23/04/2022, 09.00
MONDO RUSSO
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La Pasqua ortodossa, morte e rinascita dei popoli

di Stefano Caprio

In Russia e in Ucraina strumentalizzati anche i riti e le tradizioni della Settimana Santa. Il papa e il patriarca di Mosca hanno dovuto annullare l’incontro previsto a Gerusalemme a metà giugno, in “attesa di tempi migliori”. La speranza controcorrente del metropolita Onufryj: "Anche oggi il mondo vive grazie ai giusti che hanno fatto spazio al Signore risorto nel proprio cuore, rendendoli forti e capaci di amare il mondo intero”.

Milano (AsiaNews) - Il mistero pasquale nasce come liberazione del popolo eletto dalla schiavitù egiziana, e proclama infine la vittoria sulla morte e su tutti gli assalti del Maligno. Mai come quest’anno in Russia e Ucraina la Pasqua segna il confine tra due realtà contrapposte, il mar Rosso da superare con il miracolo dell’assistenza divina, che faccia poi annegare le armate del Faraone con i suoi carri e i suoi cavalieri. Pasqua è passaggio, Ucraina è confine, la guerra è il dominio del Male: nel dramma dei massacri e della barbarie, la Discesa agli Inferi del Risorto è l’icona che s’innalza sul campo della vita, prima ancora dei muri della chiesa.

I fedeli dell’Ucraina sono stati invitati dal metropolita autocefalo Epifanyj di Kiev a rimanere a casa, per evitare assembramenti notturni nelle chiese che possano fornire ai nemici occupanti e invasori l’occasione per compiere ulteriori stragi, proprio accanto al Santo Sepolcro liturgico. Dal patriarcato di Mosca giunge invece l’ammonimento a non usare le feste pasquali per “organizzare provocazioni” da parte degli ucraini, maledetti da Mosca come strumenti del diavolo, che si fanno uccidere per incolpare i liberatori russi.

Era dai tempi sovietici che non si viveva in questi territori un tale clima di terrore e strumentalizzazione delle celebrazioni liturgiche. La Pasqua di Kiev e di Mosca ai tempi di Stalin e di Brežnev veniva celebrata nelle pochissime chiese aperte, circondate da cordoni di poliziotti, col rischio di essere arrestati e privati di ogni diritto. Nei campi di concentramento i sacerdoti raccoglievano uvetta e briciole di pane per celebrare l’Eucarestia dei martiri, che spesso donavano veramente la vita per testimoniare la fede.

A fronte della persecuzione dei credenti, il potere sovietico organizzava grandi manifestazioni pubbliche per sostituire la religione con l’ideologia, i simboli sacri con i proclami della Vittoria, del Lavoro socialista e della Rivoluzione. Oggi, a fronte della Pasqua semiclandestina degli ucraini asserragliati nei rifugi e attaccati da missili e bombe sempre più devastanti, fa impressione la pomposa decorazione pasquale di Mosca e delle città russe, dove sono stati disposti archi trionfali di fiori, composizioni con le uova pasquali decorate con la lettera Z, la svastica ideologica della guerra santa che inaugura la nuova religione del Mondo Russo, considerata eretica da molti ortodossi negli altri Paesi.

I portavoce patriarcali hanno timidamente commentato che “non servono altri simboli accanto a quelli tradizionalmente ortodossi, che sono immutabili da sempre”, e quindi non è opportuno mettere la Z sulle uova e sui dolci pasquali da benedire in chiesa, o addirittura sulle cupole dorate delle chiese, come già si è verificato in alcuni casi. Allo stesso tempo, come ha affermato il funzionario ecclesiastico moscovita Vakhtang Kipšidze, “al di fuori delle celebrazioni è buona cosa sostenere le iniziative popolari di sostegno alla patria, anche in passato si cuocevano i pani secondo forme opportune agli eventi che si dovevano affrontare”, quindi si può ammettere anche la Z-Pasqua e la Z-Ortodossia.

Lo stesso patriarca Kirill, aprendo le funzioni del Triduo Pasquale con la consacrazione del Crisma, il sacro Miron dai mille profumi, ha invitato i presenti “in questi tempi di sofferenze a pregare per il dono dello Spirito di cui abbiamo specialmente bisogno, che il Signore illumini le menti di chi ci guida, sostenga le forze spirituali e fisiche di tutto il nostro popolo, per ottenere la Sua grazia e la Sua misericordia”. Il patriarca ha invitato a scegliere tra la donna che versa il profumo sul capo del Cristo, donando se stessa, e il perfido Giuda che vorrebbe usare il denaro per i suoi progetti e il suo profitto, tra la fede e l’ideologia.

In questi proclami e in questi paradossi si mette alla prova l’autenticità del sentimento religioso, la fedeltà all’autentica tradizione, la commistione della fede con la politica e le pretese di dominio terreno, come non si provava ormai da secoli. Occidente e Oriente, Cattolicesimo e Ortodossia, imperatori e patriarchi, tutto questo assume oggi nuove prospettive e nuove definizioni, che fanno capire come l’illusione umana di aver instaurato il dominio della Ragione sulla Religione non ha modificato le debolezze della natura umana, il peccato originale dell’orgoglio e della divinizzazione di se stessi, della propria forza e della propria idea.

