26/10/2015, 00.00
INDIA
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​Mons. Barwa: Le università gesuite in India, chiave della missione attraverso l’istruzione

di John Barwa svd
In India meno dell’1% della popolazione accede all’educazione superiore. Enorme anche il divario nella formazione tra ricchi e poveri, donne e uomini, classi emarginate. Gli istituti universitari gestiti dai missionari della Compagnia di Gesù sono tra i più rinomati del Paese. “Essi hanno il compito di creare una Nuova India, dove tutti possono formarsi, gli emarginati non vengono esclusi, il sistema educativo trasforma la società”.

Bhubaneswar (AsiaNews) - Le scuole superiori dei gesuiti in India “hanno una più grande visione di come l’insegnamento, l’educazione manageriale, il tirocinio, la ricerca e la consulenza possono contribuire a costruire una società giusta e umana”. Lo ha detto mons. John Barwa svd, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, in occasione della Conferenza nazionale delle università fondate e gestite dai gesuiti. Secondo mons. Barwa, le università dei gesuiti “svolgono una missione stimolante di formazione di dirigenti competenti, impegnati e compassionevoli” e hanno “formulato una serie di valori nobili e principi pratici come l’integrità e l’onestà” nella formazione dei ragazzi.

La sfida nell’educazione, secondo l’arcivescovo, è colmare il divario tra ricchi e poveri, includere le donne e le fasce emarginate della popolazione. In India l’istruzione primaria è garantita a tutti dalla Costituzione, invece meno dell’1% degli indiani accede all’istruzione superiore. Egli riporta anche le parole di papa Francesco, secondo cui “l’educazione è la chiave della missione”. Di seguito riportiamo il discorso dell’arcivescovo. Traduzione a cura di AsiaNews.

Cari amici,

voglio congratularmi con i missionari della Compagnia di Gesù per le numerose istituzioni universitarie che gestite nel Paese, comprese la Xavier University e lo Xavier Institute of Management della mia città Bhubaneswar, nello Stato indiano dell’Orissa. Esse hanno una più grande visione di come l’insegnamento, l’educazione manageriale, il tirocinio, la ricerca e la consulenza possono contribuire a costruire una società giusta e umana.

Vorrei riflettere con voi su quello che io intendo per “leadership strategica”. Il concetto di strategia è stato definito in vari modi. Quello che mi sembra più giusto è “un piano di azione progettato per raggiungere un obiettivo globale a lungo termine di un’organizzazione o di un gruppo di persone”. Quando la leadership si riferisce a questa idea di leader, acquisisce un significato importante, così come lo ha definito Virginia Allan, un’autorità nel campo della leadership istituzionale: “La vera leadership è l’arte di cambiare un gruppo da quello che è, in quello che dovrebbe essere”. Warren G. Bennis, uno studioso americano e pioniere della leadership organizzativa, estende il significato di leadership in termini di “capacità di tradurre una visione in realtà”.

Nel contesto della leadership strategica nelle istituzioni universitarie fondate e gestite dalla Società di Gesù, la visione e la missione devono essere mantenute al di sopra di tutto. Le istituzioni svolgono una missione stimolante di formazione di dirigenti competenti, impegnati e compassionevoli. [Questo avviene] attraverso l’educazione, la generazione di conoscenza e la [sua] diffusione, la costruzione di capacità e metodo che consentono uno sviluppo nell’istruzione e nell’organizzazione.

Allo stesso tempo voglio congratularmi con la Società per aver formulato una serie di valori nobili e principi pratici che includono – tra gli altri – l’integrità e l’onestà, i cui dettagli non ho bisogno di ripetere perché ciò equivarrebbe a portare il carbone al Nuovo Castello.

Queste magnifiche istituzioni mi rendono molto orgoglioso delle grandi sfide che si riflettono sullo sfondo del carisma dei gesuiti e dei sogni di sant’Ignazio di Loyola. Le sfide consistono innanzitutto nell’ampio divario nell’accesso all’educazione e nel rendimento tra le classi elevate e basse della nostra società, tra i ricchi e i poveri, tra la popolazione in generale e gli emarginati, che lottano per vivere ai margini.

Le difficili domane del momento sono: Le nostre scuole hanno un potere liberatorio e una forza umanizzante? L’educazione è usata da alcuni per dominare gli altri e renderli schiavi? Il sistema educativo ha la capacità di demolire i muri di divisione tra l’uomo e la donna, tra uomo e uomo? L’educazione è aperta a coloro che sono arretrati dal punto di vista sociale, economico, culturale, spirituale, razziale?

Credo che la sfida sia straordinaria se pensiamo che viviamo nel 2015, l’anno della Vita consacrata, decretato da Sua Santità papa Francesco, che pensa che noi siamo nelle frontiere della missione: l’esclusione, la cultura e l’educazione. Il papa dice: “I pilastri dell’educazione sono: comunicare le conoscenze, comunicare i modi di fare, comunicare i valori. La fede si comunica attraverso essi. L’educatore deve essere all’altezza della persona che educa; lui o lei deve pensare a come proclamare Gesù Cristo ad una generazione che sta cambiando”. E poi il Sua Santità insiste: “Oggi l’educazione è la chiave, la chiave, la chiave della missione!”.

Vorrei sottolineare in modo molto umile a questa prestigiosa assemblea che il vero problema mi sembra il giudizio sul futuro. Quando penso al futuro, credo che queste istituzioni siano isole di eccellenza, molto distanti da coloro che sono ai margini. Di certo esse si affermano per i loro valori, l’integrità e l’onestà, il rispetto per gli individui, la sensibilità etica e così via. Ma il merito sembra essere la barca con la quale è necessario raggiungere gli emarginati. Oggi, in una società in cui le caste, i beni, la capacità e il denaro sono il centro dei valori, e chiude le porte agli emarginati e agli storpi, le nostre istituzioni hanno forse la sfida di scegliere il tipo di civiltà tra Mammona e l’invisibile uomo perduto per il quale “Dio piange”, per citare la frase di papa Francesco in un contesto diverso.

Il mandato sopra di noi ritrae un’ulteriore sfida nel contesto di Stati come l’Orissa, il Jharkhand, il Chhattisgarh, dove si trovano alcune delle nostre istituzioni. Se l’iscrizione di bambini di gruppi indigeni nell’istruzione primaria si aggira intorno al 100% grazie al Diritto all’istruzione [garantito ai ragazzi tra i 6 e i 14 anni – ndr], l’iscrizione alla scuola superiore è inferiore all’1%. Lo stesso accade anche nelle caste più basse. Il compito enorme di assicurare l’accesso all’istruzione superiore per queste persone e ridurre il divario nell’educazione è la nostra sfida più importante. Spetta a voi formulare una strategia di equità e di accesso che non viene dettata solo dalle regole del mercato.

Voglio congratularmi con questo gruppo talentuoso di professori e religiosi e sono felice di unirmi ai vostri sforzi di buon grado.

Il sogno è costruire una Nuova India, dove ogni bambino ha accesso all’educazione, gli emarginati non vengono più esclusi e il sistema educativo tenta di trasformare la società. Siamo fiduciosi che questo sogno potrà essere trasformato in realtà con l’aiuto di Dio, l’impegno dedicato di educatori impegnati, la collaborazione di tutti e la leadership di persone ferme nella fede.

Grazie,

Dio vi benedica!

(Ha collaborato Nirmala Carvalho)

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