16/04/2020, 11.49
MEDIO ORIENTE - ISLAM
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Ramadan al tempo del coronavirus: moschee chiuse, isolamento, carenza di cibo

Nella maggior parte delle nazioni dell’area è vietato l’accesso alle moschee o vi sono pesanti restrizioni. Timori per possibili difficoltà nelle scorte alimentari. In Kuwait cambia la chiamata alla preghiera, con un invito a pregare nelle case. Pandemia e digiuno aprono un nuovo fronte di scontro fra sunniti e sciiti. 

Beirut (AsiaNews) - In piena emergenza sanitaria globale causata dalla pandemia di nuovo coronavirus, oltre un miliardo di musulmani celebrano il 23 aprile l’inizio del Ramadan, mese sacro che l’islam dedica al digiuno e alla preghiera. Esso varia di alcune ore fra le diverse nazioni nel mondo, a seconda del momento in cui avviene l’avvistamento della luna crescente da parte degli esperti islamici. Il mese di digiuno si concluderà la sera del 23 maggio con la festa di Eid al-Fitr, contraddistinta da celebrazioni e banchetti. Celebrazioni a forte rischio, in un contesto diffuso di cinema, ristoranti e caffè chiusi e con la prospettiva di festeggiare confinati nelle proprie case.

Per quasi un mese i musulmani si astengono dal mangiare e dal bere dall’alba al tramonto; proibiti anche il fumo e i rapporti sessuali. L’iftar, che rompe il digiuno, è il pasto principale nell’arco delle 24 ore e si consuma la sera. Secondo la tradizione in questo mese Dio ha rivelato il Corano al profeta Maometto. Esso è uno dei cinque pilastri (doveri) dell’islam insieme al pellegrinaggio alla Mecca, alla preghiera canonica, alla testimonianza di fede e al versamento dell’elemosina.

La sua istituzione risale al secondo anno dalla “egira” (622 d.C.), con la fuga di Maometto dalla Mecca all’oasi di Medina. La tradizione vuole che il digiuno quotidiano cominci nel momento in cui si riesce a distinguere un filo bianco da un filo nero. Chi non digiuna - malati e anziani - deve pregare e compiere ogni giorno un atto di carità verso i poveri. Molti genitori fanno osservare ai bambini un digiuno veloce (mezza giornata).

Per la prima volta il Ramadan si celebra in un contesto contraddistinto da coprifuoco, luoghi di culto chiusi e serrate nei negozi. Le autorità hanno vietato l’accesso ale moschee o posto limiti all’afflusso dei fedeli in Tunisia, Marocco, Algeria, Egitto, Arabia Saudita, Kuwait, Bahrain, Qatar, Giordania, Iraq ed Emirati Arabi Uniti (Eau). Per fronteggiare le restrizioni ai movimenti e alla vita sociale, comprese le cerimonie religiose, alcune organizzazioni musulmane hanno promosso seminari online e videoconferenze. 

Oltre ai luoghi di culto, per gli esperti la pandemia potrebbe colpire anche i rifornimenti di cibo e le scorte alimentari, in un periodo in cui è prassi comune consumare banchetti abbondanti al tramonto, quando finisce la giornata di digiuno. In Arabia Saudita le compagnie hanno iniziato ad aumentare le riserve strategiche dei beni di prima necessità; tuttavia, con il coprifuoco in atto nel regno wahhabita e in molte altre nazioni dell’area restano i dubbi sulle reali possibilità di fare acquisti per le persone, rispettando il distanziamento sociale imposto dall’emergenza.

In passato, per il mese sacro i fedeli erano soliti decorare a festa case, vie e negozi. Oggi le persone faticano anche solo ad assicurarsi il cibo necessario per sfamare la propria famiglia. In Egitto alcuni alimentari hanno introdotto un razionamento nella tipologia e nella quantità dei prodotti disponibili per ciascun acquirente, rendendo difficile il rifornimento per in nuclei più numerosi. In una fatwa il gran muftì Shawki Allam invita a guardare “gli aspetti positivi” in questo periodo in cui molta gente “é in quarantena”, trasformando la crisi sanitaria “in una opportunità per rilanciare i legami, perdonare e ristabilire lo spirito di serenità e cooperazione”. 

In alcune aree del Medio oriente l’invocazione alla preghiera (athaan) viene sfruttata per incoraggiare le persone a mantenersi in salute. In Kuwait la normale invocazione è stata modificata inserendo la frase “pregate nelle vostre case” al posto del tradizionale “venite a pregare”. Intanto in Turchia l’ufficio per gli Affari religiosi conferma che “ciascun credente in buono stato di salute deve digiunare come Dio comanda”. A dispetto delle difficoltà nel reperimento delle scorte, “il digiuno non pone rischi particolari nella diffusione della malattia”. 

Infine, il Ramadan al tempo del coronavirus crea un altro fronte di scontro fra sunniti e sciiti, con i primi che escludono l’ipotesi di allentare l’obbligo del digiuno, mentre i secondi si mostrano possibilisti al fine di preservare la salute, soprattutto di quanti devono lavorare. Esemplare al riguardo la fatwa emessa dal grande ayatollah Al Sistani, secondo cui se un musulmano teme di essere infettato “l’obbligo del digiuno cade”.

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