01/04/2022, 12.23
SIRIA
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Trappiste di Azeir: Ucraina, il dolore di una ‘nuova Siria’ nel cuore d’Europa

In una lettera le religiose raccontano la situazione del Paese dopo 11 anni di guerra. A Idlib, controllata da ribelli e jihadisti, i cristiani “sottoposti a dure privazioni”. E anche nel nord-est curdo una realtà “tragica” per le minoranze. Il dramma di “famiglie intere” fuggite dal conflitto siriano e “profughe in Ucraina” oggi vittime di “un nuovo esodo”. Speranze dal convegno di Damasco. 

Damasco (AsiaNews) - Un dolore che si rinnova “per la prospettiva di una ‘nuova Siria’ nel cuore dell’Europa”, mentre ancora oggi “vediamo partire i nostri giovani verso terre promesse che non esistono più”. È quanto raccontano le suore trappiste di Azeir, in Siria, in una lunga lettera a firma di suor Marta Luisa e pubblicata sul blog OraproSiria, in occasione degli 11 anni del conflitto che è “passato un po’ sotto silenzio, a causa dei nuovi drammi e preoccupazioni che affliggono il mondo”. Il riferimento è all’invasione russa dell’Ucraina, un nuovo conflitto nel cuore dell’Europa: “Conosciamo giovani, famiglie intere - afferma la religiosa - che sono partite dalla guerra in Siria e sono andate profughe in Ucraina. Ora si ritrovano in un nuovo esodo, ancora in fuga dalla guerra”.

Dal loro monastero nel piccolo villaggio maronita della Siria centro-occidentale, situato tra la città di Tartous e quella di Homs, le suore trappiste rappresentano un osservatorio privilegiato per raccontare una nazione ancora segnata e divisa. La guerra “purtroppo non è ancora finita”, conferma suor Marta Luisa, sebbene la maggior parte del territorio sia “ormai consolidato sotto il controllo dello Stato”. Tuttavia, resta una sacca fondamentalista nella zona di Idlid al confine con la Turchia: “Ormai - spiega - quasi un piccolo Stato a sé, che utilizza la lingua e la moneta turca, una zona dove i cristiani rimasti sono sottoposti a dure condizioni e privazioni”. 

Problemi si registrano anche nel nord-est a maggioranza curda, dove la situazione delle minoranze cristiane viene definita “tragica” perché “intrappolate fra forze contrapposte” e in condizioni di “insicurezza”. Una zona dove si arriva “solo in aereo” con piccoli voli interni, perché “le strade sono ancora minacciate dai jihadisti”. Inoltre la crisi libanese ha resto “più difficile la situazione già precaria”, indebolendo la classe imprenditrice, le possibilità di lavoro e approvvigionamento. 

Le religiose trappiste presentano dati che tracciano il quadro di una realtà durissima: “L’85% della popolazione vive sotto la soglia della povertà, con fatica a procurarsi anche solo il cibo quotidiano. Almeno 14 milioni e mezzo di persone - prosegue - [sono] bisognose di sussidi, e alcune stime dicono molte di più.  La vita è carissima, tutto è aumentato: un cartone di uova oggi costa 13mila lire siriane (quasi 4,7 euro), una bombola del gas 110mila (poco meno di 40 euro), quando uno stipendio base è di 100mila! (Circa 36 euro)”. 

Alla crisi economica e alla guerra, si sommano criminalità e sanzioni: “Imperversano le mafie, queste bande di sciacalli che ogni conflitto, ogni guerra produce… Mafie che prosperano, anche con l’aiuto delle sanzioni internazionali, che nonostante gli appelli continui fatti da esperti di geopolitica, da statisti, da innumerevoli vescovi e laici siriani che combattono ogni giorno contro gli effetti della povertà, non solo continuano, ma sono rinnovate regolarmente dai nostri Stati europei ed anzi “migliorate”, aggravate, con banale disprezzo non dico della solidarietà umana, ma anche del semplice buon senso”. Perché le sanzioni, compreso il famigerato Caesar Act, confermano le trappiste, “non colpiscono mai i potenti, ma solo la povera gente”. Vi è poi la questione della fornitura di armi che finiscono nelle mani delle bande, un ulteriore pericolo per la stabilità e la sicurezza perché “gli eserciti regolari si possono controllare, le armi in mano ai civili no”. 

In questa realtà difficile, un segno di speranza è rappresentato dal recente Convegno della Chiesa siriana a Damasco, che ha riunito per la prima volta cardinali, vescovi, sacerdoti, laici, associazioni locali e internazionali, cristiane e musulmane come la mezzaluna Rossa. Con l’obiettivo, spiega suor Marta Luisa, “di formarci insieme una coscienza, una visione appunto di ciò che stiamo vivendo, di ciò che è al cuore dell’esperienza dolorosa della nostra gente, ma anche delle sue speranza, delle possibilità reali di costruire, dopo tanta distruzione”.

Una risposta alle difficoltà e alle sfide arriva proprio dalle iniziative avviate dalle religiose: “Noi nella nostra piccola realtà cerchiamo di favorire gli incontri formativi, con gli ospiti che sempre più numerosi vengono al Monastero. Cerchiamo di sostenere economicamente i bambini e i ragazzi per lo studio, di dare lavoro a qualche donna rimasta sola o con difficoltà in famiglia, appoggiamo qualche micro progetto” fra cui l’acquisto di capi di bestiame per i giovani di rientro dopo 10 anni di servizio militare e che si ritrovano “senza nulla in mano, per dare la possibilità di iniziare un lavoro con un po’ di reddito”. 

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