30/09/2020, 15.21
KUWAIT
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Kuwait, il nuovo emiro Sheikh Nawaf al-Ahmed al-Sabah giura in Parlamento

L’83enne nuovo leader succede all’anziano predecessore. Sheikh Sabah al-Ahmed al-Sabah, 91 anni, è scomparso ieri negli Stati Uniti dove si trovava da luglio per cure mediche. Considerato il “decano della diplomazia araba” ha saputo coltivare rapporti con Washington, Riyadh, Teheran e Doha. Un solco che verrà seguito anche dal nuovo leader, che chiude agli “Accordi di Abramo”.

Kuwait City (AsiaNews) -  Il nuovo emiro del Kuwait, l’83enne Sheikh Nawaf al-Ahmed al-Sabah ha prestato oggi giuramento davanti al Parlamento, mentre il Paese si appresta a vivere i 40 giorni di lutto nazionale per onorare la morte del predecessore Sheikh Sabah al-Ahmed al-Sabah. L’anziano emiro è scomparso ieri negli Stati Uniti, dove era ricoverato da qualche settimana per cure mediche, all’età di 91 anni. “La preziosa fiducia che il popolo del Kuwait ha riposto in noi - ha affermato il successore al termine della cerimonia - sarà preservata come la pupilla dei nostri occhi”.

Il cadavere dell’anziano leader, considerato come il grande architetto della politica estera del moderno Kuwait, dovrebbe arrivare nel Paese di origine in tarda serata. Egli si è spento in una struttura del Minnesota, dove era ricoverato da luglio per cure mediche specializzate. Secondo fonti del palazzo reale, ai funerali parteciperanno “solo i parenti prossimi dell’emiro” per evitare folle e assembramenti in piena pandemia da nuovo coronavirus.

Nato nel 1929, Sheikh Sabah al-Ahmed era pronipote del fondatore del Kuwait moderno, Mubarak al-Sabah, firmatario del “Trattato dell’amicizia” con la Gran Bretagna nel 1899 che aveva resto il Paese un protettorato. Nominato ministro degli Esteri nel 1963, due anni dopo il raggiungimento dell’indipendenza, egli ne ha guidato la politica per i successivi 50 anni salvo una breve pausa durante l’occupazione irakena al tempo della guerra. Nel 2006 l’ascesa all’emirato, dopo la morte di Sheik Jaber e la rinuncia del cugino Emir Sheikh Saad al-Abdullah dopo soli nove giorni. 

Analisti ed esperti lo hanno definito il “decano della diplomazia araba” per gli sforzi profusi nel cercare di riallacciare le relazioni fra gli Stati della regione, in seguito all’invasione delle truppe irakene e lo scoppio della prima Guerra del Golfo fra il 1990 e il 1991. Egli ha più volte mediato in prima persona nelle dispute sorte in questi anni, l’ultima delle quali ha visto coinvolte da un lato l’Arabia Saudita (e i suoi alleati) e dall’altro il Qatar, in uno scontro frontale politico (rapporti con Teheran) e religioso (supremazia nell’islam sunnita). Il Kuwait non è mai intervenuto in tutti questi anni di guerra in Siria, ospitando conferenze dei donatori e favorendo la diplomazia. 

Grande e diffuso il cordoglio dei leader arabi e internazionale, fra i quali il re Abdullah di Giordania il quale ha scritto “Oggi abbiamo perso un grande fratello e un leader saggio e amorevole... che non ha lesinato i propri sforzi per l’unità araba”. Sheikh Mohammed bin Zayed Al Nahyan, principe ereditario degli Emirati Arabi Uniti (e leader di fatto della nazione) ha sottolineato che il defunto emiro impersonava “la saggezza, la tolleranza e la pace ed era un grande pioniere della cooperazione nel Golfo”. Il segretario generale Onu Antonio Guterres ha definito il defunto “uno straordinario esempio di saggezza e generosità, un messaggero di pace, un costruttore di ponti”. 

A succedergli alla guida del Kuwait è Sheikh Nawaf al-Ahmed, dal 2006 principe ereditario e da tempo ai più alti livelli politici e istituzionali del Paese, avendo servito come ministro della Difesa nel 1990 all’epoca dell’attacco di Saddam Hussein. Nato nel 1937, egli dovrà affrontare non poche sfide per garantire un futuro di stabilità a una nazione di 4,8 milioni di abitanti, dei quali 3,4 sono lavoratori stranieri immigrati. La nazione, ricca di petrolio, è il sesto al mondo per riserve petrolifere ma come tutti i Paesi dell’area ha pagato a caro prezzo la crisi innescata dalla pandemia di Covid-19 e il crollo dei prezzi del greggio sul mercato mondiale. 

In tema di politica estera, egli non dovrebbe discostarsi dalla linea tracciata dal predecessore e che ha permesso di dialogare con le potenze regionali e internazionali, da Washington a Riyadh mantenendo ottimi rapporti anche con Teheran e Doha. Per quanto concerne gli “Accordi di Abramo”, la sensazione è che non verrà seguita la linea di Abu Dhabi e Manama anche per la forte ostilità della popolazione e la vicinanza, ancora attuale, con la causa palestinese e la creazione di uno Stato autonomo a fianco di Israele.

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