23/12/2025, 11.14
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Natale fra i cristiani del Sud del Libano, dove la guerra non è mai finita

di Fady Noun

Nonostante il cessate il fuoco tra Hezbollah e Israele, il conflitto continua al confine meridionale. Nella regione l’interdipendenza economica e umana è tale che quando soffre un villaggio, soffrono tutti. Ghirlande e presepi decorano timidamente i vicoli deserti. Il mercatino natalizio alla Scuola dei Sacri Cuori. "Per noi significa dire al mondo che siamo qui per la vita".

Beirut (AsiaNews) - “Non ci arrenderemo, conserveremo le nostre armi!”. Indifferenti circa l’impatto delle loro dichiarazioni incendiarie sul morale della popolazione, in particolare nella regione di confine, a diretto contatto con l’esercito israeliano, i vertici di Hezbollah, sotto la diretta influenza dell’Iran, continuano a giocare la carta massimalista. Affermano di “aspettare il momento giusto e di affidarsi per il momento allo Stato”. Tuttavia, tutti i libanesi consapevoli delle disgrazie della guerra, compresi gli ambienti sciiti, sperano che quel momento non arrivi mai. 

Nel frattempo, è la zona a sud del fiume Litani a pagarne il prezzo più alto. Certo, non tutta la regione soffre allo stesso modo e molti villaggi cristiani non sono direttamente colpiti dalla guerra. Ma l’interdipendenza economica e umana è tale che quando un villaggio soffre, tutti i villaggi soffrono, anche se non sono esposti direttamente alla macchina da guerra dello Stato ebraico.

Inebriati da una stagione turistica caratterizzata dal massiccio arrivo di espatriati venuti a trascorrere le vacanze nel Paese di origine (in questi giorni è stato raggiunto un picco giornaliero di 16mila ingressi), molti libanesi dimenticano che una parte della loro nazione è ancora in guerra. L’esercito, è noto, ha preso il controllo di circa il 90% delle posizioni di Hezbollah a sud del Litani, in attesa della Fase II, che comprenderà la zona che va dal fiume a Saïda. Tuttavia, l’ostinazione del partito di Dio a non accettare un ulteriore disarmo prima del ritiro totale dell’esercito israeliano dal Libano alimenta il bellicismo di quest’ultimo. Un ammorbidimento del comando israeliano si è manifestato in seguito alla visita di papa Leone XIV in Libano, seguita dalla nomina di un diplomatico, Simon Karam, all’interno del meccanismo di sorveglianza del cessate il fuoco sottoscritto il 27 novembre 2023. Ciononostante, la schiacciante superiorità militare dello Stato ebraico e, soprattutto, la sua imprevedibilità sul terreno persistono.

L’impatto diretto della guerra sui villaggi cristiani del sud è stato minore che altrove. Ma il clima di guerra influisce su tutta la regione. I villaggi cristiani cercano di trasmettere il loro benessere ai vicini. Tuttavia, in alcune zone urbane, fino al 60% dei negozi ha chiuso o funziona in modo limitato: orari ridotti, tende semiaperte, dipendenti pagati in parte con cambio merce. 

Che sia perché le loro case sono state distrutte o perché i loro quartieri si trovano in zone ancora sensibili, intere famiglie non sono ancora tornate nei loro villaggi: l’esodo della popolazione, in particolare dei giovani, e alcune distruzioni, come quella del mercato centrale di Nabatiyeh, hanno inferto un enorme contraccolpo economico su tutta la regione.

Suor Marie Touma, direttrice della scuola delle Suore Antonine a Nabatiyeh, ne sa qualcosa. La religiosa racconta ad AsiaNews con tono grave: “Nonostante il presepe, l’albero di Natale e le ghirlande, la perdita è grande, molto grande”. “Facciamo del nostro meglio per mantenere viva la gioia del Natale, ma la situazione è quella che vi ho descritto. Alcune cose - prosegue - sembrano irreversibili. Coloro le cui case sono state distrutte non torneranno. È così”.

Quest’anno la scuola media accoglie 1009 studenti, 200 in meno del solito. “Alcuni hanno trovato alloggio altrove, altri hanno lasciato il Paese”, si rammarica la religiosa. “Cosa sono questi 250 milioni della Banca Mondiale per la ricostruzione delle infrastrutture, il cui prestito è stato appena approvato dal Parlamento? Una goccia nell’oceano” continua. “La sola riparazione dell’ala riservata alla scuola materna ed elementare della nostra scuola - conclude -costerà 1,5 milioni di dollari!”.

Il futuro ha fatto le valigie

Facendo eco a queste parole Katia Kahil, del sito Ici-Beyrouth, che è anche insegnante di francese in una scuola pubblica, ci assicura: “Ghirlande e presepi decorano timidamente i vicoli deserti. Un tempo animate da risate e ritrovi, le strade di Alma Chaab, Yaroun, Deir Mimas, Khiam o Marjeyoun portano ora il peso dell’emorragia umana”. “Si dice che i giovani siano il futuro, ma qui il futuro ha fatto le valigie”, riassume in modo terribile Rami, 30 anni, ingegnere agrario ora residente a Beirut, citato dalla giornalista.

Un’osservazione significativa: il fattore tempo è cruciale. Del resto, più Hezbollah si ostinerà, più la crisi si protrarrà e più la situazione diventerà irreversibile, con alloggi provvisori che diventeranno permanenti, famiglie disperse e case abbandonate che diventeranno inabitabili. “Pensavo di tornare solo per accendere il presepe... poi ho visto lo stato della nostra casa...” conferma Roula, citata dalla nostra collega. A Deir Mimas, aggiunge la giornalista, Randa dice di “essere tornata nel suo villaggio ma non alla sua vita precedente. Prima la casa era piena: cugini, vicini, bambini che correvano dappertutto. Oggi siamo in cinque intorno al tavolo. Il vuoto è opprimente”.

La guerra ricomincerà…?

“Purtroppo, nonostante il cessate il fuoco, la guerra continua nel sud”, conferma suor Maya Beaino, direttrice della scuola dei Sacri Cuori ad Aïn Ebel, un villaggio maronita di confine. “Quando vado a Beirut - aggiunge - mi chiedono se la guerra ricomincerà. E io rispondo che nel sud la guerra non è mai cessata, che siamo in piena guerra”.

La scuola dei Sacri Cuori ha celebrato il suo terzo anno di guerra con un “Mercatino di Natale” chiamato “Sentinelle del Principe della Pace”, con coro, animazione per bambini e distribuzione di regali. “Organizzare questo evento -  precisa suor Maya - significa dire al mondo che siamo per la pace, che siamo qui per la vita e per la convivialità”. 

La religiosa si è assicurata di coinvolgere i villaggi vicini, a maggioranza sciita. L’evento è sostenuto dai contingenti Unifil, la missione Onu in Libano al suo ultimo anno, e da altre associazioni internazionali come L’Œuvre d'Orient. Louis Guilhem Larchet, ufficiale del contingente francese, racconta ad AsiaNews: “Questo permette di ridare un po’ di gioia alle famiglie che ne hanno grande bisogno. E poi ci permette di trasmettere un messaggio importante, ovvero che dove Unifil si schiera e mette a disposizione i propri mezzi, le persone possono sentirsi al sicuro. »

In realtà, tutti sanno bene che questo allegro mercatino di Natale è l’ultimo prima della partenza della FINUL nel 2026. Preso in una morsa tra Israele e Hezbollah, trascinato in una guerra che non ha voluto, il Libano sembra ancora incapace di liberarsi dai suoi legami. 

 

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