30/01/2024, 11.44
HONG KONG
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Sicurezza nazionale a Hong Kong: John Lee accelera sull'articolo 23 per un'ulteriore stretta

Sarà limitata a un solo mese la fase della consultazione popolare nella nuova discussione sul provvedimento fermato dalle manifestazioni del 2003. Il capo dell'esecutivo lo ritiene "urgente" di fronte alle interferenze straniere ma l'adozione di una legge “locale” (dopo quella imposta da Pechino nel 2020) rischia di diventare l’occasione per un ulteriore stretta di ogni forma di dissenso.

Hong Kong (AsiaNews/Agenzie) - Il governo di Hong Kong intende adottare una propria Legge sulla sicurezza nazionale, prevista dall’articolo 23 della Basic Law, la legge fondamentale che ha segnato il passaggio alla Cina nel 1997. E per vararla nel più breve tempo possibile, la fase della consultazione popolare, prevista per l’adozione di questo tipo di provvedimenti, sarà limitata a un solo mese.

A renderlo noto è stato oggi il capo dell'esecutivo John Lee presentando il documento redatto dal governo su cui i cittadini di Hong Kong potranno presentare le proprie osservazioni fino al 28 febbraio. L’articolo 23 è un tema caldo da più di vent’anni nell’ex colonia britannica: nel 2003 un primo tentativo di introdurre autonomamente una legge sulla sicurezza nazionale era stato fermato da imponenti manifestazioni che avevano portato in piazza 500mila persone.

Ora - nonostante la draconiana Legge sulla sicurezza nazionale già imposta da Pechino nel 2020 - secondo John Lee Hong Kong “non potrebbe più aspettare”. Molti temono che l’adozione di una legge “locale” ai sensi dell’articolo 23 della Basic Law diventi l’occasione per un ulteriore stretta di ogni forma di dissenso, dopo le proteste nel 2019 poi soffocate con il carcere e lo modifica della legge elettorale che ha reso l’Assemblea legislativa uno strumento totalmente controllato dalle forze pro-Pechino.

Il documento di 110 pagine presentato da John Lee sottolinea la necessità di leggi nuove e aggiornate che coprano il furto di segreti di Stato, lo spionaggio, il tradimento, la sedizione e il sabotaggio, compreso l'uso di computer e sistemi elettronici per condurre azioni che mettono in pericolo la sicurezza nazionale. Viene auspicato anche un controllo più severo delle organizzazioni politiche straniere e taiwanesi legate alla città, attraverso un nuovo reato di “interferenza esterna”.

Le “forze esterne” - accusa l’esecutivo - hanno usato la città “come testa di ponte per attività anti-Cina... e per propagare l’ideologia anti-Cina attraverso un approccio morbido per demonizzare” i governi cinese e di Hong Kong. Il documento indica espressamente il “monitoraggio dei diritti umani” come uno di questi strumenti. E sostiene che Hong Kong sia sempre più minacciata da operazioni di spionaggio e intelligence straniere e cita le proteste del 2019.

Lee ha annunciato più volte nelle ultime settimane l’intenzione di arrivare a un’approvazione del provvedimento nel 2024. Alla domanda sul perché il periodo di consultazione sia stato ridotto a sole quattro settimane contro i tre mesi del 2023, ha risposto che si tratta di un periodo di tempo “appropriato”. “Questa è una legge che dice alle persone di non attaccarci, è in un certo senso una legge difensiva”.

La nuova stretta arriva proprio mentre a Hong Kong è in corso il processo contro Jimmy Lai,  imprenditore cattolico e fondatore del quotidiano pro-democrazia Apple Daily, costretto alla chiusura nel 2021 dopo la sua incarcerazione. Proprio pochi giorni fa i quattro Relatori speciali dell’Onu che si occupano delle questioni legate alla libertà di espressione e all’amministrazione della giustizia hanno chiesto il ritiro delle accuse contro di lui e la sua liberazione ribadendo che “la legislazione sulla sicurezza nazionale, che prevede sanzioni penali, non dovrebbe mai essere usata impropriamente contro coloro che esercitano i loro diritti alla libertà di espressione e di associazione e di riunione pacifica”.

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