12/01/2024, 16.19
TAIWAN-CINA
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Taiwan alle urne per il voto più atteso

Sono 19,5 milioni gli elettori chiamati a scegliere il successore di Tsai Ing-wen in una corsa a tre che sarà anche un termometro dei rapporti tra l'isola, Washington e Pechino. Già in serata i primi risultati di una corsa molto più incerta rispetto alla vittoria netta del Partito Democratico Progressista quattro anni fa. Al voto anche per lo Yuan, il parlamento locale.

Taipei (AsiaNews/Agenzie) - William Lai seduto in auto accanto alla presidente uscente Tsai Ing-wen. Con lei che scende e dopo avergli consegnato la chiave gli dice: “Sai guidare meglio di me”. E lui che rassicura: “Lei è qui. Non abbiamo problemi”. Non poteva esserci messaggio più chiaro dell’ultimo spot lanciato dal Partito Democratico Progressista (DPP) alla vigilia dell’attesissimo voto del 13 gennaio a Taiwan. Non più candidabile dopo due mandati Tsai Ing-wen lascia al campo a William Lai, il suo vice-presidente, che nel partito ha sostenuto posizioni ancora più indipendentiste.

Per l’ottava volta dalla fine della legge marziale nel 1987 e dalla prima elezione diretta nel 1996, Taiwan va al voto per scegliere quello che diventerà il suo sesto presidente. E a differenza di quattro anni fa, quando Tsai Ing-wen vinse con il 57% dei consensi, stavolta i giochi sono molto più aperti. Si tratta di una corsa a tre, perché allo sfidante del Kuomintang (lo storico partito di Chiang Kai-shek che oggi è però il più vicino a Pechino) Hou Yu-ih, si è aggiunto come terza forza l’ex sindaco di Taipei Ko Wen-je, che si presenta come “l’unico candidato accettabile sia per la Cina sia per gli Stati uniti”. Ma è soprattutto un voto che arriva dopo quattro anni segnati dalle reiterate promesse di “riunificazione” di Pechino, contro l’appoggio anche militare di Washington alla rivendicazione dell’autonomia di fatto di Taipei, portata avanti da Tsai.

William Lai è stato costantemente in testa ai sondaggi diffusi fino al 3 gennaio, quando a Taiwan ai sensi della legge elettorale è scattato il divieto di pubblicazione. A suo vantaggio ha giocato il mancato accordo tra gli altri due candidati, che Pechino avrebbe voluto. Ma nelle ultime settimane il divario con Hou Yu-ih era in discesa e il risultato non può quindi essere considerato scontato. Più staccato apparirebbe invece Ko Wen-je, che è uscito indebolito dalla vicenda dell’accordo prima annunciato e poi naufragato con il Kuomintang.

Da parte sua Hou ha giocato tutta la sua campagna elettorale presentando il vice-presidente uscente come il candidato che rischia di portare Taiwan alla guerra con la Repubblica popolare cinese, al contrario del Kuomitang che - promette - pur senza rinunciare alla specificità dell’isola porterebbe in dote i benefici di rapporti più distesi con Pechino. Che - da parte sua, durante tutta la campagna elettorale - non ha mancato di lanciare segnali in questo senso, sia con aperture di credito come i piani di cooperazione economica tra Taipei e il Fujian presentati appena tre giorni fa, sia con modalità meno ortodosse come i video diffamatori nei confronti della presidente uscente Tsai Ing-wen, diffusi massicciamente sui social network da account pro-Repubblica popolare cinese.

Al di là delle promesse, a giocare in favore di Lai è anche quanto accaduto negli ultimi quattro anni a Hong Kong: la dura repressione del movimento pro-democrazia con lo svuotamento della formula “un Paese due sistemi” ha lasciato il segno anche a Taipei. Ed emblematica - a questo proposito - è la notizia che questa volta l’Università di Hong Kong non ha organizzato per i suoi studenti alcun viaggio per seguire il voto a Taiwan, a differenza di quanto accaduto nel 2016 e nel 2020, quando vennero proposti programmi con visite agli uffici dei partiti politici e discussioni con gli studenti attivisti.

Al voto sono chiamati i circa 19,5 milioni di cittadini di Taiwan che hanno almeno 20 anni (su una popolazione complessiva di 23 milioni di abitanti). Durante le ultime elezioni presidenziali e parlamentari del 2020, l'affluenza alle urne si attestò intorno al 75% dell’elettorato. I seggi resteranno aperti dalle 8 alle 16 ora locale con i primi risultati attesi già in serata.

Insieme al presidente gli elettori saranno chiamati ad eleggere i membri dello Yuan, il parlamento di Taiwan. L’assemblea conta 113 seggi: 73 sono assegnati con il sistema maggioritario al candidato più votato in ciascuno dei distretti, 34 sono divisi proporzionalmente tra i partiti che supereranno la soglia di sbarramento del 5%, 6 sono riservati a rappresentanti della popolazione indigena di Taiwan.

Nella legislatura uscente il Partito Democratico Progressista (DPP) ha potuto contare su una maggioranza solida con 63 seggi, contro i 38 del Kuomintang e i 5 del Partito del Popolo di Taiwan (TPP). Ma un’altra incognita di queste elezioni riguarda proprio l’esito del voto per lo Yuan: anche nel caso di vittoria di William Lai nella corsa presidenziale, non è scontato infatti che il Partito Democratico Progressista riesca ugualmente a ottenere da solo il controllo dello Yuan. E in quel caso potrebbero diventare determinanti i voti del partito di Ko Wen-je.

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