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HONG KONG-CINA
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Hong Kong: pene 'esemplari' per il 2019 mentre corre la legge sulla sicurezza nazionale

Condanne fino a 7 anni di carcere per l'assalto al Consiglio legislativo dove oggi - eliminata l'opposizione - John Lee vuole far approvare entro il 31 marzo la contestata legge sull'articolo 23. La diocesi di Hong Kong rassicura sul segreto confessionale: resterà anche con le nuove norme. Ma a preoccupare sono soprattutto gli abusi su diritti elementari come la facoltà di negare contatti con un avvocato nelle prime 48 ore dall'arresto.

Hong Kong (AsiaNews/Agenzie) – Dodici condanne a pene fino a 7 anni di carcere per l’assalto e l’occupazione della sala del Consiglio legislativo di Hong Kong, uno dei gesti più clamorosi (e discussi) delle proteste del luglio 2019. La sentenza - molto dura ai sensi del reato di “sommossa” - è arrivata oggi proprio mentre il “parlamento” di Hong Kong in questi giorni sta discutendo a tempo di record la legge sull’articolo 23, la versione locale della Legge sulla sicurezza nazionale, destinata a inasprire ulteriormente la repressione nei confronti delle voci pro-democrazia nell’ex colonia britannica.

Tra le persone incarcerate con il verdetto emesso oggi dal giudice della corte distrettuale Li Chi-ho figurano l’attore Gregory Wong e Ventus Lau e Owen Chow, altri due noti attivisti dei movimenti pro-democrazia. Il 1 luglio 2019 centinaia di manifestanti entrarono nella sede dell’Assemblea legislativa, scrivendo slogan sui muri e portando con sé rifornimenti per gli occupanti. Furono distrutti alcuni arredi e i ritratti dei leader politici appesi alle pareti. Secondo il giudice Li Chi-ho, oltre ai danni fisici, quest’assalto ha causato effetti sociali “di lunga durata”, “mettendo in discussione il governo di Hong Kong e indebolendone la governance”.

Questa sentenza è pienamente coerente con lo spirito della nuova legge che il capo del governo locale John Lee, obbedendo al volere di Pechino, vuole entri in vigore al più presto possibile. Nonostante il disegno di legge sia stato pubblicato appena l’8 marzo scorso, in meno di una settimana - con sedute tenute eccezionalmente anche al sabato e alla domenica - il testo è stato già approvato in prima lettura dal Consiglio, dove sono state eliminate tutte le voci dell’opposizione. La beffa è che gli emendamenti presentati vanno nella direzione di una stretta ancora maggiore. Per esempio si chiede di non aspettare 9 mesi per revocare il passaporto alle persone accusate di “sedizione” che fuggono all’estero, procedendo invece immediatamente. Tra gli altri passaggi più duri dell’articolo 23: l’inasprimento fino all’ergastolo delle pene per reati come “tradimento”, “insurrezione”, “minaccia alla sovranità della Cina”, la proroga da 48 ore a 16 giorni del fermo di polizia prima di formulare le accuse nei casi legati alla “sicurezza nazionale”, la facoltà di negare per le prime 48 ore dopo il fermo il colloquio con un avvocato.

Tra i temi che più sollevano preoccupazione c’è l’introduzione di un reato definito come “tradimento per negligenza”, che punisce fino a 14 anni di carcere chi viene a conoscenza di comportamenti che “attentano alla sicurezza dello Stato” ma non lo riferisce. Nei giorni scorsi erano state espresse preoccupazioni per il suo impatto sulle comunità religiose, per esempio per ciò che riguarda il “segreto confessionale” nelle comunità cattoliche. Per questo ieri la diocesi di Hong Kong è intervenuta con un comunicato in cui si rassicura sul fatto che pur riconoscendo “che ogni cittadino, in quanto tale, cittadino, ha degli obblighi nei confronti della sicurezza nazionale, la legislazione dell'articolo 23 non altererà la natura confidenziale della confessione (il sacramento della Riconciliazione) della Chiesa”.

Giovedì 14 marzo la questione era stata sollevata anche durante il dibattito al Consiglio legislativo dal rev. Peter Koon, figura dell’ala filo-Pechino all’interno della Chiesa anglicana di Hong Kong, che aveva domandato se sarebbero state garantite esenzioni al clero. Il segretario per la Giustizia Paul Lam ha risposto sostenendo che la portata del reato di tradimento è “chiara e mirata” e che le possibilità di imbattersi in una “circostanza estrema”, come quando qualcuno viene a conoscenza di un piano per iniziare una guerra, sono piuttosto basse. “Sia che si tratti di operatori religiosi o di assistenti sociali, si discuterà con loro. Ma è molto difficile per noi offrire esenzioni”, ha aggiunto Lam. “Il tradimento è una questione molto seria. Se è in gioco la sicurezza nazionale, credo che si debba trovare un equilibrio per adempiere ai doveri di fedeltà”.

Intanto il governo di Hong Kong continua a premere sull’acceleratore per arrivare il più presto possibile all’approvazione del provvedimento. Ieri è stato annunciato che - contrariamente a quanto accade solitamente - il Consiglio legislativo non aspetterà dieci giorni prima di cominciare la seconda e la terza lettura del provvedimento. Si ripartirà subito con un calendario che al momento prevede che questa legge che mette una pietra tombale sulle libertà che il principio “Un Paese due sistemi” avrebbe dovuto garantire a Hong Kong, sia promulgata già entro il 31 marzo.

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