22/02/2010, 00.00
VATICANO - CINA
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Mons. Nugent, "delegato" per la Cina: Vorrei visitare ogni vescovo in comunione col papa

di Annie Lam
Dopo 10 anni di lavoro, il rappresentante della Santa Sede, lascia Hong Kong per divenire nunzio in Madagascar. Sarà ordinato dal card. Bertone il prossimo 18 marzo. In questa intervista fa un bilancio sul suo lavoro e sulla vita della Chiesa in Cina. La testimonianza dei cristiani perseguitati; l’unità della Chiesa; i rapporti diplomatici fra Cina e Vaticano; l’appello per vescovi e sacerdoti imprigionati; le aperture di alcuni vertici del governo cinese.
Hong Kong (AsiaNews) – “Vorrei visitare ogni vescovo in comunione col papa, sia ufficiale che sotterraneo, abbracciare ognuno di loro e pregare insieme il ‘Padre Nostro’”: è il desiderio che mons. Eugene Martin Nugent confida ad AsiaNews, alla vigilia della sua partenza per Roma dopo aver passato 10 anni come responsabile della “Missione di studio” della Santa Sede ad Hong Kong, che agisce come una specie di nunziatura per la Chiesa in Cina. Mons. Nugent ha potuto visitare la Cina solo una volta e non ha potuto mai incontrare in modo diretto i vescovi cinesi a causa delle limitazioni imposte dal governo. Ma dall’incontro con sacerdoti e laici cinesi il suo parere sulla Chiesa in Cina è che essa “è una Chiesa giovane, dinamica e vibrante” anche se vissuta “in circostanze davvero difficili”.
 
Il 13 febbraio scorso, alla vigilia del Nuovo anno cinese, Benedetto XVI ha nominato mons. Nugent nunzio in Madagascar e delegato apostolico nelle Comore e nella Reunion. Il 18 marzo prossimo, per le mani del card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, egli sarà consacrato arcivescovo
Cinquantunenne irlandese, mons. Nugent partirà presto da Hong Kong. Sarà poi a Roma per l’ordinazione; a Pasqua sarà in Irlanda e poi, verso maggio, andrà in Madagascar, un Paese con 4 milioni di cattolici e il 40% di cristiani, su una popolazione di circa 17 milioni.
 
Mons. Nugent (nome cinese: Liu Yuzheng), è definito dai cattolici cinesi il “Daiban”, il delegato del Vaticano ed è da tutti stimato per la sua fortissima memoria e la sua dedizione (un po’ come Matteo Ricci). Giunto ad Hong Kong nell’agosto 2000, egli ha lavorato per cinque mesi con mons. Fernando Filoni, ora sostituto della Segreteria di Stato. Curiosamente, anche mons. Filoni concluse la sua missione ad Hong Kong alla vigilia dell’Anno Nuovo cinese del 2001.
Il suo campo di lavoro è quella della Chiesa in Cina, con 12 milioni di fedeli, 138 diocesi (116 attive; 22 inattive), con circa 90 vescovi, 3 mila sacerdoti, 5 mila suore; 10 seminari maggiori e 22 minori nella Chiesa ufficiale e 10 seminari nella Chiesa sotterranea.
 
Le gioie e le sfide
 
Durante i suoi 10 anni di missione, il servizio di mons. Nugent ha incontrato momenti belli e drammatiche sfide. Nella sua conversazione con AsiaNews, afferma: “Ammiro la fede dei vescovi, dei sacerdoti e dei laici, la testimonianza della loro vita in circostanze davvero difficili”. “Una delle sfide più aspre – continua – è stato il caso delle ordinazioni illecite dei vescovi cinesi, specie i tre casi del 2006[1]. È stata un’esperienza dolorosa per me. In quel periodo ho passato molte notti insonne”.
 
