31/05/2023, 14.20
CINA-HONG KONG
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Per cancellare Tiananmen Pechino rimuove il nome anche al ponte di Sitong

Nel luogo della clamorosa protesta con gli striscioni contro Xi Jinping esposti a ottobre alla vigilia del congresso del Partito, sono spariti persino i cartelli stradali per timore che diventino un simbolo. Intanto al Victoria Park di Hong Kong, dove fino al 2020 si è tenuta la veglia in onore delle vittime uccise il 4 giugno 1989, in "coinvidenza" con l'anniversario associazioni pro-Pechino hanno organizzato una fiera di prodotti provenienti dalla Cina continentale.

Hong Kong (AsiaNews) - Sono già iniziate le attività repressive di Pechino in previsione dell’anniversario del massacro di piazza Tienanmen, avvenuto il 4 giugno 1989, quando l’allora leader cinese, Deng Xiaoping, ordinò l’intervento dei carri armati per fermare le proteste di massa degli studenti pro-democrazia che duravano da mesi.

Proprio uno dei leader del movimento di allora - Zhou Fengsuo, che vive in esilio negli Stati Uniti - ieri ha rilanciato sul suo profilo Twitter alcuni immagini provenienti dalla Cina in cui si mostra come le autorità di Pechino abbiano provveduto a rimuovere i cartelli stradali che identificavano il ponte di Sitong, luogo balzato agli onori della cronaca nell'ottobre scorso quando il dissidente Peng Lifa alla vigilia del Congresso del Partito comunista cinese con un gesto clamoroso aveva sfidato il presidente Xi Jinping esponendo striscioni pro-democrazia e contro la politica "zero Covid". Subito arrestato, era diventato in pochi giorni un eroe sul web ispirando anche altre proteste. Segnalando la notizia Zhou Fengsuo ricorda anche che molti giovani che presero parte al movimento di piazza Tiananmen venivano da Sitong.

Quella di far sparire i riferimenti segnaletici è, insieme alla censura online, una modalità utilizzata da Pechino per evitare la diffusione di contenuti scomodi e prevenire ulteriori proteste. Pochi giorni dopo la comparsa degli striscioni di Peng Lifa sul ponte di Sitong era andato a fuoco un grattacielo di Urumqi, capoluogo della regione autonoma dello Xinjiang e le persone che vi si trovavano all’interno, tutte di etnia uigura, morirono perché le porte erano state saldate in ottemperanza della politica “zero covid”. Quando la notizia era trapelata sui social, a “Urumqi Road” nella città di Shanghai, sono sorte veglie spontanee a cui hanno preso parte centinaia di persone. Eppure, nonostante si tratti di una delle arterie più trafficate della metropoli, dopo pochi giorni anche lì il cartello che segnalava la strada era sparito.

Se a Pechino spariscono i cartelli a Hong Kong per evitare manifestazioni in memoria di Tiananmen, oltre alle severissime maglie della Legge sulla sicurezza nazionale, si utilizzano anche altre strade: al Victoria Park di Hong Kong, dove ogni anno prima del 2020 si teneva una veglia per commemorare le vittime del regime comunista, dal 3 al 5 giugno si terrà una fiera organizzata da 26 associazioni filo-cinesi. Per l’evento verranno allestiti oltre 200 stand che andranno a occupare lo spazio di quattro campi da calcio e verranno proposti prodotti provenienti da diverse province della Cina continentale. In una conferenza stampa gli organizzatori hanno dichiarato che l’evento è stato organizzato per “promuovere l’armonia sociale”. E alla domanda sul perché la fiera sia stata organizzata proprio nei giorni dell'anniversario della repressione di piazza Tiananmen, Tang Ching-ho, presidente esecutivo della Federazione delle organizzazioni comunitarie di Hong Kong-Guangdong, ha risposto che si è trattato di una “coincidenza”: “Organizziamo spesso questi eventi e, per coincidenza, - ha detto - la nostra richiesta per questo periodo è stata approvata”.

Quello che nulla riesce a rimuovere sono però le ferite lasciate dalla repressione di 34 anni fa. Nei giorni scorsi le “Madri di Tiananmen”, un gruppo che rappresenta le vittime del massacro, ha ancora una volta chiesto al presidente cinese Xi Jinping di assumersi le responsabilità della azioni del governo in vista dell’anniversario della tragedia: “Possono credere di non avere nulla a che fare con l'ordine di aprire il fuoco sui civili disarmati al tempo, ma è stato comunque fatto dal partito al potere, il Partito comunista", ha detto a Radio Free Asia You Weijie, portavoce dell’organizzazione. “Il governo di oggi dovrebbe assumersi la piena responsabilità e raccontare alla gente tutto ciò che è accaduto allora”,

Nella Cina continentale vige la censura riguardo agli eventi del 1989 e il numero di persone uccise durante la repressione armata non è noto: potrebbe variare da qualche centinaia a qualche migliaia. Negli ultimi 34 anni le Madri di Tiananmen hanno continuato a chiedere a Pechino di rendere pubblici i dati della strage, perseguendo i responsabili e risarcendo le famiglie. "Siamo sinceri nel cercare il dialogo con il governo", ha detto You. "Il governo si è sottratto alla sua responsabilità”. Nel frattempo, ha continuato l’attivista, più di 70 parenti delle vittime sono morti negli ultimi 34 anni. “Noi non ci arrenderemo”, ha sottolineato.

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