06/04/2022, 09.57
LIBANO - VATICANO
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La crisi libanese alimenta la fuga di ‘cervelli e intere famiglie’

di Fady Noun

Il Paese dei cedri sta perdendo il proprio capitale umano. Privati del futuro, giovani e coppie preferiscono espatriare da una realtà alla deriva. Nel biennio 2020-21 registrate circa 10mila partenze definitive al mese. Un esodo che svuota diversi settori, a partire dalla sanità. Enorme “sconforto” di fronte a un panorama “incerto”. “Allo studio” il viaggio del papa in Libano: possibile incontro con Kirill?

Beirut (AsiaNews) - Una “ipotesi allo studio”. Così Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa vaticana, ha risposto ieri pomeriggio a quanti gli hanno chiesto del viaggio - a lungo ventilato - di papa Francesco in Libano. Qualche ora prima il presidente libanese a fine mandato, Michel Aoun, aveva dato per certo il viaggio, affermando in un messaggio sui social che l’arrivo è previsto per giugno. Secondo alcuni media libanesi attorno al 12 del mese. Immediata la precisazione degli organi di informazione della Santa Sede, secondo cui il viaggio è “allo studio” ma non vi sono ancora date certe. Fra gli elementi che potrebbero mantenere in sospeso l’ufficializzazione della data, le trattative in corso fra Vaticano e patriarcato di Mosca per un nuovo incontro fra Francesco e Kirill. Il primo, storico si è tenuto a Cuba il 12 febbraio 2016. Esclusa la sede moscovita del patriarcato per molteplici motivi, primo dei quali l’invasione russa dell’Ucraina - attorno alla quale la diplomazia vaticana è particolarmente attiva nel ruolo di mediatore - un terreno neutro e possibile potrebbe essere proprio quello libanese. Una ipotesi, che renderebbe plausibili le persistenti incertezze sulla data della visita.
Intanto nel Paese dei cedri non si ferma la drammatica crisi economica, istituzionale e sociale che colpisce una fetta sempre più consistente della popolazione. E che spinge molti, singoli e famiglie, verso l’esodo come emerge da questa testimonianza. 

In mancanza di soluzioni alla crisi a più livelli e settori che lo ha colpito, prosegue e anzi sembra aumentare lo stravolgimento demografico del Libano, un evento non certo recente, a discapito di settori essenziali che un tempo lo rendevano celebre. Primo fra tutti, quello della sanità. Opinione sempre più comune è che il Paese continui a perdere in modo massiccio il proprio capitale umano, un cambiamento che ha preso il via negli anni della guerra e che il silenzio delle armi e dei cannoni non sembra aver ridimensionato.

“Restare in Libano? Meglio i mosconi! Questo è quello che pensa la gran parte dei giovani in merito al proprio Paese” assicura Suzanne Menhem, una laurea all’università di Poitiers-Migrinter, oggi docente e ricercatrice presso l’Istituto di scienze sociali dell’Università libanese. A breve la studiosa dovrebbe pubblicare i risultati di una ricerca sulle intenzioni dei giovani libanesi di fronte alla scelta dell’emigrazione. E per migliaia di essi, privati del futuro, pieni di incertezze, siano essi giovani adulti o coppie, si profila un fenomeno nuovo all’orizzonte, come conferma Menhem: vi sono “famiglie intere” che stanno fuggendo da un Paese alla deriva. 

Nel biennio 2020-21 si sono registrate in media fra 8 e 10mila “partenze definitive” al mese, ha spiegato il giornalista Jean Aziz durante una recente conferenza all’università dello Spirito Santo a Kaslik. Questa stima si basa sul movimento dei viaggiatori all’aeroporto di Beirut, secondo le relazioni prodotte regolarmente dalla sicurezza generale della Direzione dell’ufficio di statistica. Queste cifre sono ottenute sottraendo i ritorni, dal numero complessivo di partenze dei viaggiatori libanesi. E sono rivelatrici di una tendenza, sebbene possano includere un certo margine di errore come sottolinea Suzanne Menhem.