Facendo il paragone fra la Chiesa cinese del 2000 e quella di adesso, mons. Nugent nota che “oggi essa sulla strada della ‘normalità’ in modo molto più fermo che all’inizio. La Lettera di Benedetto XVI ai cattolici cinesi ha segnato una chiara direzione”. E spiega che “normalità” significa l’applicazione delle leggi universali della Chiesa a una situazione dove in passato si erano applicate molte speciali facoltà e privilegi. E come esempio cita la normalizzazione della diocesi di Shanghai, dove la successione dei vescovi è stata messa in chiaro nel 2005[2].
 
“Sono convinto – aggiunge – che alcuni dei vertici del governo cinese comprendono molto bene l’importanza dell’unità fra i cattolici, non solo in Cina, ma anche con la Chiesa universale, come è sottolineato nella Lettera del papa”. Secondo il diplomatico vaticano, la Chiesa in Cina dovrebbe godere di piena libertà religiosa, come i cattolici di tutto il mondo. I fedeli che vivono in unità, solidarietà e pace fra di loro offriranno un contributo positivo all’unità, solidarietà e pace nelle relazioni con la società cinese intera. “Penso – dice - che questo dovrebbe essere lo scopo della politica del governo cinese”.
 
Mons. Nugent ha dovuto affrontare molti temi controversi. “È inevitabile – spiega – che ci siano critiche, specie quando si tratta di affrontare situazioni sofferte come quelle della Chiesa in Cina. Ma le critiche sono state oneste. Tutto il mio lavoro ha avuto come scopo quello di appianare i conflitti e aiutare la Chiesa a trovare le migliori soluzioni per ogni caso”.
 
Una delle difficoltà che egli ha avuto nel suo lavoro è che “non è possibile avere rapporti diretti con i vescovi della Cina, così per comunicare si deve dipendere da terze parti”. In Cina ci sono attualmente 90 vescovi in tutto, della comunità ufficiale e sotterranea. “Le nostre lettere in risposta ad alcuni problemi della Chiesa locale – confessa - possono sembrare in favore di una parte, rendendo scontento l’altra; qualche volta una parte può reagire in modo critico, mentre l’altra reagisce positivamente”.
 
Il grande significato della Lettera del papa
 
Per la Chiesa in Cina, la Lettera di Benedetto XVI del 2007 è “come una roadmap: anche se i risultati per adesso non sono chiari ed evidenti, almeno ognuno ormai comprende la direzione che dobbiamo prendere”.  Mons. Nugent precisa: “Noi non domandiamo alla comunità sotterranea di registrarsi ufficialmente, o di venire allo scoperto; né domandiamo alle comunità ufficiali di divenire sotterranee. Domandiamo però un sincero sforzo di entrambe le parti di camminare in modo spedito verso la riconciliazione”. Egli spera che “le comunità ufficiali siano più coraggiose nel fare gesti di comunione e nel costruire rapporti di fiducia con le comunità sotterranee”. Allo stesso modo “spero che le comunità sotterranee siano capaci di ulteriori progressi di apertura verso le comunità ufficiali. Capisco che questo richiede tempo e non si può costringere. E noi della Santa Sede non stiamo costringendo nessuno, ma vogliamo facilitare questo processo”. Citando un famoso slogan di Giovanni Paolo II, “Non abbiate paura!”, mons. Nugent fa lo stesso augurio alla Chiesa in Cina e invita i cattolici a “tenere alta la testa” senza compromessi sui principi ecclesiali e a continuare il cammino insieme, nella comunione e nella riconciliazione”.
 
Speranze della Chiesa in Cina
 
La speranza della Chiesa in Cina poggia sul raggiungimento di questa maggiore unità all’interno della Chiesa cattolica, dando “testimonianza a Cristo, al vangelo e testimoniando la carità nella grande società cinese”.
 
In dieci anni mons. Nugent ha incontrato centinaia di sacerdoti, suore, seminaristi e solo alcuni vescovi, dato che essi subiscono molte restrizioni sui viaggi. “Nei momenti critici – spiega – i vescovi hanno inviato loro delegati per comunicare le loro vedute”.
 
