09/05/2016, 08.55
IRAQ - SIRIA
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Onu: In Iraq oltre 50 fosse comuni in territori già controllati dallo Stato islamico

Jan Kubi, inviato speciale delle Nazioni Unite, parla di “prove di crimini efferati” commessi dalle milizie jihadiste. Daesh non va eliminato “solo sul piano militare”, ma vanno affrontate “le cause alla base” delle violenze. Peggiora la crisi umanitaria nel Paese, almeno 10 milioni di persone dipendono dagli aiuti. 

Baghdad (AsiaNews/Agenzie) - In varie zone dell’Iraq, in passato sotto il controllo dello Stato islamico (SI), sono state rinvenute sinora oltre 50 fosse comuni. Le più recenti sono quelle rivenute ad aprile a Ramadi, circa 110 km a ovest di Baghdad, e conterrebbero fino a 40 corpi. È quanto ha affermato l’inviato speciale Onu Jan Kubis che, riferendo al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ha evidenziato la presenza di “prove dei crimini efferati” commessi dalle milizie jihadiste.

Le fosse comuni sono emerse nei mesi scorsi nei territori strappati a Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico] durante l’avanzata dell’esercito regolare irakeno; nel momento di massima espansione, lo SI aveva assunto il controllo di quasi la metà dell’Iraq. 

Riferendo ai membri del Consiglio di sicurezza, Kubis ha sottolineato che la comunità internazionale dovrebbe “adottare tutte le misure necessarie” affinché i miliziani jihadisti “rispondano” dei crimini commessi. 

L’esercito irakeno ha strappato Ramadi al controllo dello SI nel dicembre 2015; la città era nelle mani del movimento fondamentalista islamico sunnita dal maggio dello stesso anno. Alcuni focolai di violenza sono continuati sino a febbraio 2016, quando l’area è tornata nella sua totalità sotto il controllo governativo. 

Altre fosse comuni sono emerse in passato a Sinjar, nel nord dell’Iraq, nei pressi di Anbar, nell’ovest e a Tikrit, nel nord, la città natale dell’ex dittatore Saddam Hussein. Tra le vittime sepolte nelle fosse comuni vi sono tribali, soldati irakeni, donne e appartenenti alla minoranza yazidi, la più perseguitata dai jihadisti. 

Non solo in Iraq, ma anche in Siria vi sono tracce di fosse comuni nelle zone controllate dallo SI. 

“Condanno nel modo più fermo possibile - ha dichiarato Jan Kubis - i continui omicidi, rapimenti, stupri e torture perpetrati dallo SI ai danni degli irakeni, che costituiscono un crimine contro l’umanità, un crimine di guerra e persino un genocidio”. E a dispetto dei “considerevoli” progressi militari sul campo in Iraq [e in Siria], Daesh resta pur sempre “un formidabile e determinato nemico”, capace di “regolare le sue tattiche e gli schemi di attacco in modo costante”. Per questo non sarà possibile eliminarlo solo sul piano militare, ma andranno affrontate “le cause alla base del violento estremismo”. 

Dal punto di vista umanitario, la crisi innescata dall’ascesa dello SI in Iraq [e nelle vicina Siria] resta “una delle peggiori al mondo”, con oltre 10 milioni di persone - oltre un terzo della popolazione - che necessitano di aiuti internazionali. Tuttavia, solo un quarto degli 861 milioni di dollari necessari per rispondere all’emergenza sono stati stanziati sinora e l’importo è insufficiente. 

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