07/11/2022, 10.32
BAHREIN - VATICANO
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Mons. Hinder: papa in Bahrein per i cristiani d’Arabia e la ‘diplomazia discreta’ con Riyadh

La messa celebrata allo stadio “il momento più commovente”. Visibile “l’entusiasmo” di decine di migliaia di fedeli. La “dedizione” della comunità locale nella preparazione della visita. Le sofferenze fisiche del pontefice, il suo “essere fragile” ha toccato il cuore anche dei musulmani. 

Manama (AsiaNews) - Il momento “più commovente” del viaggio di papa Francesco in Bahrein, concluso ieri, è “la messa celebrata allo stadio”, in cui era visibile “l’entusiasmo” dei fedeli provenienti da tutta la regione del Golfo “riuniti in preghiera nella celebrazione del mistero”. È quanto racconta ad AsiaNews mons. Paul Hinder, amministratore apostolico dell’Arabia settentrionale (Kuwait, Arabia Saudita, Qatar e Bahrein), che ha vissuto a stretto contatto con il pontefice la visita dal 3 al 6 novembre e caratterizzata da molti eventi significativi. Anche “a livello personale”, spiega mons. Hinder che già nel 2019 aveva accolto il papa negli Emirati Arabi Uniti, evento “storico” ancora oggi vivo nella memoria: “Questa seconda presenza ha significato un grande coinvolgimento a titolo personale, ben oltre le aspettative”. 

Interpellato su un primo bilancio a caldo della visita, il vescovo di origini svizzere da molto tempo nella regione, prima come vicario dell’Arabia meridionale (Eau, Yemen, Oman) e ora come amministratore apostolico del Nord parla di “visita andata benissimo: ben organizzata da ambedue le parti, dal governo di Manama e dal Vaticano”. Egli racconta di essere “ammirato” dalla dedizione mostrata “da questa gente che ha consacrato giorno e notte per preparare anche il più piccolo dettaglio”. Il prelato sottolinea poi “i discorsi del papa” che definisce “coraggiosi nell’affrontare e indirizzare problemi basilari” come i diritti umani e la libertà religiosa, oltre alle prese di posizione forti contro la guerra e a favore del lavoro in una realtà migrante.  

Per i cristiani della regione professare la fede è sempre una sfida, considerata la “situazione particolare” in cui si trovano a vivere e che “non sono un gran numero” osserva mons. Hinder. Al tempo stesso essi “hanno un compito da perseguire” come ha ricordato lo stesso pontefice, perché “sono chiamati a vivere il Vangelo nella loro realtà in modo semplice e umile, ma al tempo stesso credibile” in una prospettiva di “pace”. “E tanto sui diritti, la libertà religiosa come nei riferimenti alla pace - aggiunge - quelli che hanno ascoltato e dovevano capire hanno colto il messaggio”.

Il viaggio di questi giorni segue la visita negli Emirati del 2019, una prima storica per un pontefice in una nazione del Golfo, e si inserisce “sicuramente nella stessa logica e continuità, sebbene si tratti di un processo ancora in fieri”. Un percorso di “un avvicinamento nel mutuo rispetto e nella mutua intesa”, soprattutto “a livello dell’azione che è nella mente del papa, pur essendo diversi [cristianesimo e islam] nella religione e nella dottrina. Ma l’obiettivo è “arrivare ai punti comuni” per rafforzare “la sinergia”, un processo che “non può avvenire in un giorno, ma l’insistenza del papa è elemento di forza e di fiducia” anche se non vi saranno risultati immediati e non verranno soddisfatte al 100% tutte le aspettative. 

In Bahrein non è stato firmato alcun documento, perché resta valido il testo sottoscritto ad Abu Dhabi nel 2019 che è anche il cuore dell’enciclica Fratelli tutti. Resta, aggiunge mons. Hinder, “la continuità nell’insegnamento e nella pratica” delle relazioni islamo-cristiane. Nell’incontro con i sacerdoti, le religiose e i laici impegnati nella pastorale è emerso il “forte incoraggiamento” a proseguire nella missione, poi il prelato confida di aver parlato “in un momento non previsto e personale” con il pontefice della situazione dei cristiani in Arabia Saudita, alcuni dei quali hanno seguito dal vivo il viaggio apostolico. “Vi è un ponte che non è solo fisico” fra i due Paesi che favorisce i collegamenti e gli scambi anche per la comunità cristiana, mentre è in atto una “diplomazia discreta” che “comprendiamo essere la più efficace” per poter dare frutti in un futuro. 

“Per i fedeli - conclude mons. Hinder - la presenza del papa è stata fonte di grande gioia e di grande orgoglio. Tre volte in due anni, considerando la pandemia di Covid-19 e la salute del pontefice, ci fanno capire che non siamo dimenticati e questo è elemento di grande conforto. Inoltre, Francesco ha toccato i cuori non solo dei cristiani, ma degli stessi musulmani con il suo essere fragile, in difficoltà sul piano fisico, però con la forza di compiere questi viaggi e incontrarci con umiltà”.

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