18/07/2023, 12.39
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Marocco incassa da Israele riconoscimento sovranità sul Sahara Occidentale

A quasi tre anni dagli Accordi di Abramo un passo per rendere più stretti i legami con Rabat, il più tiepido dei nuovi alleati. Intanto il governo Netanyahu conferma: al lavoro per un corridoio merci terrestre con Dubai che attraverserà l’Arabia Saudita.

Tel Aviv (AsiaNews) - Era atteso dalla firma degli Accordi di Abramo, quando nel dicembre 2020 l’amministrazione Trump - proprio per spingere Rabat all’intesa con Israele - aveva compiuto questo stesso passo, scaricando gli indipendentisti del Fronte Polisario. Ieri anche il governo Netanyahu ha riconosciuto ufficialmente la sovranità del Marocco sul Sahara Occidentale, il lembo di terra tra l’Oceano Atlantico e la Mauritania, eredità del dominio coloniale spagnolo, da decenni conteso tra Rabat e le popolazioni saharawi. Una fascia desertica abitata da poco più di 500mila persone disperse in un territorio di circa 266mila chilometri quadrati (poco meno dell’Italia).

È stato il ministero degli Esteri marocchino a rendere noto che re Mohammed VI ha ricevuto una lettera di Benjamin Netanyahu, nella quale si afferma che Israele riconosce la sovranità del Marocco sul territorio del Sahara Occidentale. E la notizia è stata poi confermata dallo staff del primo ministro israeliano. Rabat ha aggiunto anche che Israele sta "esaminando positivamente" l'apertura di un consolato a Dakhla, il capoluogo della regione.

Con questa mossa Israele si allinea agli Stati Uniti nel distanziarsi dalla posizione delle Nazioni Unite che considerano il Fronte Polisario il legittimo rappresentante del popolo saharawi, riconoscendone il diritto all’autodeterminazione. Il Fronte Polisario controlla di fatto il 20% del territorio e ha un suo governo in esilio a Tindouf, in Algeria. È riconosciuto come membro dell’Unione Africana, mentre la Lega Araba sostiene le rivendicazioni territoriali di Rabat. Dettaglio interessante in questo caso: la bandiera del Fronte Polisario è molto simile a quella palestinese, con la sola aggiunta di una mezzaluna e di una stella rossa nella fascia bianca orizzontale.

La mossa compiuta in questo momento da Netanyahu si può leggere come un asso giocato per rilanciare i rapporti, dopo che negli ultimi tempi il Marocco si era mostrato come il più tiepido tra i “nuovi alleati” portati in dote dagli Accordi di Abramo. Nonostante le ripetute visite di diplomatici israeliani a Rabat e persino gli accordi su nuove forniture militari, il Marocco non era stato tenero nelle critiche al governo dell’estrema destra israeliana sulle violenze in Palestina. E aveva anche rinunciato a ospitare il vertice che il mese scorso avrebbe dovuto riunire i Paesi arabi firmatari degli Accordi di Abramo (Emirati Arabi e Bahrein) con Israele e gli Stati Uniti, proprio per via dell’escalation in Cisgiordania.

Netanyahu ha giocato dunque la carta diplomatica per rilanciare gli Accordi di Abramo. Che intanto, comunque, sembrano avanzare su un altro fronte: quello dei rapporti con l’Arabia Saudita. Il ministero degli Esteri israeliano ha infatti confermato in queste ore l’avvio delle opere per il corridoio terrestre che - attraversando il territorio saudita - dovrebbe permettere un collegamento merci via terra tra Dubai e i porti israeliani sul Mediterraneo. Si tratta di un progetto sul quale Washington sta spingendo con forza e che permetterebbe alle aziende forti risparmi in termini di tempo rispetto alle rotte marittime o anche all’attraversamento dell’attuale valico di frontiera tra Israele e Giordania.

L’apertura del corridoio terrestre - sui cui tempi di realizzazione non sono per il momento stati forniti dettagli - in sé non avrebbe bisogno della normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Israele e l’Arabia Saudita. Già ora - per esempio - gli aerei israeliani hanno il permesso di sorvolare lo spazio aereo saudita. Ma un’opera del genere e gli accordi di sicurezza necessari per la sua gestione rappresenterebbero comunque una forte spinta per un ulteriore salto di qualità nelle relazioni tra i due Paesi.

 

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