Pechino media la tregua fra Phnom Penh e Bangkok. Attivisti in campo per la pace
L’inviato speciale cinese Deng Xijun a Phnom Penh per rilanciare la mediazione sul cessate il fuoco. L’oppositore cambogiano Sam Rainsy attacca Hun Sen e il governo che soffiano sul conflitto per mascherare lo “scontro personale” con Thaksin Shinawatra. Appello di 30 ong thailandesi e cambogiane per la tregua, la guerra colpisce solo “le persone”.
Phnom Penh (AsiaNews) - L’inviato speciale cinese per gli Affari asiatici Deng Xijun ha compiuto una visita ufficiale in settimana a Phnom Penh, nel tentativo di mediare la de-escalation fra Cambogia e Thailandia dopo i violenti scontri degli ultimi giorni lungo i confini. Il pressing diplomatico di Pechino si somma agli sforzi messi in campo dagli Stati Uniti, per spingere i due Paesi vicini al raggiungimento di un cessate il fuoco prima dell’incontro speciale in programma il 22 dicembre dell’Asean, l’Associazione che riunisce i Paesi del Sud-est asiatico. Dalla ripresa delle ostilità, che avevano di fatto azzerato la tregua raggiunta in precedenza dal presidente Usa Donald Trump, si contano già almeno 60 morti e oltre mezzo milione di sfollati, in un quadro di crescenti tensioni che preoccupano anche i vescovi cambogiani.
Il ministero degli Esteri di Phnom Penh sottolinea in una nota che “Deng Xijun ha riaffermato che la Cina continuerà a svolgere un ruolo costruttivo nel facilitare il dialogo tra Cambogia e Thailandia al fine di promuovere la risoluzione pacifica delle controversie”. Ieri era intervenuto il segretario di Stato americano Marco Rubio, il quale aveva parlato di “cauto ottimismo” di Washington su un possibile ritorno dei due Paesi al rispetto del cessate il fuoco entro l’inizio della settimana prossima.
Sulle violenze in atto è intervenuto anche l’attivista, economista ed ex politico cambogiano già leader dell’opposizione Sam Rainsy secondo cui alla base non vi è “un conflitto tra i popoli cambogiano e tailandese” quanto un “conflitto personale tra Hun Sen e Thaksin Shinawatra”. Egli punta il dito contro l’ex premier thai e l’ex leader cambogiano e uomo forte del Paese, che tengono “in ostaggio i popoli di entrambe le nazioni” solo per una mera “rivalità politica privata”. Nel messaggio rilanciato sulle pagine social, l’ex politico accusa Hun Sen di aver fornito “riparo, protezione e copertura politica” a Chen Zhi, coltivando al contempo “rapporti commerciali illeciti”.
“Chen Zhi - accusa Rainsy - ha svolto un ruolo chiave nel finanziamento e nel sostegno del regime Hun Sen. Di conseguenza, Hun Sen ha trasformato la Cambogia in uno stato mafioso, fornendo così alla Thailandia un pretesto per lanciare azioni militari volte a smantellare le reti criminali transnazionali che operano dal territorio cambogiano. Poiché Hun Sen collabora con organizzazioni criminali, la Cambogia ora affronta l’isolamento internazionale in un momento critico, poiché nessun Paese desidera sostenere uno stato guidato da criminali”. “Hun Sen apprezza il potere per sé e la sua famiglia più di quanto apprezzi la terra e le persone della nazione, spingendo il Paese verso violenza e spargimento di sangue inutili” e per questo, conclude, “deve essere rimosso dal potere per ripristinare pace, sovranità e dignità nazionale”.
Intanto 39 ong thailandesi e cambogiane riunite nella “alleanza popolare per la pace” hanno sottoscritto una dichiarazione congiunta in cui invocano la fine della guerra. Fra le cause vi sarebbe una “instabilità politica interna” in entrambi i Paesi, con i governi che “cercano di nascondere i loro fallimenti” compresi i crimini “transnazionali” sotto il mando di un conflitto. “Inoltre - si legge nella dichiarazione - i conflitti tra le élite al potere […] hanno ulteriormente esacerbato la situazione” sfruttando anche le “ambiguità” sui confini per “incitare al nazionalismo estremo”.
Se i leader soffiano su venti di guerra per mascherare i problemi interni, prosegue la dichiarazione, sono “le persone” in particolare “gli abitanti dei villaggi, gli agricoltori, i lavoratori, i piccoli commercianti e i poveri che vivono lungo il confine, che ne hanno subito le conseguenze”. “Queste comunità - prosegue la nota - hanno vissuto insieme a lungo pacificamente, coltivando, commerciando e attraversando il confine come parte della vita quotidiana. Ora sono stati costretti a evacuare, abbandonare le loro fattorie e i loro mezzi di sussistenza e vivere nella paura costante”.“Noi, l’Alleanza popolo thai-cambogiano per la pace, ci opponiamo fermamente a questa guerra, che non è mai stata necessaria ed esiste solo per distogliere l’attenzione dai reali problemi politici interni sia in Thailandia che in Cambogia”. Gli attivisti chiedono che i governi di Thailandia e Cambogia rispettino gli accordi di pace, cessino “immediatamente” tutti i combattimenti lungo il confine, operino per la pace e collaborino per “garantire la sicurezza in tutta la regione Asean”.
Fra le ong firmatarie troviamo: Assembly of the Poor, Thailand; Singhadang Feminists’ Club, Thailand; Khon Kaen Urban Riverside Council Movement, Thailand; Homeless Network of Khon Kaen Province, Thailand; 4QUEENS, Thailand; Cambodian Grassroots Cross-sector Network, Cambodia; People’s Action for Development Organization, Cambodia; The 78 Water Reservoir Community, Cambodia; Kiri Mean Chey Forestry Community, Cambodia; Phnom Kriel Protected Area Community, Cambodia; Tani Land Community, Cambodia.





