Dichiarazione di New York: il nuovo piano Onu per lo Stato palestinese con la pace a Gaza
Promosso da Francia e Arabia Saudita con altri 15 Paesi (ma non Washington), Lega araba e Unone europea. Inviato ai governi di tutto il mondo per raccogliere adesioni in vista dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite di settembre. Cessate il fuoco e missione internazionale nella Striscia non più governata da Hamas, elezioni nell'Autorità palestinese entro un anno e ripresa del negoziato senza annessioni da parte di Israele. Sostegno immediato da Pechino.
New York (AsiaNews/Agenzie) - Non solo dichiarazioni di principio, ma sette pagine di punti che mettono nero su bianco un obiettivo ambizioso: arrivare non solo al cessate il fuoco a Gaza, ma a riavviare il negoziato che porti a una “pacifica soluzione della questione palestinese”, attraverso “la realizzazione” della soluzione dei due Stati in Israele e Palestina. È quanto compare nella “Dichiarazione di New York”, il documento politico con cui si è conclusa ieri la Conferenza interazionale di Alto Livello delle Nazioni Unite sulla questione palestinese promossa attraverso un’iniziativa comune dall’Arabia Saudita e dalla Francia.
Si tratta oggettivamente di un fatto nuovo: per la prima volta sul tavolo della comunità internazionale c’è un piano di pace per il Medio Oriente nato prescindendo dalle posizioni di Washington, ma sottoscritto dalle rappresentanze diplomatiche all’Onu di 17 Paesi tra cui Francia, Gran Bretagna, Spagna, Italia, Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Qatar e Turchia, ma anche Brasile, Messico, Canada, Giappone e Indonesia, oltre che dalla Lega araba e dall’Unione europea nel loro insieme. Un testo che in questo ore è stato inviato alle diplomazie dei Paesi di tutto il mondo, con l’obiettivo di raccogliere entro il 5 settembre il maggior numero di adesioni formali da parte dei governi e discuterlo poi all’Assemblea generale dell’Onu.
Come scrivevamo già qualche giorno fa, è questo l’orizzonte politico intorno a cui si muovono le dichiarazioni sul riconoscimento dello Stato palestinese che si stanno moltiplicando nelle ultime settimane, a cui non a caso proprio ieri – in concomitanza con questa Conferenza dell’Onu - si è aggiunta anche quella del premier britannico Keir Starmer. E che proprio per questo motivo rimandano come orizzonte temporale al mese di settembre.
“I recenti sviluppi - si legge nella premessa politica del testo - hanno evidenziato il terrificante bilancio umano e le gravi implicazioni per la pace e la sicurezza regionale e internazionale della persistenza del conflitto in Medio Oriente. Abbiamo ribadito la nostra condanna di tutti gli attacchi contro i civili, da parte di qualsiasi parte, compresi tutti gli atti di terrorismo e gli attacchi indiscriminati. Ricordiamo che la presa di ostaggi è vietata dal diritto internazionale. Riaffermiamo il nostro rifiuto di qualsiasi azione che porti a cambiamenti territoriali o demografici, incluso lo sfollamento forzato della popolazione civile palestinese, che costituisce una flagrante violazione del diritto internazionale umanitario. Condanniamo gli attacchi commessi da Hamas contro i civili il 7 ottobre. Condanniamo inoltre gli attacchi di Israele contro i civili a Gaza e le infrastrutture civili, l'assedio e la fame, che hanno provocato una devastante catastrofe umanitaria e una crisi di protezione. Guerra, occupazione, terrore e sfollamenti forzati non possono garantire né la pace né la sicurezza. Solo una soluzione politica può farlo”.
Ma la parte più significativa è evidentemente la strada per arrivarci. Ed è su questo che il documento indica un percorso preciso. I Paesi firmatari esprimono sostegno agli sforzi di Egitto, Qatar e Stati Uniti per l’implementazione di un cessate il fuoco a Gaza che porti a “una conclusione permanente delle ostilità”. In questo contesto ad Hamas viene chiesto di liberare tutti gli ostaggi. Ma l’orizzonte indicato è quello di una Striscia in cui “Hamas deve porre fine al suo dominio su Gaza e consegnare le armi all'Autorità Palestinese, con il coinvolgimento e il sostegno della comunità internazionale, in linea con l'obiettivo di uno Stato palestinese sovrano e indipendente”. Per questo viene rilanciata l’idea di una “missione internazionale temporanea di stabilizzazione” a Gaza “richiesta dall’Autorità palestinese sotto l’egida delle Nazioni Unite”.
Quanto al governo di Ramallah al presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen) viene chiesto di tenere fede all’impegno di tenere “elezioni generali e presidenziali trasparenti e democratiche” entro un anno (non si tengono dal 2006 ndr) permettendo a una “nuova generazione di rappresentanti eletti” di assumere responsabilità all’interno dell’Autorità palestinese.
I Paesi firmatari chiedono a Israele di assumere “un chiaro e pubblico impegno per la soluzione dei due Stati” (cosa che il governo Netanyahu espressamente rifiuta ndr) e la rinuncia “a ogni progetto di annessione e alla politica degli insediamenti”. Chiedono inoltre garanzie sul mantenimento dello Status Quo dei Luoghi Santi cristiani e islamici a Gerusalemme, sottolineando “il ruolo chiave” in questo senso del ruolo di Custode che la storia ha assegnato al regno hashemita di Giordania.
Quanto al negoziato tra israeliani e palestinesi per una risoluzione definitiva del conflitto da far ripartire in questo quadro internazionalmente garantito, viene fatto espressamente riferimento alla Conferenza di Madrid del 1991 (che fu la premessa politica agli Accordi di Oslo ndr) e all’Arab Peace Initiative, il piano di pace adottato dalla Lega araba nel 2002. Ma viene anche indicato l’orizzonte di “un collegamento tra l’integrazione regionale e l’indipendenza della Palestina”, evocando la possibile costituzione di un organismo di cooperazione regionale sul modello dell’Asean o dell’Osce in Europa.
Da oggi questo documento, dunque, è sul tavolo. Scontati il no su tutta la linea del governo Netanyahu e la freddezza di Washington, oggi è già arrivato il sostegno di Pechino. Nella conferenza stampa quotidiana il portavoce del ministero degli Esteri Guo Jiakun si è congratulato “con l’Arabia Saudita e la Francia per i loro sforzi. L'incontro – ha detto - rafforza ulteriormente il consenso internazionale sulla questione palestinese e lancia un forte messaggio a favore di una soluzione politica basata sulla formula dei due Stati, che la Cina accoglie con favore. Siamo pronti a continuare a collaborare con la comunità internazionale – ha concluso - per porre fine ai combattimenti a Gaza, alleviare la crisi umanitaria, attuare la soluzione dei due Stati e giungere infine a una risoluzione globale, giusta e duratura della questione palestinese”.
23/03/2018 08:54