06/12/2021, 13.51
MYANMAR
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La sindacalista Khaing Zar Aung: 'La giunta militare birmana può cadere in un anno'

di Alessandra De Poli

A 16 anni in Myanmar ha cominciato a lavorare in una fabbrica in cui cuciva abiti per i grandi marchi internazionali. Nel 2015 si è battuta per un salario minimo, 5 volte quello pagato fino a quel momento. Vive in esilio in Germania ma Khaing Zar Aung continua a combattere per la democrazia e i diritti dei lavoratori. Domani sarà a Roma per un incontro con i sindacati italiani.

Berlino (AsiaNews) - “Non è lavoro, è schiavitù”, asserisce Khaing Zar Aung parlando delle condizioni dei lavoratori in Myanmar. Sindacalista, 37 anni, ha cominciato a lavorare in una fabbrica di abbigliamento quando ne aveva 16 per sostenere la sua famiglia. “Dopo il colpo di Stato tutti i nostri progressi sono stati cancellati, siamo tornati alle condizioni di lavoro del 2000”. Vent’anni fa non c’erano sindacati e l’ex Birmania era una dittatura militare, ancora lontana dalle elezioni del 2010 che avrebbero, almeno per un po’, dato inizio a un percorso verso la democrazia e un governo civile. “Mi alzavo alle 6.15 per essere in fabbrica alle 7.30”, racconta ad AsiaNews. “Lavoravo senza sosta fino alle 10 di sera, 7 giorni su 7. Avevamo un giorno al mese di pausa, forse, dopo aver ricevuto la paga”, che, aggiunge, ammontava a “circa 10 dollari al mese”. Cuciva gli abiti per i grandi marchi internazionali di abbigliamento e dopo aver finito le superiori si è iscritta all’università, dove ha studiato economia, ma non ha mai smesso di lavorare. 

Originaria di  Kyauktan, una cittadina poco più a sud di Yangon, ora è presidente della Federazione dei lavoratori industriali del Myanmar (Iwfm) e fa parte del comitato esecutivo della Confederazione sindacale del Myanmar (Ctum). Domani alle 17 sarà a Roma in Campidoglio per un incontro con le autorità e i sindacati italiani organizzato dall’associazione Italia Birmania Insieme. Risiede in Germania, dove si era trasferita per frequentare un master in Politiche del lavoro e globalizzazione. “Ma non posso studiare, anche da qui devo combattere per il mio Paese”, dice. Su di lei pende un mandato di cattura della giunta militare che il primo febbraio di quest’anno ha deposto il governo civile guidato da Aung San Suu Kyi, proprio oggi condannata a 4 anni di carcere nel primo verdetto sulle sue 11 incriminazioni.

Dopo essersi laureata, Khaing Zar Aung ha trovato impiego nelle ferrovie dello Stato, dove sperava che le condizioni di lavoro sarebbero state migliori: “Volevo salire di grado ma era possibile solo attraverso la corruzione”. Amareggiata, se n’è andata in Thailandia, dove, per fare lo stesso lavoro che faceva in Myanmar, guadagnava molto di più. “Lavoravo dalle 8 alle 17 e prendevo tra i 150 e i 180 dollari al mese. Com’era possibile che lo stipendio fosse così diverso? Quello che avevo fatto era semplicemente aver attraversato il fiume che separa i due Paesi”. È qui che avviene il suo incontro con i sindacati: trascinata da un’amica, comincia a seguire corsi sui diritti dei lavoratori tenuti dalla Federation of Trade Unions of Burma, che le hanno spiegato come fosse il regime militare del Myanmar a tenere la popolazione in condizione di povertà. 

Per la sua attività sindacale viene incarcerata due volte, poi nel 2012 le viene concesso, insieme agli altri lavoratori migranti e sindacalisti, di tornare in Myanmar “ma solo come individui, non come organizzazione”. Quella ci ha pensato lei a fondarla, ed è così che è nato il Ctum. “Il nostro obiettivo era ottenere un salario minimo per i lavoratori, anche se a causa dell’inflazione il valore reale era ancora molto basso. Nel 2015 siamo riusciti a ottenere uno stipendio di 3 dollari al giorno con un giorno di riposo a settimana, cioè 5 volte in più del salario base pagato fino a quel momento”. 

L’ascesa della giunta golpista ha poi cancellato tutti i progressi. “Quelli che hanno ancora un lavoro vengono pagati meno di 2 dollari al giorno, non hanno giorni di pausa e nessun tipo di protezione sociale, anche se in teoria la pagano. Quasi 400mila persone che lavoravano nel settore dell’abbigliamento hanno perso il lavoro, un milione nel campo delle costruzioni, per non parlare del turismo e di tutti i settori collegati - prosegue la sindacalista in maniera concitata-. Ieri c’è stato uno sciopero pacifico e la giunta ha ucciso 5 persone senza motivo. Non è una violazione dei diritti dei lavoratori, è una violazione dei diritti umani”. 

Eppure, per quanto riguarda il futuro, Khaing Zar è speranzosa. “In un anno possiamo far cadere la giunta”, afferma con convinzione. Khaing Zar sta infatti lavorando per impedire che le imprese internazionali continuino a fare affari in Myanmar e sta chiedendo all’Unione europea di implementare sanzioni per fermare il flusso di contanti nelle casse dell’esercito. “Nel Paese la gente ha smesso di pagare le tasse. Le aziende che vogliono continuare a lavorare in Myanmar devono condividere i profitti con i militari, ma in questo modo sostengono il mantenimento della dittatura e della repressione”. Ma non teme che le sanzioni possano peggiorare le condizioni dei lavoratori? “Peggio di così al momento non può andare per la popolazione birmana”, risponde Khaing Zar. “L’unico modo per riportare la democrazia in Myanmar è sostenere il Governo di unità nazionale civile in esilio, collaborare con il movimento di disobbedienza civile che combatte all’interno del Paese e aumentare la pressione internazionale sull’esercito”.

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