26/05/2015, 00.00
INDIA
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La storia di Bosco: Sono uscito dall’alcolismo grazie all’amore di Maria

di Bosco Pereira
Figlio di bravi genitori cattolici, ha iniziato a bere a 17 anni. L’alcol gli ha portato via famiglia, lavoro, amici, una ragazza. Fino all’incontro con fratel Cyril, che nella basilica di Nostra Signora del Monte (Bandra) dirigeva il centro di recupero “Clan di Maria”. Oggi Bosco è sposato, ha due figli e ha raccolto la guida del centro. “Dio non sempre ti promette le cose che hai perduto, ma di certo ti promette cose nuove e belle”.

Mumbai (AsiaNews) – Sono entrato nel Clan di Maria la sera del 19 giugno 1987. È stato l’ultimo giorno in cui ho consumato dell’alcol. Sono sobrio dal 20 giugno 1987, un giorno alla volta, da qualunque tipo di dipendenza. Il dono della sobrietà è arrivato attraverso il mantello d’amore e di protezione di Maria.

L’alcol mi ha messo su una strada di distruzione e miseria. Ho iniziato a bere quando avevo appena 17 anni, subito dopo il diploma liceale, nel 1977. In breve tempo sono passato dal bere solo la notte, alla sera, al pomeriggio… fino a essere sempre ubriaco: mattina, pomeriggio e sera. Avevo oltrepassato quella linea invisibile che separa il bere in modo sicuro dall’essere un alcolista.

Sono stato cresciuto da genitori meravigliosi, amorevoli, due devoti cattolici: Alec e Josephine Pereira. Mio padre era un bravissimo musicista – suonava il sassofono, il clarinetto e il violino – e mi ha insegnato il violino quando ero piccolo.

Nel 1980, durante una celebrazione di famiglia a casa di parenti, osservando quanto bevevo mia zia, con gentilezza, mi ha ripreso: “Quanto stai bevendo?”. Ero indignato che pensasse che avevo problemi con l’alcol, e mi chiedevo perché dovesse interessarle; sentivo che potevo gestire la situazione, che era qualcosa che potevo controllare.

Con assoluta arroganza e rabbia, ho messo il bicchiere da una parte e ho smesso seduta stante di bere. Non so come mai, ma la collera rimase per molti mesi e così smisi del tutto per un anno intero. In quel periodo mi sono unito al coro, suonando il violino per la messa delle 6 del mattino alla chiesa Gloria, a Byculla. Nello stesso anno, ho incontrato e mi sono innamorato di una ragazza proveniente da una famiglia molto rispettosa di Dio. Abbiamo iniziato a frequentarci ed ero felice di avere una relazione pulita e sobria.

Nel 1981, in preparazione per la festa del quartiere per il Capodanno, un amico mi chiede di accompagnarlo a prendere alcune cose per i festeggiamenti; lungo la strada, propone di prenderci una birra. Pur essendo ancora mattina, siamo entrati in un bar e abbiamo ordinato da bere: così è iniziata la mia spirale discensiva nell’alcolismo, il circolo vizioso era iniziato di nuovo.

Bere ha avuto conseguenze devastanti su tutti i miei rapporti: con la mia famiglia, con la mia ragazza, con la sua famiglia. Ricordo che molte volte, persino quando avevamo un appuntamento, con straordinaria arguzia la portavo in ristoranti dove servivano alcolici… E nonostante le sue proteste, ordinavo birra. Più tardi, dopo averla riaccompagnata a casa, andavo nel bar più vicino e continuavo a bere fino a sbronzarmi. Questo schema è andato avanti a lungo, bevevo tutti i giorni, e sempre più spesso non mi presentavo al lavoro.

Sono stato sanzionato tre volte prima di essere licenziato per il mio continuo assenteismo. Questo però non mi ha fermato, perché ero giovane e mi dicevo che “non ci sono problemi, posso trovare un lavoro ovunque!”.

