In carcere gli 80 anni di Aung San Suu Kyi. Il figlio: 'Resta un faro per il Myanmar'
Il 19 giugno la premio Nobel per la Pace e leader democratica birmana compirà 80 anni in prigione, dove si trova dal colpo di Stato militare del febbraio 2021. Nonostante il silenzio forzato, il figlio Kim Aris spiega ad AsiaNews come sua madre continui ad essere fonte di speranza per il suo popolo. Negli ultimi mesi ha organizzato iniziative di solidarietà per raccogliere fondi e mantenere viva l'attenzione sulla crisi.
Milano (AsiaNews) - La preghiera quotidiana di Kim Aris è per la pace: la guerra civile in Myanmar "potrebbe finire in un bagno di sangue, come sembra al momento. Oppure le persone possono iniziare a parlare. È questo che chiedo ogni giorno: che la violenza si fermi e inizi il dialogo. Ma affinché ciò accada, è necessario che l’esercito si ritiri e rilasci tutti i prigionieri politici, inclusa mia madre”.
Oltre quattro anni di detenzione non hanno spento la voce del premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, incarcerata durante il colpo di Stato militare del febbraio 2021 che ha poi dato inizio al conflitto civile. La sua lotta per la democrazia in Myanmar continua a vivere attraverso il figlio, Kim Aris, che in occasione dell’80° compleanno della madre, il 19 giugno, sta promuovendo una serie di iniziative di solidarietà per mantenere alta l’attenzione sulla guerra interna e raccogliere fondi per la resistenza.
Da poco è rientrato da un tour negli Stati Uniti, dove si è recato per ritirare il premio “Citizen of Burma Award” a nome della madre. Nonostante le turbolenze dell’attuale contesto statunitense, il tour è stato un successo in termini di solidarietà: “Sono riuscito a incontrare molte comunità birmane, raccogliendo oltre 400.000 dollari, che erano disperatamente necessari”. Una cifra resa ancora più urgente dal terremoto di magnitudo 7.7 che a fine marzo ha sconvolto il Paese, aggravando la crisi umanitaria: “Ovviamente, prima di partire, non avevo modo di sapere che il terremoto sarebbe successo mentre ero lì. Quindi la raccolta fondi e la sensibilizzazione sono diventate ancora più significative”.
“Stiamo facendo ruotare l’intera campagna sulla cifra 80”, spiega il figlio della leader democratica ad AsiaNews. Il cuore dell’iniziativa è una raccolta di auguri in formato video. Chiunque può registrare un messaggio di auguri per Aung San Suu Kyi e caricarlo online: “Vogliamo raggiungerne almeno 80.000 per il record mondiale. È un’opportunità per le persone di inviare il loro affetto dopo che la voce di mia madre è stata messa a tacere, per farle sapere che non è stata dimenticata”. Kim Aris spiega ancora: “Tutti gli auguri verranno conservati elettronicamente in modo da poterglieli mostrare quando sarà libera”. È possibile caricare un messaggio di auguri virtuali (senza alcun costo) attraverso questo link.
Ma Kim ha reso la questione anche una sfida personale: “Correrò 80 chilometri in otto giorni, 10 chilometri al giorno. Non ho mai fatto niente del genere prima. Ho iniziato il 12 e finirò il giorno del suo compleanno, il 19. È un tributo alla sua vita, alla sua forza paziente e al suo spirito indomito. Ed è un modo per rimanere uniti per la giustizia, la libertà e la speranza in Myanmar”. L’iniziativa è accompagnata da una raccolta fondi: si può donare sulla piattaforma GoFundMe per sostenere la resistenza birmana.
L’attivismo di Kim ha ispirato molte persone: “È incredibilmente commovente scoprire che ci sono centinaia di persone in tutto il mondo disposte ad attivarsi per mia madre”, commenta Kim Aris. E cita diversi esempi: “Una signora molto anziana ha detto che cercherà di fare almeno 80 passi al giorno. E c’è un giovane attore birmano che ho incontrato in America, che punterà a 100 flessioni per otto giorni. Centinaia di persone, di tutte le età, in tutto il mondo, hanno risposto ai miei post sui social media e hanno intrapreso la loro sfida personale, come completare 80 atti di gentilezza, amore o ricordo, donare 80 fiori, 80 pacchi alimentari, 80 libri per le scuole, o sfide di attività fisica”.
Seppur con modalità diverse, Kim Aris sembra aver perfettamente assunto il ruolo di erede di sua madre, diventando un punto di riferimento internazionale per la causa birmana. “Non mi considero un attivista politico perché mia madre non ha mai voluto il mio coinvolgimento in politica, e l’attivismo in qualche modo implica la politica. Però forse era una tecnica di psicologia inversa, non si sa mai con le madri”, riflette e ride Aris, che trova la spinta per andare avanti nel suo vissuto: “Tutto ciò che dico e faccio può essere interpretato come politico, ma in realtà è molto personale per me”. E aggiunge: “La politica ti lega le mani in molti modi. Non puoi fare molto quando diventi un politico. E cercare di ottenere risultati attraverso la politica è un processo molto lungo e arduo, come mia madre sa molto bene. A me piace vedere i risultati un po’ più velocemente”.