“Dall’incontro con vescovi e sacerdoti della Cina ci si accorge di essere davanti a una Chiesa giovane, dinamica, vibrante. È pure vero che si vede una Chiesa divisa e perseguitata, dove la fede è messa alla prova. Ma sebbene la Chiesa sia controllata, essa trasuda energia e vitalità… I cattolici in Cina sono forti nella fede e sapranno resistere alla persecuzione. Mi piacerebbe tanto poterli vedere un giorno vivere la loro fede in piena libertà, riuniti con la Chiesa universale”.
 
A questo proposito, il prelato fa un appello: “Io invito il governo cinese a liberare dalla detenzione i vescovi e i sacerdoti, dando loro piena libertà, a discutere tutte le questioni della Chiesa senza il controllo dello Stato. Sono convinto che questo vada a beneficio di tutti”.
 
“La mia impressione generale sulla Chiesa in Cina è positiva. Non possiamo applicare i nostri criteri occidentali per valutare persone che hanno sopportato difficoltà enormi come la Rivoluzione culturale (1966-76)”. Molti cattolici, compresi seminaristi e sacerdoti, mancano di una profonda formazione ecclesiale, per questo, il Vaticano considera una priorità la formazione del personale ecclesiastico. Anche l’organizzazione delle diocesi, la trasparenza, e l’autonomia delle congregazioni religiose femminili richiedono attenzione.
 
Nel 2003 mons. Nugent ha potuto visitare Pechino, come rappresentante della santa Sede in un incontro internazionale. Ma questa è stata la sua unica visita in Cina. In altre due occasioni, nel 2004, in cui la Santa Sede era stata invitata a prendere parte ad altri eventi internazionale, gli è stato negato il visto. “ Se un giorno potrò visitare la Cina – commenta – mi piacerebbe visitare ogni vescovo in comunione col papa, sia sotterraneo che ufficiale e abbracciarli ad uno ad uno e pregare con loro in Padre Nostro”.
 
Ad oggi, tutte le diocesi in Cina hanno contatto con la Santa Sede. Il ruolo di mons. Nugent è stato proprio di essere un canale di comunicazione fra la Santa Sede e le chiese locali e viceversa, cercando di aumentare la comprensione reciproca da entrambi i lati, tenendo conto che in alcune parti tale comunicazione è facile, in altre difficile.
 
Sui negoziati fra Cina e Vaticano, mons. Nugent si lascia sfuggire che questo tema “è strettamente riservato alla Segreteria di Stato e al ministero cinese degli Esteri” e che vi sono contatti regolari fra le due parti. “Credo – aggiunge – che con buona volontà i problemi possono essere risolti. Non c’è bisogno di aver paura l’uno dell’altro!... In passato la Chiesa cattolica ha dato un grande contributo alla cultura cinese e vuole dar e un contributo a questa grande nazione anche oggi e nel futuro”.
 
 
Lasciando Hong Kong
 
A poche ore dal suo ritorno in Europa, mons. Nugent confessa tutta la sua ammirazione per Hong Kong, la sua efficienza e il suo ordine. “Avrò nostalgia dei molti e meravigliosi amici che ho avuto, oltre che – naturalmente ò della cucina cinese!”.
Un buon diplomatico, mons. Nugent è conosciuto anche per la sua forte spiritualità, per la quale ringrazia la sua famiglia e i suoi genitori che “ci hanno fatto crescere in una famiglia felice e in un ambiente sano, dove la fede era una cosa naturale e normale”.
 
Ordinato sacerdote nel 1983, mons. Nugent ha concluso i suoi studi alla Pontificia Accademia ecclesiastica nel ’92. Prima di venire ad Hong Kong ha lavorato nelle rappresentanze pontificie di Turchia e a Gerusalemme (Israele e Palestina).  
 
[1] Cfr. AsiaNews.it, il dossier Cina - Vaticano: le ordinazioni illecite, maggio 2006.
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