23/05/2024, 12.52
OCEANIA
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Macron nella Nuova Caledonia che ribolle: colloqui con politici e imprenditori del nichel

Il presidente francese è atterrato oggi nella capitale Noumea e ha lasciato intendere che lo stato di emergenza potrebbe essere revocato dopo il dispiegamento di 3mila unità di polizia. Le tensioni tra lealisti e indipendentisti si intrecciano con la crisi dell'industria del nichel in cui è impegnata in prevalenza la popolazione indigena Kanak.

Noumea (AsiaNews) - Le forze di polizia francese, composte da 3mila uomini, resteranno in Nuova Caledonia “per tutto il tempo necessario”, ha dichiarato il presidente Emmanuel Macron atterrato questa mattina a Noumea, la capitale, nel tentativo di ristabilire l’ordine e la pace dopo gli scontri tra indipendentisti e “lealisti” delle ultime settimane. “Questa è la priorità assoluta”, ha aggiunto Macron, che, dopo aver reso omaggio alle vittime (nelle violenze sono morte sei persone), ha incontrato i capi politici e gli imprenditori locali. Lo stato di emergenza che era stato imposto da Parigi potrebbe essere revocato, ha lasciato intendere Macron, ma il futuro politico della Nuova Caledonia, dal 1853 sotto il controllo della Francia, sarà una questione spinosa da risolvere per il presidente francese.  

La rivolta dei giorni scorsi è stata organizzata dalle frange più radicali dopo la proposta, da parte dell’Assemblea nazionale francese, di consentire ai residenti stranieri in Nuova Caledonia da almeno 10 anni di votare alle elezioni locali. Una mossa che potrebbe diminuire ulteriormente il peso politico della popolazione indigena. 

I Kanak sono infatti circa il 40% dei 270mila abitanti del Paese, mentre gli “europei” rappresentano un quarto della popolazione e sono a loro volta suddivisi tra i discendenti dei coloni (chiamati “caldoches”), e i francesi arrivati di recente (a volte chiamati in maniera dispregiativa “metro” o “zoreill”). L’11% della popolazione si dichiara di razza mista, dicendo di appartenere a più di una comunità, secondo i dati raccolti dall’Istituto nazionale di statistica e di studi economici della Francia.

Dalla fine degli anni ‘90, più di 40mila francesi si sono trasferiti in Nuova Caledonia e oggi rappresentano il 20% della popolazione locale, ma sono esclusi dalle elezioni provinciali perché le liste elettorali sono state congelate allo status del 1998, in base a quanto previsto dagli accordi di Noumea. Se la riforma costituzionale dovesse essere approvata in via definitiva (finora ha ricevuto il beneplacito dal Senato e dall’Assemblea nazionale in forma separata), 25mila residenti otterrebbero il diritto di voto per scegliere i rappresentanti delle Assemblee provinciali e del Congresso, che a loro volta eleggono il governo. 

Le divisioni sono anche geografiche. Le province del nord sono a maggioranza kanaka, mentre l’isola meridionale di Grande Terre, su cui si trova la capitale Noumea, è perlopiù abitata da persone di origine europea. Le 140 isole che formano la Nuova Caledonia nel XIX secolo vennero infatti utilizzate dalla Francia come colonie penali: entro la fine del secolo arrivarono ad ospitare 20mila detenuti (soprattutto oppositori politici) costretti ai lavori forzati e tra il 1897 e il 1903 (il periodo del “Grand Cantonnement”) gli indigeni vennero trasferiti in riserve sulle isole minori per far spazio ai coloni.

La Nuova Caledonia divenne un “territorio d’oltremare” nel 1946. Nel 1984 una coalizione di partiti indipendentisti diede vita al Fronte di liberazione nazionale kanak e socialista (FLNKS) e dichiarò l’indipendenza, dando avvio a un conflitto civile che si concluse quattro anni dopo. Da allora il FLNKS si è impegnato nel dialogo con Parigi ma è contrario allo scongelamento delle liste elettorali. 

Alcuni ritengono che la violenza delle proteste sia stata fomentata dalla Cellula di coordinamento per l'azione sul campo (CCAT), un’organizzazione nata alla fine del 2023 e definita dall’Alto commissario della Nuova Caledonia, Louis Le Franc, "un'organizzazione di delinquenti che compiono chiari atti di violenza, con l'intento di uccidere". Ma i capi tribù Kanak hanno dato il loro sostegno all’organizzazione dicendo che "non si tratta di un gruppo terroristico o mafioso come alcune autorità politiche vorrebbero far credere". In un recente comunicato il CCAT ha dichiarato che gli attacchi "commessi contro imprese, aziende, edifici e strutture pubbliche non siano necessari", ma sono l'espressione degli "invisibili delle società".

Le fazioni politiche contrarie all’indipendenza sono definite “lealiste” e si collocano a destra dello spettro politico, nonostante al loro interno siano presenti diverse correnti.

I giovani kanak, in prima linea durante le proteste, sono ancora oggi "estremamente emarginati" a livello economico e sociale, ha spiegato Mathias Chauchat, consigliere del FLNKS e professore all'Università della Nuova Caledonia. Il 46% dei Kanak ha ottenuto come titolo di studio più alto il diploma di scuola media, contro l'11% degli "europei", ha aggiunto, dicendo che gli indigeni si sentono scoraggiati perché vedono che i francesi prendono i posti di lavoro migliori. 

Anche le difficoltà economiche degli ultimi anni hanno avuto il loro peso nelle proteste. A differenza di altre nazioni insulari del Pacifico, la Nuova Caledonia non è un Paese povero, ma la sua economia dipende quasi completamente dall’estrazione del nichel, di cui il Paese è il terzo produttore al mondo. Il nichel è utilizzato nelle batterie delle auto elettriche, ma soprattutto nelle leghe d’acciaio. “Il nichel è una risorsa strategica, necessaria per costruire, rifornire e dispiegare eserciti moderni e alimentare le economie che li sostengono. Ciò era vero nel XIX secolo e, con l'avvento della tecnologia green, è ancora più vero oggi”, ha affermato Cullen Hendrix, del Peterson Institute for International Economics.

Ma il calo della domanda, la diminuzione dei prezzi negli ultimi anni (nel 2023 il prezzo del nichel è sceso del 45%) e la crescente competizione con l'Indonesia (principale fonte di approvvigionamento per la Cina) hanno creato una crisi industriale che ha colpito soprattutto la popolazione Kanak impegnata nel settore. Le tre aziende principali generano, direttamente e indirettamente, circa 13mila posti di lavoro. Il governo francese stava negoziando un pacchetto di salvataggio per le imprese minerarie dopo che diversi partner internazionali hanno annunciato il loro disimpegno, ma i colloqui si sono arenati a causa delle tensioni tra partiti indipendentisti e lealisti.

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