04/07/2019, 14.56
FILIPPINE
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Il villaggio di Didipio alza le barricate contro il colosso minerario

L'australiana OceanaGold Corp. è "responsabile per lo sfollamento di centinaia di famiglie". Ong e comitati civili denunciano "acqua ed aria inquinate, deforestazione e danni all'agricoltura". Al vaglio del governo la possibilità di rinnovare la licenza dell'azienda. Attivista: "Combattere le compagnie minerarie straniere è un'impresa gigantesca. Sappiamo che questa sarà una lotta".

Bayombong (AsiaNews) – Dallo scorso primo luglio, attivisti e cittadini del remoto villaggio di Didipio – 335km a nord di Manila – sono ricorsi alle barricate per fermare le operazioni di una miniera che continua ad estrarre oro e rame, nonostante la sua licenza sia scaduta. Lo sbarramento dei manifestanti interrompe la strada di accesso al giacimento: nessun camion entra od esce dalla cava. La protesta, promettono gli attivisti, continuerà fino a quando le operazioni saranno sospese in via definitiva. Circa 50-100 residenti sorvegliano le barricate 24 ore su 24, sette giorni su sette.

La Didipio Gold-Copper Mine è uno stabilimento di proprietà della OceanaGold Corp., colosso dell'industria mineraria con sede a Melbourne (Australia). La miniera si estende su 12mila ettari nei bacini idrografici della provincia di Nueva Vizcaya, nella regione di Cagayan Valley. Il territorio è situato nel cuore di Luzon, la più vasta e popolosa isola dell'arcipelago filippino. Secondo i dati rilasciati dalla multinazionale australiana, lo scorso anno l'impianto ha prodotto 3,25 tonnellate d'oro e 15.239 di rame. L'aspettativa di vita del giacimento supera l'anno 2032.

In una petizione inviata agli enti governativi a metà giugno, Ong e comitati popolari denunciano che la compagnia "è responsabile per lo sfollamento di centinaia di famiglie, molte delle quali tribali, dal momento che si è appropriata delle loro terre e ha demolito le loro case". "Molti residenti – si legge nel documento – sono stati truffati e non hanno ricevuto un giusto risarcimento. Nel corso della loro lotta contro OceanaGold, difensori dell'ambiente hanno pagato con le proprie libertà civili, possibilità e vite. A causa delle attività estrattive, migliaia di cittadini soffrono per acqua ed aria inquinate, deforestazione e danni all'agricoltura".

Le autorizzazioni rilasciate da Manila per le operazioni nella miniera sono scadute lo scorso 22 giugno. Un giorno prima della scadenza delle autorizzazioni, fissata per lo scorso 22 giugno, l'azienda ha inviato una lettera al consiglio del villaggio di Didipio. Citando una norma del Codice amministrativo, l'OceanaGold afferma che le licenze esistenti non scadono fino a quando le autorità competenti non si esprimono sulla richiesta di rinnovo.

Guidati dalla Kalikasan People's Network Alliance for the Environment (Kalikasan PNE), gli ambientalisti chiedono al Dipartimento dell'Ambiente e delle risorse naturali (Denr) e all'Ufficio miniere e geoscienze (Mgb) di Manila di non rinnovare l'accordo – chiamato Financial or Technical Assistance Agreement (Ftaa) – con la OceanaGold. Il 27 giugno, il governo provinciale di Nueva Vizcaya ha emesso un ordine che limita l'attività della società mineraria. Ciò nonostante, secondo indiscrezioni Denr e Mgb hanno già espresso favore positivo per il rinnovo del Ftaa ed hanno inoltrato la pratica all'Ufficio del presidente filippino, Rodrigo Duterte. Ma nel 2016, sotto la guida dell'ex segretario Gina Lopez, il Dern aveva ordinato la sospensione di OceanGold dopo aver condotto una verifica ed individuato diverse violazioni nel campo amministrativo ed ambientale.

Tra quanti sostengono le proteste dei cittadini vi è mons. Jose Elmer Imas Mangalinao, vescovo di Bayombong, capoluogo di Nueva Vizcaya e diocesi dove si trova Didipio. Al presule si uniscono anche organizzazioni di attivisti religiosi come Promotion of Church People's Response (Pcpr). Nardy Sabino, segretario generale, dichiara ad AsiaNews: "Quando le comunità locali mostrano coraggio ed insistono a non volere un nuovo Ftaa per l'OceanaGold, dobbiamo rispettarle. Esse vogliono fermare il degrado ambientale e salvaguardare la loro cultura e le aree agricole minacciate. Dovrebbero essere applaudite".

"I governi – prosegue Sabino – non dovrebbero agire contro la volontà delle persone, soprattutto quando sono coinvolti popoli indigeni. Può anche esser vero che alcuni hanno guadagnato milioni dalla miniera, ma il tempo ha dimostrato che la maggior parte di questi profitti è nelle tasche di investitori stranieri. Le persone non vogliono più la OceanaGold. Comprendiamo e supportiamo la loro decisione. Combattere le compagnie minerarie straniere è un'impresa gigantesca. Sappiamo che questa sarà una lotta. Tuttavia, quando le persone lavorano insieme come amministratori della creazione e sostenitori dei diritti umani, siamo fiduciosi. Crediamo che la chiusura della miniera sia possibile". (P.F.)

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