10/02/2023, 12.17
CINA
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Economia cinese in ripresa dopo fine dei lockdown. Ma fabbriche chiudono

I contagi da Covid-19 sembrano aver già raggiunto il picco. Feste per il nuovo anno lunare: in crescita consumi nel turismo e nella ristorazione. In difficoltà il settore auto e quello immobiliare. Storica azienda tessile del Guangdong ferma attività e lascia senza lavoro 1.700 persone.

Pechino (AsiaNews) – L’economia cinese dà segni di ripresa dopo che a dicembre il governo ha abbandonato le rigide misure di chiusura per combattere il Covid-19. Il recupero non interessa però tutti i settori, mentre storiche fabbriche chiudono i battenti.

Secondo dati ufficiali, il Paese avrebbe già raggiunto il picco d’infezioni in seguito alle riaperture. L’aspetto incoraggiante, sostengono le autorità sanitarie, è che non si è materializzato il temuto sovraccarico degli ospedali al rientro dalle vacanze per il nuovo anno lunare (due settimane a cavallo del 21 gennaio).

Milioni di cinesi in movimento nel Paese hanno rinvigorito i comparti turistico e della ristorazione. Durante le festività si sono calcolati 300 milioni di spostamenti interni, l’88,6% dei viaggi fatti nel 2019, prima della pandemia. La spesa nei ristoranti ha quasi pareggiato i livelli di quattro anni fa; le presenze ai cinema li hanno invece superati di oltre il 14%.

I problemi maggiori si sono avuti nel settore auto e quello immobiliare: a fine gennaio l’acquisto di  veicoli è sceso del 45% rispetto a un anno prima, mentre il prezzo delle nuove abitazioni è calato per il settimo mese consecutivo. Insieme alla debole domanda estera, la crisi del mercato delle case è la minaccia maggiore al recupero dell’economia nazionale.

Le preoccupazioni sono poi per l’occupazione, con il tasso dei giovani senza lavoro a quote quasi record. La domanda di lavoro è cresciuta in industrie come servizi, nuove energie e materiali, e cure sanitarie.

Hanno problemi le aziende manifatturiere tradizionali, per decenni il volano dell’economia cinese. Un caso eclatante è quello della Gogo Garment Manufacturing Ltd, per anni il più grande produttore di indumenti intimi di Dongguan (Guangdong), il principale polo manifatturiero della Cina.

Gogo ha chiuso l’attività il 10 gennaio, dopo giorni che i lavoratori protestavano per il mancato pagamento degli stipendi e dei benefit sociali. Come riporta il China Labour Bullettin di Hong Kong, hanno perso il lavoro 1.700 persone, costrette in pochi giorni a impacchettare i propri effetti personali e a lasciare il campus della compagnia.

Media locali scrivono che più di 3mila fabbriche hanno cessato di operare a Dongguan solo nei primi sei mesi del 2022: un trend di lungo periodo, dovuto allo spostamento della produzione in altre nazioni e aggravato dagli effetti dell’emergenza pandemica.

Soprattutto per la politica zero-Covid voluta da Xi Jinping, nel 2022 il Pil cinese è cresciuto appena del 3%, seconda peggiore prestazione dal 1976. Le maggiori istituzioni economiche internazionali prevedono quest’anno un rimbalzo superiore al 5%, lontano comunque dai tassi record registrati dai predecessori dell’attuale leader supremo tra il 1990 e il 2012.

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