L’alcol aveva preso pieno controllo della mia vita, ne ero diventato schiavo. Cercavo lavoro solo per comprare da bere e usavo lo stipendio per gozzovigliare fino a tardi. Poi continuavo anche la mattina (a causa dei postumi) e per tutto il pomeriggio. Non c’era differenza tra giorno e notte, ogni momento era buono per ubriacarmi.

Intanto, tutti i miei rapporti saltavano e la colpa era solo mia. Ogni cosa era un incubo. Avevo perso tutto: il mio lavoro, le mie relazioni, i miei amici. Ero povero.

Ricordo di aver persino rubato e impegnato i sari di mia madre per pagarmi da bere. Quando lo ha scoperto, la mia povera mamma ha pianto molto. Per lei erano preziosi. Ho distrutto lei e mio padre, che riponevano grandi speranze in me.

Ho raggiunto un tale punto di disperazione che, quando ero solo, piangevo. Le contraddizioni nella mia vita erano evidenti, mi chiedevo come ero finito in quel terribile disastro, del tutto abbandonato a me stesso, spaventato. Volevo fermarmi, ma non ci riuscivo.

Tante volte ho cercato di stare lontano dall’alcol, di smettere di bere. Ogni tentativo era un fallimento, non resistevo per più di un giorno, e diventavo sempre più frustrato. Stavo scivolando lungo un pendio scosceso senza una soluzione. Una paura mi attanagliava, di morire nella vergogna, senza speranza, distrutto e malconcio. Avevo questo irresistibile, incontrollabile ed insano bisogno di alcol, persino di fronte a conseguenze negative e fatali. Il mio sconcertante comportamento autodistruttivo era difficile da comprendere ed ero ormai vicino alla pazzia.

Spesso, nel mio dolore, pregavo il Signore di aiutarmi a smettere di bere. Anche se ero sbronzo gli chiedevo aiuto, solo che non sapevo come fare. Sentivo che anche lui non aveva risposte e non sapeva come soccorrermi.

Nel giugno 1987, in un bar, ho sentito parlare del Clan di Maria a Bandra e ho deciso di cercare questo rifugio. Sono arrivato alla basilica di Nostra Signora del Monte intorno alle 18 e lì ho incontrato alcuni ragazzi, che sembravano si stessero riprendendo da problemi di alcolismo. Fratel Cyril D’Souza, il fondatore del centro, mi ha chiesto quale fosse il mio problema. Gli ho detto che volevo smettere di bere e così è iniziato il mio cammino nel Clan di Maria: il mio viaggio lungo la strada per la sobrietà.

Ero andato alla riunione con indosso i miei jeans vecchi e sporchi, una maglietta e delle infradito, con solo due rupie in tasca. Era tutto ciò che possedevo. Ora però ero nel Clan di Maria, una casa e un centro di riabilitazione per alcolisti. Una casa della Madre di Gesù, la nostra stessa madre!

All’inizio mi dissero di sedermi in silenzio, di imparare ad ascoltare e di ascoltare per imparare. Non capivo niente, ma l’unica grazia che avevo era il mio desiderio di smettere di bere. Attraverso la Madre Maria, mi disse fratel Cyril, Dio mi aveva donato la grazia di ascoltare e obbedire a ogni cosa (questa consapevolezza l’ho avuta molti anni dopo, non allora). All’inizio, quando arriviamo al Clan di Maria, siamo confusi, non sappiamo cosa sta accadendo e cosa fare. Ma a mano a mano, mentre la nebbia si dirada, le cose iniziano a migliorare.

Il Clan di Maria di fonda su tre pilastri: la recita – tre volte al giorno – del Santo Rosario (8; 12; 20.30). Il centro si trova all’ombra della basilica, dove la Madre Maria ci protegge con il suo mantello, dandoci rifugio e consolazione, speranza e sicurezza dalla morsa del vizio dell’alcol.

Qui ho scoperto lo stile di vita di un alcolista anonimo (AA), una vita di spiritualità, e ho incorporato questo principio nella mia esistenza. Mi dissero di concentrarmi sulla comprensione di questo malessere e sulla mia ripresa. Di evitare complicazioni. Io ascoltavo con obbedienza, perché Maria me ne aveva fatto dono.

