutto nei Paesi in cui  sono minoranze musulmane. Secondo i dati disponibili, nel mondo di oggi i musulmani sono 1,2 miliardi, una percentuale non trascurabile dei quali vive in Paesi definiti come “non musulmani”.

La “Dichiarazione di Beirut” è stata adottata al termine di un primo “Congrsso islamico dei Makassed”, svoltosi sotto la presidenza di Amine Daouk. I relatori sono stati Hicham Nachabé, rettore della Università dei Makassed (nella foto), Mohammad Sammak, figura familiare del dialogo islamo-cristiano e Radwan Sayyed, ricercatore e pensatore.

“Il nemico è ormai sul posto. L’onda estremista è arrivata fino da noi”, dice preoccupato M. Sammak, che incontriamo nel suo ufficio in uno degli uffici ultraprotetti del “Courant du Futur”, in via Spears. Storicamente, spiega, la crescita dell’estremismo musulmano data dalla sconfitta araba con >Israele del 1967. I religiosi israeliani hanno visto nella disfatta araba e la conquista di Gerusalemme la realizzazione di una promessa di Dio. Ma i movimento islamici, che allora erano minoritari e deboli, hanno ritenuto che la disfatta era una sconfitta del laicismo arabo. “Dio non è dalla parte degli ebrei. Dio è con noi. Eravamo noi a non essere con Dio. Allora dobbiamo tornare all’islam”, hanno detto. Lo stretto legame tra religiose e politica, il suo risorgere, data dunque dall’inizio degli anni ’70. E’ arrivato insieme con il sionismo cristiano, che affermava pretenziosamente che “il ritorno di Israele sulla sua terra” e la ricostruzione a Gerusalemme del tempio di Salomone erano i segni precorritori della seconda venuta di Cristo, una devianza millenaristico sempre di attualità.

“Noi – aggiunge il consigliere dell’ex premier Saad Hariri – pensavamo che la nostra società aperta e liberale, con la sua composizione multiculturale, era al sicuro da questo fenomeno. Oggi siamo sorpresi e colpiti dalla sua virulenza, in particolare tra i giovani, anche se rimane minoritaria”.

L’estremismo di infiltra nella società musulmana attraverso vie capillari, difficili da controllare. I suoi dogmi si diffondono attraverso un insegnamento religioso “sotterraneo” impartito da imam “Dio solo sa dove o da chi”, da uomini gli spiriti dei quali sono formati da una cultura che esclude il “diverso”.

Disordine completo

La “Dichiarazione di Beirut” mette i puntini sulle “i” in materia di dottrina islamica su temi come il riconoscimento della libertà di fede e di insegnamento, il rispetto della libertà di coscienza, il rispetto della dignità dell’essere umano in quanto tale, il diritto alla differenza, il rispetto del pluralismo, il diritto alla partecipazione politica e sociale, la costruzione di uno Stato civile, il rispetto della Carta dei diritti dell’uomo, l’impegno per un Libano unito e democratico, ecc.

Questo breve compendio dottrinale accessibile a tutti cerca di correggere un pensiero islamico segnato in Libano dal disordine più totale in materia di insegnamento religioso musulmano, deplora Sammak. Dar el-Fatwa, spiega, durante gli anni della guerra, nei quali la minaccia era ancora sentita, aveva un vago monopolio sulla formazione. In seguito, Abdel Rahim Mrad, divenuto ministro dell’Educazione, concesse nuove licenze a istituzioni religiose musulmane e il caos è cresciuto, “al punto che la Libia finanza una di queste, il cui presidente à membro dei servizi di informazione siriani”. E “Rafic Hariri aveva presentito l’arrivo dell’onda estremista”.

“Tradizionalmente, nelle scuole ufficiali,  gli studenti cristiani uscivano dalla classe quando arrivava lo sceicco e gli studenti musulmani quando era la volta del prete o dell’insegnamento religioso. Il ministro aveva reagito a questa separazione dell’insegnamento religioso… eliminando l’insegnamento. Era regolare un problema attraverso l’assurdo. L’insegnamento fu reintrodotto, ma restò anarchico. Negli anni ’90 Hariri mi chiese personalmente di trovare una trentina di imam di moschee che sarebbero stati disposti a iscriversi in università europee, allo scopo di  formare un nocciolo di ulema aperti, moderati, illuminati, riformatori”.

"Ho fallito nella mia missione. Tutti quelli che ho avvicinato erano troppo comodamente stabiliti nella loro carriera per rimettersi in gioco ricominciare a studiare”.

Libertà di coscienza

La Dichiarazione di Beirut “seduce - secondo Sammak - perché vi figurano concetti come il rispetto della libertà di coscienza. E’ un concetto al cuore della cultura cristiana e della teologia propriamente detta. I cristiani non sono abituati a sentirci parlare di libertà di coscienza. Parliamo piuttosto di libertà religiosa. Ma la libertà di coscienza va oltre”.

Il documento afferma anche che « non esiste nell’islam uno Stato islamico o uno Stato teocratico », perché l’islam non prevede alcun regime politico preciso. Lo considera un affare dei membri della società. “Ho anche provocato l’indignazione di tre sceicchi, che si sono ritirati dalla conferenza, affermando che la fede musulmana è incompleta senza il riconoscimento della fede cristiana, perché i cristiani credono, come i musulmani, in un unico Dio”. “Sono stato criticato su YouTube, perché ho denunciato i loro spiriti chiusi, appesantiti dal turbante”.

“Questi attacchi non hanno importanza, perché non è Mohammad Sammak a parlare” sostiene il nostro interlocutore. Io non ho certo attaccato il turbante, ma le loro menti ottuse. La “Dichiarazione di Beirut” è rivestita dell’autorità dei Makassed, una associazione di antica tradizione, che ha 137 anni, e che vanta delle scuole in tutto il Libano, una università, delle moschee, ospedali, istituzioni culturali. La dichiarazione è dunque importante non solo per il suo contenuto, ma anche in ragione della piattaforma da cui è stata lanciata e per la tempistica.

“Non è che abbiamo scoperto la ruota” continua Sammak. “Certo, abbiamo avuto il coraggio di attualizzarle, ma molte di queste cose non si può certo dire che siano nuove. Al-Azhar continua a ripeterle dal 1920. Mohammad Abdo, l’imam di al-Azhar, e lo sceicco Abdel Razzak sono stati attaccati con ferocia quando hanno affermato che l’islam è una religione, non un sistema politico, e lo hanno dimostrato con dei versetti ben precisi”.

“Bisogna combattere l’estremismo dall’interno dell’islam stesso” insiste Mohammad Sammak. Non ci si può accontentare col dire: questo non è islam. Bisogna convincere i musulmani con argomenti tratti dalla fede musulmana, dal Corano”.

Dar e-Fatwa sarà in grado di riprendere nel tempo il controllo dell’insegnamento della religione musulmana e delle preghiere che si svolgono nelle moschee del Libano? Questo è un obiettivo di lungo periodo che si è posto questa istanza, che trae la sua forza da un islam illuminato proveniente da al-Azhar e rafforzato da recenti e fondamentali dichiarazioni giudicate autorevoli nel mondo musulmano. In Libano come in tutto il mondo, la pace passa attraverso la costruzione di un baluardo dottrinale saldo, capace di arginare la marea estremista e l’esclusione di natura religiosa. Grazie alla “Dichiarazione di Beirut” dei Makassed, gli argomenti in materia si sono arricchiti di un nuovo testo.

 

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