01/02/2023, 13.51
MYANMAR - ITALIA
Invia ad un amico

Il monaco di Mandalay che studia il dialogo per risanare la sua terra

di Giorgio Bernardelli

A due anni dal golpe dei militari la testimonianza di Ashin Mandalarlankara, monaco buddhista theravada che all’Angelicum di Roma studia l’incontro con le altre tradizioni religiose in un programma intitolato a Giovanni Paolo II. “Nella mia terra la gente soffre e chiede a noi religiosi di non fermarci alle parole sulla pace".

Roma (AsiaNews) - “In Myanmar abbiamo vissuto troppo a lungo senza capirci gli uni gli altri tra le diverse comunità. Anche questo ha reso possibile i conflitti. E i militari hanno soffiato sul fuoco di queste divisioni”. Sono trascorsi due anni dal golpe con cui i generali hanno spazzato via il governo guidato da Aung San Su Kyi, reprimendo nel sangue le proteste della società civile a Yangon e nel resto del Paese. Quello scontro - come raccontiamo costantemente nelle nostre cronache su AsiaNews - è diventato una sanguinosa guerra a tutto campo, che ha lasciato dietro di sé ormai quasi 3mila vittime civili, oltre a una devastazione infinita e un milione e mezzo di sfollati nelle aree dove maggiormente infuria lo scontro tra l’esercito e le milizie etniche.

Ha ben presente tutto questo il giovane monaco theravada Ashin Mandalarlankara, che da Mandalay da qualche mese si è trasferito a Roma con un compito speciale: approfondire i suoi studi nel dialogo interreligioso. Ashin è infatti il primo buddhista a essere stato selezionato dal John Paul II Center for Interreligious Dialogue, un’istituzione nata da una partnership tra l’Angelicum (l’università pontificia dei domenicani) e la Russel Berrie Foundation (un’istituzione ebraica) con l’obiettivo di formare leader in grado di lavorare nei propri Paesi per il dialogo interreligioso e la costruzione della pace. Ogni anno vengono selezionati una decina di borsisti provenienti da tutto il mondo che all’Angelicum frequentano uno speciale programma di formazione. Dalla sua fondazione nel 2008 vi sono passati già circa 130 giovani leader di 40 Paesi. E quest’anno - appunto - la classe comprende significativamente anche un monaco del Myanmar.

“Per me non è una sfida facile - racconta Ashin - le distanze linguistiche e culturali nello studio delle religioni monoteiste si fanno sentire. Cerco di comprendere differenze e similitudini con il buddhismo, senza mischiare le cose. Ma, soprattutto, questa esperienza mi sta aiutando a capire di più anche le altre comunità che vivono accanto a noi buddhisti in Myanmar”. Il dialogo non è un’esperienza nuova per il giovane monaco: nato in un piccolo villaggio, già a Mandalay aveva avuto occasione di coltivare il desiderio di incontro con le altre tradizioni religiose. Nel 2015 ha già partecipato a Vienna a un altro programma promosso dal KAICIID (il centro per il dialogo interreligioso finanziato dai sauditi). E una volta tornato nel suo Paese aveva già avviato iniziative di incontro tra giovani buddhisti, musulmani, cristiani, indù e bahai.

Oggi però il conflitto aperto dal golpe di due anni fa ha reso questo tema ancora più delicato. “Abbiamo avuto la democrazia, ma i militari mantenevano il potere economico - commenta -. Vogliono manovrare anche i leader religiosi, quelli buddhisti ma non solo. Il risultato è che la secolarizzazione avanza: le religioni stanno perdendo attrattiva tra la gente e con questo anche la loro capacità di unire le persone. E questo complica ancora di più il conflitto”.

Di qui l’importanza del dialogo tra le comunità a cui guarda come ambito di impegno speciale quando alla fine dell’anno accademico tornerà a Mandalay. “Tutte le religioni parlano di pace e compassione, hanno al cuore del loro insegnamento una prospettiva umanitaria - spiega -. Ma il punto è non fermarsi alle parole e tradurre tutto questo in azioni concrete”. Parla dell’islamofobia da combattere in Myanmar, dell’intreccio tra il potere politico - i militari, ma anche tante milizie etniche - con gli affari legati allo sfruttamento delle risorse. “La gente è arrabbiata e ha molte domande sulla religione. Ci chiede: voi che cosa fate? Se i nostri leader si fermano solo alla comprensione dei testi sacri la distanza non potrà che aumentare”.

Racconta dei monasteri buddhisti che hanno anche aperto le porte per accogliere le vittime della guerra. Ma cita anche il tema della purificazione della memoria e dei traumi psicologici che questi due anni terribili stanno lasciando dietro di sé in Myanmar. “Ci sarà tanto bisogno di risanare e servirà tanto dialogo”. Un programma chiaro per ciò che lo attende dopo questi mesi a Roma.

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
I soldati della giunta sono ‘terroristi’
07/05/2021 14:20
Continua l’opposizione contro la giunta militare
04/06/2021 11:50
Ancora proteste, granate, feriti. I ministri dell’Asean a raduno virtuale
02/03/2021 12:52
Vescovi del Myanmar: Appello a tutte le parti per la pace e la riconciliazione
22/02/2021 12:01
Sciopero generale contro il colpo di Stato. Almeno 4 morti
22/02/2021 09:09


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”