Tre mesi più tardi sono tornato a casa per riconciliarmi con mia mamma. Quando mi ha visto è scoppiata a piangere e mi ha letteralmente pregato di tornare a casa. Tuttavia, poiché la strada per la sobrietà è lunga, dopo essermi riappacificato con lei sono tornato al centro.

Fratel Cyril mi diceva sempre: “Non preoccuparti per il lavoro o per qualunque altra cosa. Sii solo onesto con te stesso e segui il programma e, con semplicità, Dio invierà ogni cosa ai tuoi piedi”. Ho seguito il suo consiglio e non mi sono affrettato. Oggi so che quello che Cyril voleva dire è che Dio, che è così amorevole e umile, non ci avrebbe mai permesso di faticare e ci avrebbe donato ogni cosa, in cambio di un briciolo di onestà. L’obbedienza era la chiave per andare avanti.

Nel marzo 1988 un benefattore del Clan di Maria mi ha offerto una lavoro a Mumbai. Era la prova di quello che Cyril mi aveva detto. È stato il primo lavoro giuntomi attraverso il centro e ancora oggi sono impiegato lì. Due mesi dopo, a maggio, ho partecipato alla mia prima devozione mariana. Per tutto il mese fratel Cyril conduceva il ritiro, che era la nostra devozione a Maria. Tornavo di corsa dal lavoro per essere certo di partecipare alla recita del rosario alle 20.30.

Non ho più avuto l’ossessione o il desiderio di bere. Ho compreso che potevo fare cose migliori da sobrio. Fratel Cyril si dedicava anima e corpo agli alcolisti e vedevo come, ogni volta, egli perdonava quelli che ricominciavano a bere e poi tornavano per avere un’altra possibilità. Egli praticava il principio di perdonare “fino a 70 volte sette” (Mt 18,22). Oggi, come direttore del Clan di Maria, anche io seguo questo principio di misericordia.

Nel 1989 Cyril mi ha consigliato di comprare casa, e mi ha assistito nel chiedere un prestito bancario. Ho continuato a vivere nel centro fino al 1992 ed ero molto coinvolto in tutte le attività. Quell’anno, attraverso il Clan di Maria, ho conosciuto una ragazza di nome Anita. Qualche mese più tardi ho conosciuto i suoi genitori al Prathnalaya (“Casa della preghiera”) delle Pie discepole del Divino Maestro (Pddm). Ci siamo fidanzati nel gennaio 1993 e sposati ad aprile. Il Signore ci ha benedetti con due figli, Calvin, 20 anni, e Chris, 16.

Ho lasciato il clan per andare a vivere con mia moglie a Naigaon, un quartiere a North Mumbai, ma tornavo regolarmente al centro per servire in ogni modo possibile. Un giorno, per caso, fratel Cyril mi ha chiesto: “Vorresti continuare questo lavoro al mio posto, se dovesse succedermi qualcosa?”. Con sicurezza ho risposto sì, senza comprendere l’essenza di quello che avevo appena detto.

Nell’aprile 2004 fratel Cyril è morto all’improvviso. Dopo i suoi funerali, con entusiasmo mi sono messo al servizio del Clan di Maria, e continuo a farlo ancora oggi. Uno dei doni più grandi del recupero è nel darsi agli altri. Ringrazio Dio per questa bella opportunità e per il privilegio che mi ha dato, per servirlo aiutando gli alcolisti.

Oggi porto avanti la tradizione di fratel Cyril del rosario ogni maggio, anno dopo anno, ed è molto bello.

Le ricompense della sobrietà sono così meravigliose che dico sempre: “Dio non sempre ti promette le cose che hai perduto, ma di certo ti promette cose nuove e belle”. Questo è esattamente quello che mi è successo. Questa è la mia missione, essere direttore del Clan di Maria è una vocazione e una sfida, ma come dice il Signore “il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero” (Mt 11,30). Attraverso il centro ho ricevuto il dono della sobrietà, ed è un dono poterla condividere e offrire ad altri.

(Ha collaborato Nirmala Carvalho)

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