11/10/2022, 12.50
BAHRAIN
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Manama: condanne a morte in processi farsa e con uso della tortura

L’accusa contenuta in un rapporto di 61 pagine redatto dagli esperti di Human Rights Watch e Bahrain Institute for Rights and Democracy. Agli imputati negato l’accesso alle prove, l’assistenza legale e il contro-interrogatorio di fonti “segrete”. In un decennio aumentato del 600% il ricorso alla pena capitale. 

Manama (AsiaNews) - I tribunali del Bahrain negli ultimi anni hanno condotto “processi farsa e vergognosi” con uso di tortura e coercizione, sfociati in condanne durissime compresa la pena capitale per otto uomini, violandone i diritti umani. A lanciare l’accusa alla nazione del Golfo, che ai primi di novembre si appresta ad accogliere papa Francesco per un convegno sul dialogo interreligioso, sono due associazioni di primo piano: Human Rights Watch (Hrw) e Bahrain Institute for Rights and Democracy, all’interno di un rapporto di 61 pagine intitolato “The Court is Satisfied with the Confession’: Bahrain Death Sentences Follow Torture, Sham Trials”. 

Nello studio pubblicato ieri le due ong riferiscono la vicenda di alcuni uomini che sono stati riconosciuti colpevoli in base a confessioni ottenute con la violenza fisica e psicologica. Michael Page, vice direttore di Hrw per il Medio oriente, sottolinea che “le molte violazioni dei diritti umani, che sono alla base di queste condanne a morte, non riflettono un sistema giudiziario, ma un modello di ingiustizia”. In alcuni casi gli imputati si sono visti negare l’accesso alle prove usate durante i dibattimento in aula e, in un caso, la persona si è vista negata la possibilità di contro-interrogatorio di una fonte “segreta” fondamentale per la condanna. E nessuno di questi ha potuto beneficiare del sostegno di un avvocato durante gli interrogatori. 

Joshua Colangelo-Bryan, consulente di Hrw e fra gli autori del rapporto, definisce “particolarmente sconcertante” il fatto di “condannare persone a morte fra accuse di torture e processi palesemente ingiusti”. Da qui il suo appello alle autorità di Manama perché “commutino immediatamente tutte le pene capitali e… reintroducano la moratoria di fatto delle esecuzioni”. Lo scorso anno associazioni attiviste avevano parlato di “aumento drammatico” di pene capitali in Bahrain dalle rivolte legate alla Primavera araba del 2011, con una crescita del 600% e 51 persone finite fra le mani del boia.

Nei 10 anni precedenti il numero di persone giustiziate era di sette in totale. Circa l’88% delle condanne a morte comminate dal 2011 è legato ad accuse di “terrorismo” - spesso sfruttate per colpire oppositori - e il 100% dei condannati è stato vittima di tortura. “I funzionari del Bahrain - conclude Page - rivendicano il rispetto dei diritti umani da parte del governo, ma caso dopo caso emerge che i tribunali si basano su confessioni estorte con la forza”. 

Il Bahrain è una monarchia del Golfo retta da una dinastia sunnita in una realtà in cui la maggioranza della popolazione (almeno il 60-70%) è sciita e da tempo chiede cambiamenti costituzionali, diritti sociali ed economici. Nel 2011 sulla scia delle primavere arabe, vi sono state sommosse che il re del Bahrain - alleato di Washington e sostenuto da Riyadh - ha represso grazie al sostegno di truppe armate inviate dall’Arabia Saudita. 

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