05/07/2025, 10.02
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Tokyo ‘prima al mondo’ nell’estrazione di terre rare in acque profonde

A gennaio il Paese del Sol Levante proverà a trovare minerali nel fondo dell’Oceano nelle acque della Zee. Il Giappone - con Stati Uniti, India e Australia - vuole contendere alla Cina il primato nel settore. Il test per recuperare i sedimenti a 5.500 metri di profondità è il primo al mondo. L’obiettivo è di “testare il funzionamento delle attrezzature”. 

Tokyo (AsiaNews) - A partire dal prossimo mese di gennaio il Giappone cercherà di estrarre minerali di terre rare dal fondo dell’Oceano, nel più profondo ed elaborato esperimento mai tentato nel settore. Lo ha dichiarato ieri il direttore di un programma governativo avanzato di innovazione, in un contesto di crescente competitività nel controllo di un componente fondamentale e che, al momento, per quanto riguarda la superficie è al 98% nella disponibilità della Cina. I 17 elementi che formano le terre rare sono essenziali nella realizzazione di superconduttori, nelle batterie dei veicoli elettrici o ibridi e nella assemblaggio della fibra ottica. Inoltre, l’esperimento portato avanti dal governo di Tokyo riguarda in particolare un’area marittima, quella della regione dell’Asia-Pacifico, in cui si registra una crescente serrata competizione fra Paesi che potrebbe innescare futuri conflitti in una fase di crescente tensione. 

All’inizio di questa settimana, il Paese del Sol Levante si è impegnato a collaborare con gli Stati Uniti, l’India e l’Australia per garantire una fornitura stabile di minerali critici, mentre cresce la preoccupazione per il predominio di Pechino nelle risorse vitali per le nuove tecnologie. Le terre rare - 17 metalli difficili da estrarre dalla crosta terrestre - sono utilizzate in diversi impieghi, anche per gli stessi hard disk, le turbine eoliche e persino i missili. Secondo i dati dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, la Cina rappresenta quasi i due terzi della produzione mineraria di terre rare e il 92% della produzione globale raffinata.

Nel 2012 i ricercatori hanno identificato grandi riserve di elementi di terre rare nei fanghi giapponesi, rivenuti a circa 6mila metri di profondità. “Finora il Giappone è l’unico Paese al mondo” ad averli trovati “nelle acque della propria zona economica esclusiva” osserva Yoshihisa Kawamura, della Japan Agency for Marine-Earth Science and Technology (Jamstec). I fanghi di terre rare si trovano solo nelle regioni di acque profonde, caratteristica propria degli Oceani in particolare del Pacifico. La zona economica esclusiva (Ze) del Paese è al sesto posto al mondo per superficie, ma al quarto per volume. Meno del 30% della Zee giapponese si trova a una profondità inferiore ai 2mila metri, la profondità massima raggiunta nei precedenti progetti di estrazione dai fondali marini. “Una tecnologia in grado di effettuare rilevamenti a 6mila metri di profondità - osserva Kawamura - ci permetterebbe di raggiungere il 94% dei fondali oceanici del Paese”.

Tornando all’esperimento, una imbarcazione per la perforazione scientifica in acque profonde, chiamata Chikyu, condurrà dai primi giorni del prossimo anno una “crociera di prova” per recuperare sedimenti del fondo oceanico contenenti elementi di terre rare. Lo ha dichiarato il direttore del Programma interministeriale di promozione dell’innovazione strategica nazionale Shoichi Ishii. Interpellato dall’Afp, l’esperto ha poi aggiungo che “il test per recuperare i sedimenti a 5.500 metri di profondità è il primo al mondo”. “L’obiettivo […] di questa crociera - ha infine precisato - è quello di testare il funzionamento di tutte le attrezzature minerarie”, quindi la quantità di sedimenti estratti “non ha alcuna importanza” al momento.

La Chikyu trivellerà nelle acque economiche giapponesi intorno alla remota isola di Minami Torishima nel Pacifico - il punto più orientale del Sol Levante, utilizzato sinora anche come base militare. Secondo il quotidiano economico giapponese Nikkei, la missione mira a estrarre 35 tonnellate di fango dal fondo del mare nell’arco di circa tre settimane complessive. Si prevede inoltre che ogni tonnellata contenga circa due kg di minerali di terre rare, spesso utilizzati per produrre magneti essenziali per l’elettronica moderna.

L’estrazione in acque profonde è diventata un punto di infiammabilità geopolitica, con l’ansia e le preoccupazioni destinate a crescere anche per la scelta del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di velocizzare la pratica anche nelle acque internazionali. Oltretutto, dall’aprile scorso Pechino richiede licenze per l’esportazione di terre rare dalla Cina, una mossa vista come una ritorsione per le restrizioni decise dalla Casa Bianca all’importazione di beni cinesi.

Vi è poi da ricordare la preoccupazione manifestata a più riprese dagli ambientalisti, per i quali l’estrazione in profondità costituisce una minaccia per gli ecosistemi marini e sconvolge i fondali. Al riguardo, l’Autorità internazionale per i fondi marini, che ha giurisdizione sui fondali oceanici al di fuori delle acque nazionali, si riunirà alla fine del mese di luglio per discutere un codice globale che regoli l’estrazione nelle profondità oceaniche.

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