Mentre parla Kim Aris ci mostra una foto di sua madre che tiene dietro di sé e continua a parlare della spinta che lo motiva: “Mi sembra di non fare mai abbastanza. Dopotutto, non si può mai fare abbastanza quando la situazione è così terribile. No - ribadisce -, non sarà mai abbastanza”.
La giunta birmana, guidata dal generale Min Aung Hlaing, ha persino utilizzato il terremoto come un’arma contro la popolazione: “I militari tendono a usare qualsiasi disastro naturale come un modo per trasformare gli aiuti in un'arma contro le persone, il che significa che la situazione diventa più disperata ogni anno". La barbarie non si è mai fermata: "Non hanno smesso di bombardare la gente nemmeno dopo il terremoto. Hanno dichiarato un cessate il fuoco, ma l'hanno infranto il giorno stesso. E da quello che ho capito, non hanno fatto nulla per aiutare molte persone dopo il terremoto. Stavano sgomberando edifici con corpi ancora all'interno, senza che le persone potessero raccogliere i loro effetti personali o i loro morti. E l'imminente stagione dei monsoni aumenta il rischio di focolai di malattie e ostacola le operazioni di soccorso".
La crisi umanitaria assume ogni giorno proporzioni più grandi: “Almeno 40 milioni di persone - quasi i tre quarti della popolazione - vivono ora in povertà o in condizioni di estrema vulnerabilità economica. Ci sono 3,5 milioni di sfollati interni a causa del conflitto e dei disastri naturali. Il piano di risposta per il 2025 è finanziato solo al 7,8% e i tagli agli aiuti da parte dei governi internazionali hanno ulteriormente peggiorato la situazione”.
A spingere i birmani ad andare avanti è anche il ricordo ancora vivido e potente di Aung San Suu Kyi, a dispetto della sua detenzione. “Lei è la leader democraticamente eletta. E il popolo la sostiene ancora molto. Il fatto che così tante persone si siano presentate a questi eventi mentre ero in America ci mostra che lei ha ancora un enorme sostegno”, afferma Kim Aris, che non crede alla notizia secondo cui ad un certo punto sua madre sia stata spostata agli arresti domiciliari.
Il silenzio imposto dalla giunta è in realtà una delle maggiori preoccupazioni: “Non le permettono di comunicare con me. Ho inviato pacchi e lettere e non ho ricevuto alcuna risposta. L’ultima lettera che ho ricevuto risale a più di due anni fa. Ed è l'unica comunicazione che ho ricevuto da quando è stata incarcerata”. La Lady - com'era spesso chiamata - “ha problemi di salute continui ai denti, al cuore e soffre di osteoporosi. Sono estremamente preoccupato per questo. Nei prossimi giorni compirà 80 anni e non riceverà le cure mediche di cui ha bisogno. Le condizioni in quella prigione sono piuttosto orrende da quello che ho capito. Sean Turnell, che è stato suo consigliere economico, era nella stessa prigione e i suoi resoconti sulle condizionidi detenzione non erano una lettura piacevole”.
Nonostante tutto, Aung San Suu Kyi continua a essere un faro di speranza: “Non è stata dimenticata. Dalle mura della prigione, il suo incrollabile coraggio di fronte alle avversità è stato una fonte di forza per la nostra nazione, ispirando le comunità birmane in tutto il mondo, ricordando a tutti l'importanza critica della giustizia, della libertà e della dignità umana”. Kim Aris sottolinea un aspetto fondamentale del suo operato: “Durante i pochi anni di democrazia che ha portato al popolo della Birmania, ha compiuto ciò che considerava la sua massima priorità: che le persone capissero che hanno il potere di cambiare le cose anche da sole”.
Il riferimento è chiaramente alla situazione di isolamento internazionale in cui è stata abbandonata la popolazione birmana: “Credo che la resistenza prevarrà. Potrebbe volerci più tempo di quanto vogliamo e molte altre persone potrebbero morire lungo la strada perché non stiamo ricevendo alcun aiuto dal mondo esterno”, afferma. “Negli ultimi anni la resistenza ha detto che se avesse avuto il 2% di ciò che è stato dato all'Ucraina, avrebbe già vinto questa guerra. Un piccolo aiuto dalla comunità internazionale garantirebbe che la democrazia più giovane del mondo riprenda il suo cammino”.
“La democrazia vincerà”, ne è convinto Kim Aris, perché la determinazione del popolo birmano è incrollabile: “La gente sta combattendo per ciò in cui crede e non si fermerà. Questo è il punto. Non accetteranno mai più alcuna forma di governo militare in futuro”.
07/05/2021 14:20
31/08/2016 08:56