13/10/2010, 00.00
SRI LANKA
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Ancora in attesa il rimpatrio di 100mila profughi musulmani e singalesi

di Melani Manel Perera
Quasi cento famiglie singalesi hanno occupato la stazione ferroviaria di Jaffna, chiedendo al governo di poter rientrare nelle loro vecchie case. Ma il reinsediamento non avverrà finché le famiglie non forniranno al governo le prove che sono i legittimi proprietari. Intanto, le autorità cercano il sostegno economico dei Paesi islamici.

Colombo (AsiaNews) – Più di 100mila musulmani e 97 famiglie singalesi chiedono di poter tornare nelle loro case a Jaffna, nel nord dello Sri Lanka. I profughi erano stati cacciati nel 1990 dal gruppo separatista tamil Ltte (Liberation tigers of Tamil Eelam). Il governo cerca il sostegno economico dei Paesi musulmani per permettere ai profughi di poter tornare a casa, ma problemi di natura legale frenano il rimpatrio.

Richard Bathiyutheen, ministro dell’industria e del commercio, e Basil Rajapaksa, ministro dello sviluppo economico, sono in contatto con gli ambasciatori di molti Paesi islamici per ottenere dei finanziamenti. I due dichiarano di aver già convinto i delegati della Malaysia, Pakistan, Bangladesh, Indonesia, Emirati Arabi, Kuwait, Arabia Saudita, Egitto, Iran e Libia, e si dicono fiduciosi.

La scorsa settimana le famiglie singalesi hanno cercato di reinsediarsi nelle loro vecchie abitazioni, ma sono state fermate perché non in possesso dei documenti necessari attestanti il diritto di proprietà su quelle case. Douglas Devananda, ministro delle industrie tradizionali e sviluppo delle piccole imprese, ha fatto visita a queste famiglie garantendo loro cibo e beni di prima necessità in attesa di potersi reinsediare. Il ministro ha poi spiegato: “Non è possibile rimpatriare subito queste persone, perché ci sono molti problemi relativi alle proprietà del terreno”.

Le famiglie hanno lasciato le loro case 20 anni fa. Quando hanno scoperto che il loro reinsediamento potrebbe richiedere altri tre mesi, hanno occupato la stazione ferroviaria di Jaffna, rifiutandosi di abbandonare la zona fino a quando le autorità non restituiranno le loro abitazioni.
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