Senza la fede, l’uomo cade facilmente nella perdita della ragione: decenni di propaganda dell’ateismo hanno prodotto in Russia una confusione delle menti tale da offuscare le persone, a cominciare da Putin e da Kirill, al punto da usare la religione con una violenza che neppure l’ideologia antireligiosa riusciva a esprimere. Il comunismo sovietico odiava l’America e l’Occidente perché metteva l’individuo al di sopra del collettivo, la libertà personale prima dell’unione sociale, la religione putiniana fa la guerra all’Occidente perché corrompe gli animi dei russi, impedisce di riconoscere la superiorità morale di un popolo su tutti gli altri. Se Stalin era il “padre dei popoli” e si faceva incensare dai preti, Putin vuole essere riconosciuto come il nuovo “verbo incarnato”, rappresentante del popolo che ha la missione di salvare tutti, capo della chiesa della nuova Apocalisse; il Cremlino ha già comunicato che “il presidente sarà presente in chiesa alle funzioni pasquali, come per lui è tradizione”.

Oggi la Pasqua è l’unica possibile contestazione delle pretese dei potenti, attraverso “la Croce, nostra unica speranza”, come ha ricordato la scorsa settimana l’arcivescovo cattolico a Mosca, mons. Paolo Pezzi. Il patriarca Kirill ha voluto congratularsi con i capi delle “Chiese eterodosse”: il papa Francesco, il katholikos armeno Karekin II, l’altro katholikos di Cilicia Aram I, il metropolita della Chiesa malankarese dell’India Mar Thoma Matheus III, il patriarca della Chiesa Assira Mara Awa III e il patriarca dei maroniti, il cardinale Beshara Boutrous Rai. A tutti questi leader, Kirill di Mosca ricorda che “la vittoriosa risurrezione dai morti del Signore Gesù ha distrutto nei secoli le catene del peccato e della morte, perché noi anche noi possiamo camminare in una vita nuova (Rm 6,4), in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio (1Pt 1,21)”. Il patriarca russo desidera condividere questa “immensa gioia spirituale con i vicini e i lontani” nell’annuncio della Risurrezione al mondo intero. Nonostante questo desiderio, il papa e il patriarca di Mosca hanno dovuto annullare l’incontro previsto a Gerusalemme a metà giugno, in “attesa di tempi migliori”.

Alla Croce stessa il patriarca si è inchinato insieme al popolo, celebrando la funzione mattutina del Venerdì Santo, la “liturgia dei dodici Vangeli” secondo il rito bizantino. Dopo il quinto Vangelo, che introduce i testi propri della Passione, Kirill ha intonato l’antifona “Oggi è appeso all’albero”, portando fuori dall’altare e dall’iconostasi la croce con l’immagine del Crocifisso, prima della proclamazione dei sette Vangeli delle sofferenze del Salvatore. Si attende nella notte di Veglia del Sabato Santo l’arrivo da Gerusalemme del “fuoco santo” del Sepolcro del Signore, un miracolo esclusivamente ortodosso in cui le fiamme si accendono senza intervento umano, per essere immediatamente diffuse in tutte le chiese ortodosse del patriarcato di Mosca, in Russia e altrove.

Si confida nella tregua pasquale invocata da tanti credenti e non, per sostituire in questa notte santa gli scoppi degli ordigni mortali con il fuoco della nuova vita donata da Cristo. La terribile guerra volge verso la fine, sperando che non sia una totale distruzione e una negazione del futuro della martoriata Ucraina, il “genocidio pasquale” come viene chiamato su alcuni media, perché significherebbe anche il rinnegamento della Russia come luogo della fraternità universale dei cristiani. Tra l’altro, negli ultimi giorni in Russia è stato dato fuoco a diverse caserme e distretti militari, per protestare anonimamente contro la follia della guerra ed evitare di mandare i propri figli a morire.

I profughi ucraini sono dispersi sia da una parte che dall’altra del conflitto, e anche la Russia ne accoglie a migliaia, soprattutto dal Donbass tanto conteso. Essi non cercano soddisfazione nelle vittorie militari, non hanno interesse al dominio di una parte politica o ecclesiastica, hanno bisogno soltanto di poter sperare nel futuro, e di poter tornare alle loro case distrutte. I popoli hanno bisogno della Chiesa e delle Chiese, siano esse macchiate di scisma o di eresia, ma tutte rivolte all’unica speranza del ritorno di Cristo dagli Inferi, per annunciare una vita nuova.

Il metropolita degli ortodossi ucraini di giurisdizione moscovita Onufryj (Berezovskij) ha inviato ai fedeli un messaggio di speranza, secondo cui “quest’anno il Signore viene a visitarci in mezzo alle prove e alle sofferenze, ma noi non ci lamentiamo e non mormoriamo contro di Lui, perché Cristo Salvatore ha vinto il male con la Sua Risurrezione: ogni uomo ha ricevuto la chiave per aprire la porta del Paradiso… Anche oggi nel mondo ci sono tanti Angeli terrestri, dei forti combattenti dello Spirito, che con la fede vincono il male e grazie ai quali il Signore ha misericordia di noi peccatori. Spesso essi sono accanto a noi, ma noi non li guardiamo, pensiamo che il mondo viva di interessi economici, politici, militari, scientifici o altro, mentre il mondo vive grazie ai giusti che hanno fatto spazio al Signore risorto nel proprio cuore, rendendoli forti e capaci di amare il mondo intero”.

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