La Deposizione di Caravaggio all'Expo2025 di Osaka: 'Immagine di ogni uomo'
La direttrice dei Musei vaticani Barbara Jatta e il vescovo ausiliare di Tokyo mons. Andrea Lembo hanno presentato il significato del simbolo di speranza portato dal Vaticano all’esposizione universale in corso in Giappone. L'opera è esposta per sei mesi in uno spazio riservato del Padiglione Italia. “Caravaggio non ci chiede di credere. Ci chiede solo di guardare. E nel guardare di riconoscere che quel corpo potrebbe essere il nostro".
Roma (AsiaNews) - L’Expo 2025 di Osaka, che si è aperta il 13 aprile e si concluderà 13 ottobre, vede anche la presenza della Santa Sede, con il tema “La bellezza porta speranza”, ispirato al Giubileo. Segno tangibile della presenza del Vaticano è l’opera Deposizione di Cristo nel sepolcro (1603-1604, olio su tela) di Caravaggio, trasportata in Giappone ed esposta per tutti i mesi dell’esposizione universale. Si tratta di una delle grandi opere dell'arte europea del XVII secolo, frutto della maturità dell’artista italiano. Proveniente dalla Pinacoteca Vaticana, dove è usualmente ospitata, è stata trasportata in aereo. Si sono tenuti ieri una serie di interventi - cosiddetti Art Talk - in cui si è sottolineato il lungo percorso che ha condotto l’opera all’Expo, e la sinergia in questo contesto tra Roma e Santa Sede, in uno spazio riservato del Padiglione Italia.
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Ad aprire la riflessione sul capolavoro di Caravaggio è stato mons. Andrea Lembo, vescovo ausiliare di Tokyo, in Giappone da 16 anni. Il suo intervento ha avuto come titolo “La deposizione di Caravaggio: un dolore condiviso, una cura che salva”. “Vorrei guardare quest’opera con l’occhio di un giapponese, che entra nel padiglione vaticano e vede un’opera che praticamente è scevra di tutti quei segni religiosi che ha accompagnato dall’epoca delle icone fino all’epoca rinascimentale tutte le opere sacre”, ha affermato. “Immaginiamo per un momento di osservare la deposizione dalla croce di Caravaggio, senza sapere nulla di chi è l’uomo al centro della scena, né dei suoi compagni: niente Vangelo, nessun nome, nessuna dottrina. Davanti a noi c’è solo un corpo senza vita, e attorno figure sconvolte che si prendono cura di lui - ha continuato -. Nessuna glorificazione, nessuna aureola”.
“Solo umanità, carne, gravità, silenzio”. È ciò che emerge guardando quest’opera senza preconcetti, abbandonandosi ai suoi simboli universali, che rappresentano l’umanità. Infatti, dell’“uomo al centro”, Gesù, si può notare quanto “la sua carne non [sia] idealizzata: è pesante, piegata, vera”. Mons. Lembo ha quindi sottolineato e descritto i dettagli presenti sulla tela. A partire dalla presenza di altre persone, che lo sostengono, espressive ognuna a suo modo. Lembo ha anche evidenziato l’uso la presenza della luce, del buio e del senso di profondità, tipiche di Caravaggio. “Questo corpo deposto e amato non è una eccezione. È l’immagine di ogni uomo. Siamo tutti passati per il grembo di una madre, siamo tutti stati fasciati, nutriti, cullati - ha affermato l’arcivescovo -. E un giorno tutti saremo di nuovo nudi, fragili, incapaci di reggerci da soli. Ed è proprio lì, nei due estremi della vita, nascita e morte, che ci si accorge di cosa davvero salva: non la forza, non la fama, non il sapere, ma il prendersi cura”.
Ed è quindi la cura umana - espressione dell’umanità che non fa distinzioni di provenienza, cultura e religione - che tocca qualsiasi osservatore. “Chi nasce non può sopravvivere senza cure. Chi muore ha bisogno di mani che lo accompagnano. In entrambi i casi si è completamente nelle mani degli altri”. “Nessuno fugge”, ha aggiunto Lembo in riferimento alle persone che circondano il corpo deposto. Nessuna di esse allontana il dolore, che è sia “fisico”, sia “dell’anima”. “Caravaggio non ci chiede di credere. Ci chiede solo di guardare. E nel guardare di riconoscere che quel corpo potrebbe essere il nostro, e che quelle mani che lo sorreggono sono l’unica vera risposta al dolore del mondo - ha continuato mons. Lembo -. In un’epoca in cui si corre, si dimentica, si volta lo sguardo nell’indifferenza, la deposizione ci ricorda una verità semplice e profonda: nella fragilità dell’umano la cura diventa la forma più alta della speranza e dunque della bellezza”.
Dopo Lembo, ha preso la parola la dott.ssa Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani. “La deposizione di Caravaggio è un’opera che va guardata, va vissuta emotivamente da ognuno dei visitatori”, ha sottolineato. Ha spiegato che l’opera è giunta in Giappone “in un anno difficile”, ovvero quello del Giubileo. Il Caravaggio esposto a Osaka è infatti “una delle opere chiavi della Pinacoteca Vaticana, delle collezioni del papa”. E quindi non è stato semplice scegliere di trasferirla in un momento di grande afflusso di pellegrini e visitatori per Roma. La decisione è stata, infine, presa a seguito di un confronto collettivo a cui ha partecipato mons. Rino Fisichella, ma, soprattutto, papa Francesco. “È stata anche una sua diretta volontà che un’opera così importante, così chiave, per le nostre collezioni, fosse condivisa in un’Expo universale qui, così lontano dai nostri territori”, ha affermato Jatta. Si stima che l’80% dei visitatori dell’Expo nelle prime settimane siano giapponesi. Di essi, non tutti “avranno l’occasione di rivederla in Vaticano”, ha detto.
La direttrice Barbara Jatta ha quindi condiviso un excursus storico dell’opera. “È una riflessione sulla morte, sulla pietà e sella redenzione. E anche proprio sulla cura, sulla cura degli affetti, presa con una forza visiva senza precedenti”, ha affermato. Spiegando che nacque grazie a un committente privato, destinata alla Cappella Vittrice della chiesa di Santa Maria in Vallicella, Roma. Selezionata quindi dagli emissari di Napoleone Bonaparte, venne condotta al Louvre di Parigi dove ci rimase fino al 1816. Poi, dopo Waterloo, Antonio Canova la riportò in Italia a seguito di una missione diplomatica. Nello spazio preposto presso la chiesa di Santa Maria in Vallicella vi è ora una copia di Michail Köck.
Concludendo, Jatta ha sottolineato che le iniziali “perplessità per i sei mesi così lunghi dell’Expo” per l’assenza della Deposizione di Cristo nel sepolcro dalla Pinacoteca sono in seguito svanite. A contribuire è stata la consapevolezza che il gesto - quello di esporre la tela in Giappone - rientra nella missione dei Musei Vaticani. Ovvero quella di “preservare”, ma, soprattutto, di “condividere” lo straordinario patrimonio che ospita. “Non è nostro - ha affermato la direttrice -. Questo patrimonio che i pontefici hanno raccolto per secoli, hanno custodito per secoli”. Ai Musei Vaticano è quindi affidato ora il compito di “tramandarlo”, ha detto. “L’Expo di Osaka è un modo bellissimo per condividerlo”.
19/03/2019 12:12
29/03/2018 12:50