09/11/2025, 10.32
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Il card. David a Marcos: una Commissione per la verità sulla guerra alla droga

di Santosh Digal

La denuncia del vescovo di Kalookan e presidente della Conferenza episcopale: "Migliaia di morti degli anni di Duterte restano da anni "sotto indagine" senza risposte per le famiglie, le inchieste parlamentari sono fallte. Per chiudere davvero questa pagina nera serve un organismo indipendente che faccia prevalere il coraggio sulla paura e la responsabilità sull'impunità".

Manila (AsiaNews) - I leader della Chiesa cattolica filippina guidati dal cardinale Pablo Virgilio David, vescovo di Kalookan, insieme a gruppi della società civile e a famiglie di vittime di esecuzioni extragiudiziali, hanno scritto al presidente Ferdinand Marcos Jr., sollecitando la costituzione di una “Commissione per la verità” per indagare gli omicidi legati alla guerra alla droga sotto il regime dell’ex presidente Rodrigo Duterte.

Il cardinale David, insieme a vedove, orfani e sopravvissuti alle esecuzioni extragiudiziali, ha tenuto una conferenza stampa a Mandaluyong City, vicino Manila, il 7 novembre. Ha esortato il presidente Marcos Jr. a istituire questo organismo per far emergere l’intera portata degli omicidi legati alla guerra alla droga e di altre violazioni dei diritti umani.
Nella lettera inviata il 7 novembre, il cardinale David ha dichiarato che è necessaria una Commissione nazionale per la verità e la riconciliazione come passo verso la giustizia e la guarigione del Paese dalla violenza causata dalla guerra alla droga dell’amministrazione precedente. La commissione fornirebbe una risposta alle famiglie delle vittime e invierebbe un forte messaggio che il coraggio prevale sulla paura e la responsabilità sull’impunità, ha detto il vescovo di Kalookan.

Nella lettera, il cardinale David ha affermato che le famiglie che hanno perso i loro cari a causa di esecuzioni extragiudiziali sotto la guida di Duterte sono ancora in lutto. “Queste famiglie non hanno soltanto perso i loro cari - scrive il porporato - hanno perso il senso di sicurezza, la fiducia nelle istituzioni pubbliche e, spesso, i mezzi di sussistenza”.
Il cardinale ha inoltre espresso rammarico per il fatto che la diocesi di Kalookan si ancora il terreno di devstazione della guerra alla droga, con il fallimento di inchieste parlamentari come le audizioni della Quad Comm lo scorso anno. A questo proposito, il cardinale ha sostenuto la necessità di un organismo indipendente per condurre indagini imparziali e giuste.

Il card. David, che ricopre anche la carica di presidente della Conferenza episcopale delle Filippine (CBCP), è un convinto sostenitore della verità e della responsabilità su varie questioni che riguardano il Paese. Questo atteggiamento include la corruzione nei progetti di controllo delle inondazioni e continua a chiedere ai funzionari pubblici di riconoscere i loro errori, pentirsi e restituire i fondi sottratti come passi cruciali verso una vera giustizia e la guarigione nazionale.

Il cardinale ha citato testimoni che hanno avuto il coraggio di presentarsi davanti al Congresso filippino per raccontare gli omicidi sistematici e l’uso illecito di fondi pubblici per finanziarli. Tuttavia, il card. David insiste sul fatto che le audizioni sono rimaste senza una chiara conclusione perché sono state condotte solo “in ausilio della funzione legislativa” e non per chiamare i responsabili a rispondere dell’accaduto. Nonostante ciò, migliaia di casi rimangono elencati come Deaths Under Investigation (DUI — decessi sotto indagine), il che funge da copertura per assassini pagati per uccidere. “Le famiglie delle vittime, molte delle quali hanno vissuto nella paura per anni, hanno tutto il diritto di chiedere che questi casi vengano riesaminati e che vengano date risposte. Meritano una chiusura delle inchieste. Le nostre istituzioni meritano di essere ristabilite. La nostra nazione ha bisogno di guarigione”, ha aggiunto il card. David.

Ed è in questo contesto, dunque, che il porporato ha chiesto al presidente Marcos di formare una Commissione per la verità e la riconciliazione. “Non si tratta di vendetta - ha spiegato - ma della promozione della verità e del ripristino della fiducia, della dignità e della giustizia per ogni filippino. Dire la verità non è un modo per riaprire le ferite; è l’unica via perché queste ferite possano finalmente guarire. Il silenzio genera risentimento e paura; la verità ristabilisce dignità, fiducia e coerenza morale alla nostra democrazia”.
Il cardinale questo passo rappresenterebbe un’opportunità storica per il governo di dimostrare che il Paese sceglie il coraggio, la responsabilità e la riconciliazione invece della paura, dell’indifferenza e del silenzio.

L’ex presidente Rodrigo Duterte avviò la “guerra alla droga” il 30 giugno 2016, quando entrò in carica. Questa politica ha ucciso almeno 12mila filippini, per lo più persone povere che vivevano nelle città. La Philippine National Police è stata ritenuta responsabile di almeno 2.555 di questi decessi. Duterte e altri alti funzionari avrebbero avviato e incoraggiato gli omicidi in una campagna che potrebbe costituire crimini contro l’umanità. Gruppi della società civile e per i diritti umani sostengono che il numero reale delle vittime della guerra alla droga superi quota 30mila. Secondo ricerche di Human Rights Watch, la polizia avrebbe falsificato prove per giustificare gli omicidi illegali. Duterte promise di continuare la campagna nonostante sempre più persone richiedessero un’indagine.

La violenza extragiudiziale su larga scala utilizzata come metodo per risolvere i crimini ha caratterizzato anche i 22 anni del mandato di Duterte come sindaco di Davao City. La sua stessa campagna presidenziale ha privilegiato questo approccio. La sera prima della sua vittoria elettorale del 9 maggio 2016, davanti a una folla di 300mila persone, disse: “Se arrivo al palazzo presidenziale, farò esattamente quello che ho fatto da sindaco. Voi spacciatori, rapinatori e persone che non fate nulla di buono andatevene da qui perché vi ucciderò”.

Dopo l’arresto attuato nelle Filippine l’11 marzo scorso (chiesto da anni ma reso possibile solo dalla rottura dell’alleanza politica con Marcos ndr), attualmente Rodrigo Duterte resta sotto la custodia della Corte Penale Internazionale all’Aia, in attesa dell’inizio del processo per i presunti crimini contro l’umanità che gli si imputano nelle Filippine.

 

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