30/03/2022, 11.42
ISRAELE - PALESTINA
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Rabbì Milgrom: Israele ‘sorpresa’ dagli attacchi. Timori per una escalation

Un attentatore originario di Jenin ha ucciso cinque persone ieri sera in un sobborgo di Tel Aviv, due sono ucraini. Si tratta del terzo attentato in una settimana, almeno 11 vittime. La condanna di Abu Mazen, il leader di Hamas “orgoglioso” per il gesto “eroico”. Rabbino pacifista: banco di prova per il governo e la sua tenuta. Rischio nuove tensioni per la Giornata della terra. 

Gerusalemme (AsiaNews) - In Israele monta la tensione dopo il grave attacco di ieri sera a Bnei Brak (Tel Aviv), il terzo in una settimana, in cui sono morte almeno cinque persone due delle quali risultano essere cittadini ucraini di 23 e 32 anni, oltre a un poliziotto. Il leader di Hamas ha esultato, dicendosi “orgoglioso” per un gesto “eroico”. Dal leader dell’Autorità palestinese giungono invece - sollecitate dal governo israeliano - parole di condanna, che non bastano a placare gli animi. La spirale di violenze, sottolinea ad AsiaNews Jeremy Milgrom, ha “colto di sorpresa” il Paese e vi è il timore che possa acuirsi e sfociare in un conflitto aperto come è avvenuto nel maggio dello scorso anno nella Striscia di Gaza

L’attacco è avvenuto in tre diverse fasi nell’area metropolitana della capitale economica e commerciale di Israele. Fonti del ministero della Difesa affermano che l’attentatore sarebbe il 26enne Diaa Hamarsheh, originario di Jenin in Cisgiordania, già noto alle forze di sicurezza e arrestato in passato per attività “terroristiche”. Egli si sarebbe spostato a bordo di una motocicletta, colpendo ignari passanti e civili innocenti. Oltre ai due cittadini ucraini, le vittime sono il 32enne agente di polizia Amir Khoury, Yaakov Shalom di 36 anni e Avishai Yehezkel, 29 anni, che avrebbe protetto col proprio corpo il figlio piccolo, salvandolo. 

Due giorni prima, una sparatoria nella città di Hadera aveva causato la morte di due poliziotti. La scorsa settimana altre quattro persone erano state uccise a colpi di coltello a Be’er Sheva, nel sud. In entrambi i casi lo Stato islamico (SI, ex Isis) aveva rivendicato le violenze, ma i contorni restano oscuri e non vi è certezza sulla matrice delle violenze, che hanno spinto il primo ministro israeliano Naftlai Bennett a convocare il Consiglio di sicurezza e valutare risposte a una ondata di violenze che inizia a preoccupare ed è già fonte di polemica politica interna.

Jeremy Milgrom, rabbino israeliano e membro dell’ong Rabbis for Human Rights, sottolinea che “molti israeliani sono stati sorpresi” dagli attacchi e dal fatto che lo Stato islamico “possa colpire nel Paese”. La sensazione, o la speranza, è che possano essere “casi isolati”, ma il problema della violenza rimane: “Diversi arabi sono integrati, lavorano nelle costruzioni, nei trasporti, nel comparto medico, nelle forze di polizia, due delle vittime di questi giorni erano arabi”.

Mancano politiche di lungo periodo, per controversie da troppo tempo irrisolte. “Serve una vera uguaglianza - prosegue - riconoscere il diritto di cittadinanza e pari diritti” pur a fronte di situazione diverse da quanti vivono in Israele e ai Territori occupati, poi Gaza e gli stessi palestinesi rifugiati all’estero. “Molti pensano che si debba usare la forza - afferma Milgrom - invece serve un cambio di mentalità, mentre Israele tende a rispondere usando maggiore forza, con gli arresti e negando libertà civili ai palestinesi". A livello di diplomazia, la questione palestinese sembra scomparsa "visto che non ne hanno fatto cenno nemmeno nei giorni scorsi nell'incontro con i leader arabi". E lo stesso governo, che al suo interno ha un partito islamico, “sarà con tutta probabilità più aggressivo, con politiche ancora più dure di quelle del predecessore Netanyahu. Queste vicende - conclude - rappresentano un banco di prova per l’esecutivo e la sua tenuta”.

In queste ore, intanto, il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen ha condannato quanto avvenuto a Bnei Brak, fra i quartieri ultra-ortodossi più popolosi. Egli ha sottolineato che “l’uccisione di civili palestinesi e israeliani può solo deteriorare ulteriormente la situazione, specialmente alla vigilia del santo mese del Ramadan e delle festività cristiane ed ebraiche”. Diverso il tenore di Ismail Haniyeh, leader di Hamas: “Siamo orgogliosi - ha detto - del popolo palestinese e delle genti libere della nazione, per l’eroico attacco” che ha colpito Israele.

Il segretario generale Onu Antonio Guterres ha diffuso un comunicato in cui condanna l’ondata di violenze che ha causato sinora 11 vittime, parlando di atti che “non trovano mai una giustificazione”. Tuttavia, alla violenza gli estremisti ebraici rispondono con altrettanta violenza incendiando auto e facendo irruzione nelle abitazioni. Numerosi gli episodi di questi giorni, l’ultimo avvenuto nelle ore scorse a Asira al-Qibliya, villaggio a sud-ovest di Nablus, con un richiamo agli attacchi contro gli israeliani che chiedono una risposta “in termini di sangue”. Ora le attenzioni sono puntate sulle celebrazioni della 46ma Giornata della terra che i leader arabi hanno confermato per la giornata di oggi, nonostante i timori che una manifestazione di questa natura possa contribuire ad esacerbare ancor più la tensione. 

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