Tokyo, il ministro dell'Agricoltura travolto dalla crisi del riso
Taku Eto è costretto a dimettersi dopo aver affermato di avere abbondanti scorte personali, in un Paese che da mesi fa i conti con l'impennata dei prezzi del cereale più diffuso nella dieta tradizionale giapponese. Dietro agli aumenti c'è la crescita dei consumi dovuta al boom turistico e una produzione che per anni è stata calmierata. E ora, il riso, è diventato una pedina anche nelle trattative con Washington sui dazi.
Tokyo (AsiaNews/Agenzie) - Taku Eto, il ministro dell’Agricoltura giapponese, si è dimesso oggi dopo essere finito al centro di forti polemiche a causa di una sua dichiarazione: “Non compro riso. Grazie ai miei sostenitori che me ne hanno dato in abbondanza, ne ho così tanto in casa che potrei venderlo”. Una dichiarazione particolarmente infelice, giunta in un momento in cui il costo del riso è diventato uno dei simboli più tangibili del malcontento popolare in Giappone. La gaffe ha aggravato la crisi politica del primo ministro Shigeru Ishiba, la cui popolarità si trovava già al minimo storico del 24.7% a causa dell’aumento del costo della vita. A marzo il prezzo del riso era aumentato addirittura del 90% rispetto all’anno precedente, segnando l’incremento più significativo degli ultimi 50 anni: in media, si spendevano 30 dollari per 5kg di riso. Solo a maggio si sono registrati i primi flebili segnali di un’inversione di tendenza.
Il riso costa così tanto perché la produzione è calata, mentre la richiesta è aumentata. Nell’ultimo anno, il consumo di riso è salito a più di 7 milioni di tonnellate, in aumento di 100mila tonnellate rispetto all’anno precedente. Non si vedeva un aumento simile da anni: l’occidentalizzazione delle abitudini aveva infatti favorito il consumo di grano a scapito del riso, ma l’aumento del costo del grano - dovuto al conflitto Russia-Ucraina – sembrerebbe aver contribuito a questa inversione di tendenza. Oltre a questo, però, a incidere è stato soprattutto il boom turistico che ha travolto il Paese tra il 2023 e il 2024: solo nella prima metà del 2024, il Giappone ha accolto 7,78 milioni di turisti, un milione in più rispetto ai livelli pre-pandemici. Supponendo che i visitatori stranieri consumino riso ad ogni pasto principale, la domanda aumenta vertiginosamente.
Contemporaneamente anche l’offerta è diminuita. La colpa è stata attribuita all’eccessivo caldo estivo che ha danneggiato il raccolto del 2023 e del quale si stanno ancora pagando le conseguenze - il riso infatti viene raccolto una volta all'anno, immagazzinato e poi distribuito gradualmente. Secondo gli scienziati dell’Irri (l’istituto internazionale di ricerca sul riso), sono poche le culture vulnerabili al cambiamento climatico quanto il riso: un aumento di 1°C della temperatura minima porta a un calo produttivo del 10%.
Oltre alle contingenze climatiche, poi, anche le abitudini sociali e le conseguenti scelte governative hanno influenzato la diminuzione del raccolto. In Giappone ci sono sempre meno risicoltori, i giovani non sono più attratti da questo mestiere e gli agricoltori stanno invecchiando. L’occidentalizzazione delle abitudini alimentari, poi, ha indotto il governo a muoversi per prevenire un eccesso di offerta. Per questo motivo, per decenni ha silenziosamente limitato la produzione di riso seguendo una politica nota come “gentan seisaku”, introdotta negli anni '70: gli agricoltori sono stati pagati per piantare meno riso, al fine di stabilizzare i prezzi. Nonostante sia stata abolita nel 2018, questa politica sopravvive attraverso sussidi a coltivazioni alternative come soia e mangimi per animali.
Per contenere gli effetti della crisi, a marzo il governo ha deciso di aprire le sue riserve distribuendo circa 300mila tonnellate di riso - una misura prevista solo in casi di grave emergenza. Tuttavia, gli effetti non sono stati visibili fino a pochi giorni fa, a causa di pesanti rallentamenti nella distribuzione. Nel frattempo, come ha riportato The Japan Times, il ministro dell'Agricoltura insisteva sull’arrivo imminente delle scorte, alimentando lo sconforto dell’opinione pubblica.
Nel frattempo aumentano le importazioni dalla Corea del Sud (ed è la prima volta dal 1999), dalla Thailandia e soprattutto dalla California, che resta il principale fornitore del Giappone nonostante le attuali tensioni commerciali tra Tokyo e Washington. Stando a quanto riportato da The Japan Times, il riso potrebbe per questo diventare un possibile strumento di scambio nei negoziati con gli Stati Uniti. Al momento, il Giappone continua a proteggere la produzione interna senza alleviare i dazi sulle importazioni, perché gli agricoltori rappresentano una solida base elettorale del Partito Liberal Democratico (LDP), ma non è da escludere che venga valutata una tariffa agevolata per il riso statunitense.
Intanto, continuano le proteste sia delle popolazione che degli agricoltori, segnando un calo vertiginoso nella popolarità del partito al governo, in carica quasi ininterrottamente dalla Seconda guerra mondiale. Ad aprile un numero significativo di agricoltori ha protestato per la prima volta nelle piazze di Tokyo in quella che è stata soprannominata “Reiwa no hyakusho ikki”, ovvero una rivolta contadina moderna.
13/07/2023 13:31