14/02/2024, 11.21
VATICANO
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Papa: superiamo il vizio dell'accidia con la pazienza della fede

All'udienza generale l'invito all'ascolto della Parola di Dio e alla cura dei fratelli nel tempo della Quaresimo. "Preghiamo per i fratelli che soffrono a causa della guerra". L'omaggio al card. Simoni - presente nell'Aula Paolo VI - un "martire vivente", testimone del Vangelo come tanti altri cristiani perseguitati di oggi

Città del Vaticano (AsiaNews) - La Quaresima sia per tutti “occasione di conversione e di rinnovamento interiore nell’ascolto della Parola di Dio, nella cura dei fratelli che più necessitano. E non dimentichiamo mai la martoriata Ucraina, la Palestina e Israele che soffrono tanto. Preghiamo per questi fratelli e sorelle che soffrono a causa della guerra”.
È l’invito che papa Francesco ha rivolto questa mattina ai fedeli al termine dell’udienza generale tenuta nell’aula Paolo VI nel mercoledì delle Ceneri, il giorno che apre il cammino di preparazione verso la Pasqua. Francesco - che già nei giorni scorsi aveva diffuso il suo messaggio sulla Quaresima di quest’anno, con l’invito a viverla come “tempo di libertà” - nel pomeriggio riceverà lui stesso il segno delle ceneri nella celebrazione che, come tradizione, si tiene nella basilica di Santa Sabina, sul colle Aventino.

Nella catechesi di questa mattina - invece - il pontefice ha proseguito il ciclo di riflessioni sui vizi e le virtù soffermandosi oggi sul vizio dell’accidia, “che spesso passa sotto silenzio, forse a motivo del suo nome che a molti risulta poco comprensibile”. Si tende a sostituirlo con la pigrizia, che però “è più un effetto che una causa”. L’accidia per il papa è invece  “una tentazione molto pericolosa, con cui non bisogna scherzare. Chi ne cade vittima è come fosse schiacciato da un desiderio di morte: prova disgusto per tutto; il rapporto con Dio gli diventa noioso; e anche gli atti più santi, quelli che in passato gli avevano scaldato il cuore, gli appaiono ora del tutto inutili. Una persona comincia a rimpiangere il tempo che scorre, e la gioventù che è irreparabilmente alle spalle”.

Viene definita anche come il “demone del mezzogiorno” perché “ci coglie nel mezzo delle giornate, quando la fatica è al suo apice e le ore che ci stanno davanti ci appaiono monotone, impossibili da vivere”. Per il pontefice “ricorda molto il male della depressione, sia da un punto di vista psicologico che filosofico. Infatti, per chi è preso dall’accidia, la vita perde di significato, pregare risulta noioso, ogni battaglia appare priva di senso. Così ci si lascia andare e la distrazione, il non pensare, appaiono come le uniche vie d’uscita: si vorrebbe essere storditi, avere la mente completamente vuota… È un po’ un morire in anticipo, ed è brutto”.

Come rispondere, allora? Con quella che il papa definisce “la pazienza della fede: “Bisogna avere il coraggio di rimanere e di accogliere nel mio ‘qui e ora’, nella mia situazione così com’è, la presenza di Dio. Quanta gente, in preda all’accidia, mossa da un’inquietudine senza volto, ha stupidamente abbandonato la via di bene che aveva intrapreso”. Ecco perché “è una battaglia decisiva, che bisogna vincere a tutti i costi”. I santi – ha aggiunto il pontefice – “ci insegnano ad attraversare la notte nella pazienza accettando la povertà della fede. Hanno raccomandato, sotto l’oppressione dell’accidia, di tenere una misura di impegno più piccola, di fissare traguardi più a portata di mano, ma nello stesso tempo di resistere e di perseverare appoggiandoci a Gesù, che mai abbandona nella tentazione”.

“La fede, tormentata dalla prova dell’accidia - ha concluso - non perde di valore. È anzi la vera fede, l’umanissima fede, che nonostante tutto, nonostante l’oscurità che la acceca, ancora umilmente crede. È quella fede che rimane nel cuore, come rimane la brace sotto la cenere”.

Salutando, infine, i gruppi di pellegrini presenti ha rivolto un omaggio speciale al 95enne cardinale albanese Ernest Simoni, anche lui oggi nell’Aula Paolo VI. “È un martire vivente – ha detto -. Da prete, da vescovo, ha vissuto 28 anni in carcere, nelle carceri dell’Albania comunista, la persecuzione forse più crudele. E continua a dare testimonianza. E come lui, tanti” ha aggiunto, ribadendo il pensiero già più volte espresso secondo cui oggi nel mondo ci sono “più martiri ancora che agli inizi” del cristianesimo.

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