Preoccupante fuga di cervelli

Boutros Labaky*, ex alto funzionario del ministero della Pianificazione, professore e ricercatore presso l’Università libanese, a lungo vice presidente del Consiglio per lo sviluppo e la ricostruzione, ha svolto di recente uno studio sulla questione. E in base ai risultati afferma che indipendentemente dal movimento di emigrazione avvenuto durante la guerra, l’ondata di partenze “più catastrofica” ha avuto luogo negli anni ‘90 del secolo scorso. Secondo questa voce critica delle politiche degli Hariri [ex primo ministro libanese], la causa principale di questa emorragia è stata la politica di aumento dei tassi di interesse bancari, che ha bloccato la crescita economica.

Tuttavia, per l’economista è il fenomeno definito come “esodo dei cervelli”, ovvero il flusso migratorio di scienziati, ricercatori o, più in generale, di persone con alti livelli di qualifica, che sembra essere l’elemento più preoccupante. Tutte le professioni liberali, così come i settori dell’insegnamento e quelli bancari, sottolinea Labaky, sono colpiti da queste partenze massicce. Citando i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), egli specifica che dal 2009 il 40% dei medici ha lasciato il Libano. Questa percentuale è del 30% per i paramedici. Nel 2021, il numero dei medici in partenza è salito a 1.500, rispetto ai 100 medici all’anno del passato. Secondo il registro dell’Ordine, il numero complessivo di medici oggi è di 15mila. 

Confermando il bilancio, il presidente dell’ordine dei medici Charaf Abou Charaf traccia un quadro ancora più drammatico, confidando che “ogni due settimane, una quarantina di nuovi praticanti prestano giuramento... e quasi tutti se ne vanno”. 

“Questo è il dato più spaventoso” commenta il dottor Abou Charaf. Incapaci di decollare nella loro professione, per garantire la sussistenza minima, circa 800 nuovi medici avranno lasciato il Paese entro la fine di quest’anno, i quali rappresentano il serbatoio dal quale attingere per il futuro. “E questo è un disastro. Bisogna fermare questa emorragia il prima possibile!”. E il presidente dell’ordine ha aggiunto che tra 100 e 150 dei grandi specialisti negli ospedali universitari (Chu), gli stessi che hanno saputo formare nel tempo la reputazione del Libano come “ospedale del Medio oriente”, hanno lasciato il Paese negli ultimi anni. 

Il 67% dei giovani verso l’esodo

Da parte sua, basandosi sui risultati di uno studio effettuato nel 2021 su 1023 giovani in maggioranza cristiani, focalizzato sull’impatto delle molteplici crisi in Libano e la decisione di migrare, Menhem afferma che “il 75% dei giovani interrogati voleva lasciare il Paese, alcuni di loro in compagnia, e di questi almeno il 67,5% lo avrebbe fatto in modo definitivo”.

Menhem prende atto anche del “nuovo fenomeno della migrazione di intere famiglie” e rivela che i giovani hanno iniziato a tentare domande di fortuna nelle università per aumentare le possibilità di ottenere un visto di espatrio. Pur affermando che non tutti i candidati alla partenza saranno in grado di realizzare i loro progetti, a causa di diversi fattori, tra cui la crisi bancaria, l’esperta assicura tuttavia che a questa perdita di capitale umano è difficile porvi rimedio. Fra le conseguenze di questo esodo si prevede un invecchiamento della popolazione, una diminuzione nell’offerta di occupazione e della produttività, un calo della fertilità e della diversità sociale. Infine, la studiosa esprime rammarico a causa del fatto che questo crollo avviene in assenza di una qualsiasi politica statale pensata e rivolta al mondo dei giovani, che si trovano in preda “a un enorme sconforto, davanti a un panorama così incerto”. 

*Boutros Labaky, “L’émigration des Libanais : 1850-2018, itinéraires d’une mondialisation précoce”, edizioni Saër el-Machrek. Il libro riunisce studi pubblicati su “Le Commerce du Levant”. 

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